venerdì, Novembre 22, 2024

Un altro modo
di gestire il tempo libero

ANALISI - Lo sguardo e le emozioni delle ragazze e dei ragazzi di un paese dell’entroterra marchigiano raccolti dagli studenti e dalle studentesse del corso di laurea in Scienze filosofiche, all’Università di Macerata, con la supervisione della professoressa Paola Nicolini

tempo_scarpe_ragazziLa pandemia è stata per tutti noi una fase straordinaria, nessuno di noi se lo aspettava, né era preparato ad affrontarla e ancora oggi, dopo più di due anni facciamo fatica a capire cosa ci ha lasciato. Studenti e studentesse del ciclo di lezioni di Metodi e tecniche di analisi dello sviluppo umano del corso di laurea in Scienze filosofiche, all’Università di Macerata, con la supervisione della professoressa Paola Nicolini hanno intervistato alunni e alunne di una scuola dell’entroterra e raccontano, in questa rubrica “La pandemia vista dall’interno”. Le emozioni e gli stati d’animo raccolti con le interviste alla classe forniscono uno spaccato sui pensieri e i sentimenti di questa giovane generazione, alle prese con nuove sfide del dopo terremoto, nel bel mezzo della pandemia e di una guerra in corso
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Già da qualche mese sono state allentate le misure anti-covid e siamo tutti tornati a incontrarci in presenza. Finalmente ci stiamo riabituando a vivere spensieratamente le nostre giornate. Il momento sembra propizio per uno sguardo retrospettivo sugli ultimi due anni. Nessuno di noi ha voglia di richiamare alla memoria un periodo spiacevole, ma a volte riflettere sul passato può essere di insegnamento per il presente.

di Cristian Quattrini*

Se l’impatto della pandemia è stato difficile per gli adulti, che fanno sempre fatica a cambiare atteggiamento, più particolare è stata la situazione dei giovani e delle giovani adolescenti, per i quali la rapida crescita psicofisica si è sovrapposta ai decreti sul lockdown.
A parlare sono gli alunni e le alunne di una scuola secondaria di primo grado di un Comune dell’entroterra della Provincia di Macerata, paese già messo a dura prova dal sisma del 2016-2017. Quasi tutti hanno avvertito lo stacco tra la libertà di cui godevano prima del marzo 2020 e gli impedimenti a uscire di casa richiesti dalle restrizioni nei momenti più intensi e drammatici della pandemia. Lasciamo tuttavia da parte momentaneamente la scuola per concentrarci sul tempo libero, e domandiamoci se durante la pandemia è cambiato il modo di vivere questo tempo, in cui per definizione non si è tenuti a fare nulla.

All’inizio eravamo disorientati
«All’inizio non capivamo niente, eravamo disorientati – racconta G. – ci hanno detto di stare a casa e ci siamo dovuti adattare, rinunciando per esempio alle nostre escursioni di gruppo in bici».
Per alcuni di loro è stato come tornare bambini, dato che si passava l’intera giornata con i genitori, e hanno riscoperto la famiglia:
«Io vivo solo con mia madre e durante il lockdown ci sentivamo entrambi legati, bloccati. Allora facevamo tutti i giorni esercizi di ginnastica dolce e corpo libero al tappetino, per scaricare la tensione, e così passavamo anche più tempo insieme e ci facevamo compagnia. È stata anche un’occasione per parlare di più».
Veramente le attività fuori di casa, prima della pandemia, all’età di 11-13 anni, per i più non erano tantissime ma c’era un clima diverso. Avevano già iniziato, in alcuni casi, ad andare in giro per il paese con i figli dei vicini. Quelli che avevano preso l’abitudine di praticare uno sport (bici, danza moderna, break dance, hip-hop, nuoto, pallavolo, calcio) hanno più o meno rapidamente dovuto interrompere, sia che fosse amatorialmente o nell’ambito di una squadra o di una scuola pomeridiana. Attraverso gli smartphone, gli istruttori e le istruttrici inviavano loro l’elenco degli allenamenti che potevano fare anche da soli, ma per molti non era assolutamente la stessa cosa.
Già, il telefono: il grande compagno degli adolescenti nativi digitali, il compagno che li tiene impegnati molte ore al giorno, tanto che gli esperti indicano ai genitori di dare un limite al suo utilizzo. Proprio il cellulare è stato fondamentale, non solo per giocare ma anche per tenersi in contatto con il gruppo dei pari, con il papà separato o anche con una nonna rimasta lontana, isolata in un altro paese. Le videochiamate si sono fatte sempre più lunghe, fino a terminare il credito di gigabyte (cosa che ci ha portato a scoprire altre app per telefonare a basso costo), come racconta D.: «Il numero di messaggi nei giorni di più intenso traffico superavano ampiamente i 180 a testa».

Confinati in ambito domestico

Chi viveva in appartamento, a meno che non fosse figlia o figlio unico, era anche costretto a trascorrere più tempo con fratelli e sorelle:
«Qualche volta giocavamo a scacchi, qualche altra volta ci tuffavamo tutti nei videogiochi o nelle videochiamate con il gruppo dei rispettivi pari, cercando di non intralciarci grazie alle cuffie».

