Cosa vuol dire prendere parte all’Erasmus+? Le testimonianze di chi lo ha vissuto sono state una parte significativa dell’evento “Generazione Erasmus: un’esperienza per essere cittadini del mondo” nei giorni scorsi nell’aula magna dei licei “Leonardo da Vinci” di Civitanova. Si tratta dell’evento di presentazione dell’esperienza di internazionalizzazione vissuta dagli studenti e dalle studentesse delle classi quinte nello scorso anno scolastico, in riferimento al Progetto Erasmus+ del Liceo.
All’incontro sono intervenuti il dirigente scolastico Francesco Giacchetta, che ha ricordato l’importanza del dialogo con l’Altro da sé e l’assessora all‘istruzione del Comune di Civitanova Barbara Capponi.
Dopo gli interventi degli insegnanti coinvolti, sono stati proprio i partecipanti a raccontare come è stato l’Erasmus e che cosa hanno provato. «Ho trascorso un mese meraviglioso a Siviglia, in Spagna – racconta Viola, 18 anni, liceo linguistico – Mai avrei pensato che questo mese potesse cambiarmi così tanto la vita.
Non credevo dovessi andare in un altro paese per stringere dei legami così autentici e spontanei. Mai mi era capitata una cosa del genere. Inoltre, ho imparato in assoluto che saper stare bene da soli è bellissimo, ma saper stare bene in gruppo è davvero una ricchezza. La mia vita per un mese è stata in Spagna e sono veramente grata di averla vissuta in un posto che ormai considero casa. Purtroppo, per fortuna, tornata da questa esperienza, sono ancora più convinta del fatto che la mia vita non sia in Italia, ma anzi sia fuori da questo paese. Perché davvero, mi dispiace dirlo, ma non offre nulla per noi giovani rispetto ad altri posti del mondo».
Eleonora Memedi, invece, è andata in Erasmus+ a La Roche sur Yon: «L’Erasmus è, infatti, per lo studente un modo per approcciarsi con la realtà in una maniera ben diversa, abbandonare i propri stili di vita, la propria zona di comfort per trascorrere un determinato periodo, nel mio caso una settimana, all’estero. In Francia, sono stata ospitata da una famiglia davvero molto accogliente e ogni mattina andavo a scuola con la mia corrispondente Zoé. Devo ammettere che, inizialmente, ho avuto un po’ di timore nel partecipare a questo progetto, vivere in una famiglia da sola, lontana dai propri cari, crearsi un nuovo stile di vita, possiamo dire, ma alla fine posso confermare che il rientro in Italia è stato veramente duro.
Penso che questa sia una delle esperienze più belle di tutto il mio percorso scolastico. Ho anche avuto un senso di crescita e di maturità non solo da un punto di vista linguistico, ma anche individuale».
Non è nuova ad esperienze di questo genere Elisa Torresi, 18 anni, di Montegranaro: «Anche se avevo già fatto un’esperienza Erasmus molto simile, questa è stata la più bella e significativa, in quanto oltre ad avermi dato l’occasione di vivere per un mese nel mio paese del cuore, che è la Spagna, e soprattutto nella città che tanto volevo visitare, ovvero Siviglia, mi ha dato l’occasione di mettermi in gioco, di maturare, di diventare ancora più responsabile e anche di lavorare su me stessa e sulle mie capacità.
Inoltre questa esperienza mi ha arricchito dal punto di vista oltre che personale e culturale anche lavorativo, visto che durante questo mese ho lavorato nella reception di un hotel, quindi ho avuto la possibilità di provare un lavoro mai fatto prima e che si potrebbe trasformare in un ipotetico lavoro futuro, visto che comunque il mio ambito di studio fino adesso è stato quello delle lingue».
Un mese di lavoro ma anche di amicizia e bei ricordi, certo anche di difficoltà e ostacoli da superare: «I primi giorni sono stati veramente difficili, non solo perché era un ambiente nuovo, con persone nuove, in un paese nuovo, ma perché dal punto di vista mio personale avevo un blocco nel parlare soprattutto in inglese con i clienti. In questo caso ho vissuto questo Erasmus come una sorta di sfida che dovevo vincere a tutti i costi, infatti mi ha fatto da molla, mi ha spinto verso il superamento di questa mia paura e alla fine di questa esperienza posso dire che il lavoro in hotel mi ha aiutato molto, sotto questo punto di vista, quindi a migliorare il mio inglese, lo spagnolo, il francese e mi ha aiutato molto anche a credere un po’ di più in me stessa e soprattutto nelle mie capacità che all’inizio sottovalutavo un po’».