L’anno che vorrei per te

L’anno che vorrei per te

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L’ANGOLO DELL’ESPERTO – Dieci idee, a cura di Paola Nicolini, per ispirarti e accompagnarti nel 2018 appena iniziato

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Paola Nicolini

 

di Paola Nicolini*

Ormai lo sai che spesso dedico un pensiero ai bambini e alle bambine. Un po’ perché questo è il mio lavoro, un po’ perché ci tengo a che la cultura in cui vivete e siete educati, risponda alle vostre importantissime esigenze.
Ecco perché non potevo mancare questo appuntamento, all’inizio di un nuovo anno! Si sa, le cose non cambiano solo perché cambiano le cifre che indicano il tempo in cui viviamo, ma nell’anno che finisce e in quello che inizia noi esseri umani sperimentiamo una sorta di rito di passaggio, cioè un tempo ritualizzato e fatto di gesti tradizionali, come fare il brindisi e mangiare la lenticchia a mezzanotte. Non è un caso che tutte le popolazioni sulla terra festeggiano questo momento. È come se volessimo lasciar andare quel che non ci serve più, lasciandolo nell’anno che finisce, aprendoci al nuovo che arriva e che sentiamo più funzionale, più utile, più adatto, più necessario a far continuare la nostra crescita. Ecco perché voglio dedicare qualche minuto di riflessione a quelle cose e a quei concetti che possano rappresentare una novità funzionale, utile, adatta o necessaria a far continuare la nostra e vostra crescita. Ho scelto dieci parole che inserirò, commentandole, in ordine alfabetico.

Accoglienza: accogliere non significa solo fare spazio nelle nostre vite ad altre persone, che pure è una cosa bella e importante! Oggi penso all’accoglienza di noi stessi come persone, con le nostre caratteristiche distintive, che siano una piccola gobba sul naso o un dito storto, gli occhi tirati a mandorla o la pelle scura. Noi grandi non siamo dei grandi esempi di accoglienza di noi stessi, ad esempio quando diventiamo un po’ vecchi e vorremmo non avere le rughe o le macchie sulla pelle, e per questo facciamo trattamenti e operazioni che mascherano le nostre caratteristiche. Accoglienza di sé è prendersi con i propri punti di forza (il carattere? La bellezza fisica? La forza muscolare? L’acuità dell’ingegno? L’altezza della voce?) che ci rendono unici e speciali, accettando allo stesso modo di avere dei punti di debolezza (la vigliaccheria? un difetto del corpo? La debilitazione fisica? La lentezza del pensiero? La stonatura nel canto?) che pure fanno parte del nostro modo tutto particolare di essere al mondo.

Ascolto: lo so, è difficile! Prima che la mamma finisca di parlare ti sembra di sapere già cosa sta per dirti e quindi smetti di ascoltarla, completando nella tua mente con quel che tu pensi sia il suo pensiero. Il fratellino poi, inizia a dire una cosa e ci mette così tanto tempo che nel mentre ti sei distratta seguendo i tuoi pensieri, e ora non sai più di che cosa ti stava parlando. L’ascolto è l’arte di soffermarsi sulle parole che un altro ci dona, tenendo a bada i nostri pensieri e le reazioni che abbiamo mentre ascoltiamo. È avere la pazienza e anche la tenacia di arrivare fino in fondo allo scambio di parole, ponendo un freno a quel che vorremmo dire noi, a quel che vorremmo fare noi, a quel che a noi sembra una buona soluzione. Il bello dell’ascolto è la conoscenza dell’altro e la scoperta di tante cose che a noi non verrebbero mai in mente!

Consapevolezza: sembra una parola grossa per un bambino come te, ma non temere, ci sono consapevolezze diverse a seconda dell’età che viviamo. Nel tuo caso consapevolezza di quel che provi dentro di te, ad esempio: sei triste? Sei arrabbiato? Sei stanca? Sei annoiato? Hai fame o forse sonno? Insomma, cosa capita al tuo interno, sia in termini di consapevolezza dello stato del corpo che di consapevolezza dello stato emotivo? Fai una piccola prova subito e mettiti a pensare: sto comoda in questa posizione? Sono sudato o sento freddo? Come stanno i miei piedi dentro alle scarpe? E la mia pancia è piena? O addirittura è troppo piena? Sapere come sta il nostro corpo ci aiuta a rispondere alle sue esigenze (togliere un maglione di troppo, cambiare le scarpe umide, mangiare un pochino o aspettare il pranzo senza fare la merenda). Sapere che emozioni proviamo ci aiuta a capire come ci rappresentiamo le cose, gli altri e gli eventi e a tenerne conto nell’individuare i modi più sostenibili per stare al mondo. Conoscere il nostro mondo interno è di sostegno a poter comunicare e a rendere le relazioni più autentiche: “Adesso non ho voglia di giocare, mi sento un po’ triste”, “Che bello, sono proprio felice per te!”, “Maestra, sono stanco di fare questo esercizio, potrei cambiare attività?”, “A volte sono proprio gelosa, quando parlate solo tra di voi!”, “Che invidia quell’atleta che sa fare tutti quei salti!”