Spesso si finiva per ingannare il tempo mangiando di più o dando sfogo alla creatività:
«Pensate che con i miei abbiamo imparato a fare la pizza al forno», riferisce S. Si sono poi accorti che si muovevano molto di meno di prima, vedendo lievitare il peso alla bilancia, ma ora possono dire che stanno recuperando il tempo perduto.
A essere sinceri, in una piccola area urbana come questa, molti di loro avrebbero avuto comunque la possibilità di utilizzare il giardino, ma alcuni hanno ammesso di non averne approfittato o di averlo fatto in misura molto ridotta perché lo stato d’animo non aiutava.
Più fortunati, in questo frangente, sono stati quelli che vivevano nelle zone rurali. Infatti alcuni, che avevano accesso diretto alla campagna, erano abituati ad accudire gli animali da cortile e in questo caso il rapporto con gli animali, che non sono stati toccati dal virus, è rimasto una costante e anche una risorsa per lo svago e il gioco.

Attività “indoor”

Per coloro che non amano particolarmente lo sport, il tempo libero ha costituito una valida occasione per coltivare più attività che davano soddisfazione, ad esempio il disegno – come racconta D., appassionato di manga e ammiratore dell’arte scultoria – o la musica – come testimonia J. una coetanea appassionata di chitarra che suona il suo strumento e ascolta brani musicali; oppure ancora la lettura, eventualmente anche attraverso cellulari, tablet e simili. Altri ancora si concedevano maratone di video, film e serie TV, con una certa predilezione per il genere horror.

Per quanto riguarda il gaming, la tendenza iniziale comune è stata di trascorrere molte ore con la PlayStation o altre consolle; si sono buttati a capofitto, anche perché lo si poteva fare comunicando a distanza, ma questo è successo solo nelle prime settimane, per poi ridurre quest’attività fino a quasi dimenticarsene quando si sono accorti che iniziavano a bruciare gli occhi.
In generale, questa nuova generazione di ragazzi e ragazze usa in abbondanza i videogiochi per ammazzare la noia, anche se desidererebbe forse soprattutto di non provarla.

In contatto via social

In generale, si è constatato che i ragazzi e le ragazze intervistati non conoscono Facebook o Twitter, che gli adulti invece usano; preferiscono TikTok e soprattutto Instagram. Sanno bene che sono un surrogato della vita reale, non bisogna credere che siano così ingenui. Nessuno di loro dichiara di accettare richieste di collegamento da parte di persone che non conoscono nella vita reale, ma riconoscono che le app sono insostituibili per ricevere facilmente notizie dalle cerchie di amici e conoscenti già costituite. Anche se «non è la stessa cosa parlarsi faccia a faccia o parlare a uno schermo o a delle casse che vibrano. Così non si riesce nemmeno a litigare!»
Ora che si può nuovamente uscire, questi ragazzi e ragazze ormai fra gli undici e i tredici anni stanno sperimentando un forte desiderio di coltivare amicizie stabili, di passare il tempo libero con quegli amici e amiche, di cui cercano l’approvazione perché si sono scelti liberamente:
«Per conservare le amicizie sono disposta a evitare argomenti politicamente scorretti come le vaccinazioni” riferisce una di noi che appartiene a una famiglia di non-vaccinati. Rispetto al gruppo dei pari, E. accenna alle prime amicizie, e alle piccole gelosie e piccoli litigi, anche con ragazzi più grandi, conosciuti in un campo scuola estivo; mentre S. racconta: «almeno d’estate, con gli amici del mare, sono riuscito a non interrompere le frequentazioni» e dice di non vedere l’ora di riprenderle appena finirà questo anno scolastico.
La fine del lockdown, insomma, è come passare dalla panchina al campo da gioco: simboleggia il desiderio di una vita piena per tutti. I nuovi uomini e le nuove donne in divenire sembrano sentirsi “allenati” abbastanza per tuffarsi in nuove sfide: un nuovo sport, nuove esperienze di socializzazione, nuove frequentazioni. Proprio come dice D.: «Da poco ho iniziato a prendere il pullman da solo per andare a incontrare i nuovi amici della squadra di atletica; questo mi fa sentire più sicuro, mi sembra tutto cambiato». Forti della loro crescente autonomia, forse rafforzata dalla lunga attesa, dichiarano di voler godersi fino in fondo la possibilità di uscire di casa da soli e gustare ciò che sta loro a cuore senza più sentirsi sotto tutela stretta. Perché è lì, nel tempo libero, che forse si capisce cosa si vuole veramente essere.

*Cristian Quattrini. Il lavoro è frutto della collaborazione tra l’autore del testo e il resto del gruppo degli studenti e studentesse formato da Riccardo Giachini, Matilde Palpacelli, Sofia Quattrini, Michaelis Taiwo e la supervisione di Paola Nicolini, all’interno del ciclo di lezioni di Metodi e tecniche di analisi dello sviluppo umano del corso di laurea in Scienze filosofiche, all’Università di Macerata.

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