Le Coefore di Eschilo sono state le protagoniste dello spettacolo che i liceali del “Leonardo da Vinci” di Civitanova hanno messo in scena a conclusione del laboratorio per il potenziamento di teatro classico venerdì nell’auditorium dei licei.
L’opera sulla quale gli studenti e le studentesse delle classi quarte A e B del liceo classico hanno lavorato sotto la guida del regista Luigi Moretti affronta il tema della vendetta dopo l’ennesimo delitto che insanguina la stirpe degli Atridi. La tragedia, che costituisce il secondo capitolo dell’Orestea, viene proposta nella traduzione di Pier Paolo Pasolini. Una scelta non casuale, visto che il grande intellettuale del’900 è il protagonista del progetto dal titolo Un corsaro in forma di rosa, promosso dall’Iis “Leonardo da Vinci”, come sottolinea la professoressa Maria Grazia Baiocco, alla quale si deve il coordinamento di entrambe le attività.
A salire sul palcoscenico sono stati Giulio Emili, nel ruolo di Oreste, Ezechiele Bartolini (Pilade), Greta Gattini (Elettra), Beatrice Brufani (Clitemnestra); Maria Gemma Ebreo (balia), Giuseppe Antonio Manni (Egisto), Eduardo Daniel Alexandru (portinaio), Angela Ciarfuglia (capo coro), Elena Palombini (capo coro), Matilde Basili, Elena Cardelli, Azzurra Ciccone, Marta Donadio, Elena Donadio, Flavia Lattanzi, Lucrezia Stizza, Beatrice Tartabini, Gloria Trabucco (coefore).
All’allestimento dello spettacolo hanno collaborato anche Filippo Barbagallo, Mia Bertolozzi, Naissa Borroni, Angelica Gattafoni, Eugenia Gattafoni. La scenografia è stata curata dalla prof.ssa Simona Nicheli.
«Coefore – scrive Luigi Moretti nelle sue note di regia – è il momento dell’odio e del sangue, quando Oreste, in nome della giustizia e, appunto, della vendetta, uccide la madre Clitemnestra e il suo amante Egisto colpevoli di aver commesso un turpe regicidio. Ben presto, però, il matricidio si rivelerà un’azione contraddittoria: nessuno può togliere la vita a chi lo ha generato, eppure c’è la necessità di onorare la morte di un padre. Agli occhi del popolo (…) Oreste risulterà colpevole e, insieme, innocente, incarnando in sé un mistero irrisolvibile”. Il testo di Pasolini, aggiunge Moretti, “si allontana da un certo tipo di classicità e ci riconduce inevitabilmente alle realtà sociali, politiche e religiose dei nostri tempi, esprimendo il tentativo di conciliare l’irrazionale, le Erinni appunto, ancestrale riferimento al naturale materno, e il razionale, le leggi, la giustizia degli uomini (…)”. Sarà possibile conciliare questi due aspetti? La domanda, osserva il regista, è “cara e scomoda per Pasolini così come per noi”».