Corpo: cosa c’è di meglio di una corsa, di poter saltare, di fare le capriole, di strisciare per terra, di arrampicarsi su un albero, di sguazzare nell’acqua, di dimenarsi al ritmo di una musica? Sempre meno ti diamo la possibilità di usare il corpo e tutte le sue innumerevoli possibilità, facendoti vivere in spazi stretti e poco adatti alla tua fisicità. L’organizzazione dei luoghi è per lo più fatta a misura degli adulti che lavorano e spesso non tiene conto di altri momenti della vita, come quello che stai vivendo tu ora, da bambino o da bambina, o che stanno vivendo persone anziane come ad esempio i nonni. Potremmo però riprendere l’attenzione sulla costruzione delle città e sulla edificazione dei territori, facendo sì che ti siano assicurati dalla comunità luoghi destinati a un uso libero e incondizionato del tuo corpo e della tua motricità, per garantirti l’opportunità di conoscerti e di conoscere il mondo attraverso l’esercizio di tutti i sensi.

Inclusione: la parola inclusione si usa per intendere qualcosa che viene messo all’interno di una serie o di un insieme, per questo indica vicinanza e relazione. Anche in questo caso avrai sentito questa parola tante volte, ad esempio a scuola, quando ci sono attività che aiutano bambini e bambine che provengono da mondi lontani dal nostro e spesso non parlano la nostra lingua a fare le cose insieme, a conoscere e scambiarsi le proprie usanze e abitudini. Ci sono progetti finalizzati a includere i bambini e le bambine che hanno delle disabilità o delle malattie che rendono la loro vita un po’ complicata, perché sperimentino la possibilità di divertirsi e di apprendere insieme. Spesso non dipende da loro la difficoltà di partecipare a pieno titolo, ma dal contesto in cui vivono: scale che non consentono di essere percorse agevolmente da bambini e bambine che non hanno l’uso delle gambe, banchi stretti e aule affollate che non permettono il movimento di bambini e bambine che non riescono a stare seduti per troppo tempo, cartelli di indicazione e segnali scritti solo nella nostra lingua. E così via. Includere dunque significa far sì che tutti e tutte si possa partecipare, senza dover colmare con il proprio sforzo le lacune dell’ambiente in cui viviamo. Includere significa avere uno sguardo attento alle esigenze di tutti e apprendere a trovare le armonie per poter abitare insieme questo mondo.

Gioco: sono sicura che questa parola ti piacerà più delle altre, perché giocare è una gran bella cosa, solo che noi adulti ce ne siamo un po’ dimenticati. E allora eccoci a dirti: “smettila di giocare, adesso fai il serio!” o “qui non stiamo mica giocando!” o anche “adesso sei grande, dovresti abbandonare i giochi dei bambini!” Ciononostante il gioco è una cosa molto seria e sostiene la crescita come un motore potentissimo, perché per sua natura è piacevole e fa divertire. Mentre giochi la tua mente è impegnata a risolvere problemi, a trovare accordi, a inventare soluzioni, a sperimentare ruoli, a esercitarsi nell’essere diversi personaggi, a scovare strategie, a fare conti, a pianificare azioni, a prevedere reazioni, ad allearsi, a contrastarsi, a tenere a memoria… e molto altro ancora! L’avresti mai detto? Quindi mi raccomando, che non manchino ore di gioco nella tua giornata e, quando possibile, ricordati di invitare a giocare con te i genitori, i nonni e tutti i familiari adulti. Giocare insieme farà bene anche a loro.

Natura: vivere col sole in fronte, sentire su di sé l’aria di montagna, ascoltare l’allegria dello scorrere di un ruscello d’acqua, godere di una fioritura, rallegra il cuore e costa niente.
Lo si sa da tempo. Lo sappiamo tutti, perché se vogliamo andare in vacanza o avere un po’ di tempo rilassante, di certo non ci buttiamo nel traffico, non facciamo un giro in metropolitana, non andiamo a visitare una industria dietro casa o a chiuderci in una stanza senza finestre di un anonimo condominio di periferia. Per star bene abbiamo bisogno di orizzonti aperti, di spazi ampi, di bellezza, di colori, di aria e sentori di muschio ed erba, di vette, di mari, di alberi e piante…. Insomma, stiamo bene se ci immergiamo nella natura e in tutto quanto essa permette. Dovremmo approfittare un po’ di più della natura e dei suoi benefici, tanto più che nella nostra Regione abbiamo proprio di tutto, montagne, pianure, mare, fiumi, laghi e colline.

Storie: di certo la sera avrai qualcuno che ti legge una storia, prima di dormire. Si sa, le storie fanno bene alla nostra mente perché rappresentano le varie difficoltà che un essere umano può trovarsi ad affrontare durante la sua esistenza e altrettante soluzioni che sono praticabili. Le storie nascono da un problema e finiscono sempre con una via d’uscita. Per questo sono curative, perché ci aiutano a sistemare in modo silenzioso e fantastico, quel che nella realtà sarebbe spesso difficile da fronteggiare. Comunque, non ci facciamo caso, ma viviamo continuamente immersi nelle storie e tutte hanno gli stessi poteri benefici di quelle che ascolti alla sera dalla voce dei tuoi familiari. C’è la storia che racconta il bisnonno o il nonno, magari ripetendola tante volte, di quando faceva la guerra in Africa, tantissimo tempo fa, e si era messo seduto su quella che sembrava una roccia, per poi scoprire che era una tartaruga da cui aveva rischiato di cadere appena si era mossa. C’è la storia della zia, che narra dei giochi che facevano da bambini sull’aia, quando si raccoglieva il grano ancora a mano e i contadini si radunavano dopo il lavoro, per festeggiare il raccolto. C’è la storia della mamma che ti descrive il giorno in cui sei nata, di come avevano aspettato ad andare in ospedale insieme al babbo e perciò avevi rischiato di nascere nella macchina. C’è la storia di tuo fratello grande, di quella volta che non era andato a scuola all’insaputa dei vostri genitori, ed era stato scoperto mentre si nascondeva all’interno di un bar, da una vicina di passaggio. C’è la storia della maestra, che racconta di quando andava a scuola lei, e nei primi giorni di scuola si passavano ore e ore a disegnare aste e a copiare letterine. C’è la storia che racconta l’amica della tua mamma quando si incontrano al supermercato, di quella tale ricetta e del pranzo squisito, delle vacanze appena terminate in un posto bellissimo. Insomma, lo avrai capito, le storie sono il terreno in cui la nostra mente cresce e si sviluppa. Ne produciamo tantissime ogni giorno e ne riceviamo altrettante. Attraverso le storie conosciamo le persone, i loro ambienti, le vicissitudini della vita, i momenti bui e i modi con i quali abbiamo continuato a sorridere.

Tempo: non hai ancora aperto gli occhi di prima mattina ed è già tutto un corri corri! Bisogna sbrigarsi a lavarsi, vestirsi, pettinarsi, fare colazione, prendere la merenda, infilare la cartella, salire in macchina. Talvolta, sono sicura, arrivi a scuola e non sai come è successo, tanta è la fretta con cui tutto ciò si realizza. E alla fretta si accompagna la frenesia dei gesti, le arrabbiature per gli errori, l’impazienza per le sperimentazioni di cui invece avresti bisogno. Mannaggia, per crescere ti serve il tempo di pensare, il tempo di provare, il tempo di sbagliare e riprovare, il tempo di fantasticare, il tempo di renderti conto. Non è facile e i familiari sono spesso presi dai ritmi del lavoro, che non sono pensati di certo per i bambini e le bambine. Comunque, in questo nuovo anno, che è del tutto nuovo smagliante, prova a chiedere ogni tanto un po’ di tempo lento, magari nei giorni di festa o durante le vacanze.

Umorismo: sai quante situazioni, che poi degenerano in liti e discussioni senza fine, potrebbero concludersi con una bella battuta di spirito che allenta tutte le tensioni? Lo hai mai sperimentato? Saper fare battute al momento giusto è una bella competenza che tiene insieme la capacità di usare in modo articolato il linguaggio, da una parte, e di rendersi conto della situazione delle persone coinvolte, dall’altra. Coniugare questi due versanti dell’atto del comunicare non è sempre facile, ma vale la pena ogni tanto prendere meno sul serio alcune questioni e assestare una bella battuta di spirito, che libera dall’agitazione. I grandi dovrebbero ogni tanto essere in grado di trattare argomenti con maggiore leggerezza, perché i bambini non andrebbero troppo appesantiti con infinite spiegazioni, utili di sicuro agli adulti, ma spesso incomprensibili quando si è piccini.
Con questo ho terminato e rinnovo gli auguri di un anno che sia buono per la tua crescita, garantito dalla tua famiglia e dalle persone che govervano la tue città: un anno a misura di bambino e di bambina.

*Università di Macerata

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