Le vittime della storia hanno oggi nomi e cognomi grazie ad una paziente ricostruzione della memoria, che ha restituito dignità ad ogni singolo uomo ucciso e a tutto il popolo ebraico vittima del genocidio più atroce di tutti i tempi nei campi nazisti; memoria senza revisionismi e riduzionismi, salvaguardata da leggi internazionali. Chiamare ogni persona col suo nome è riconoscerne la dignità, usare un numero o contrassegnarla con un simbolo al braccio è l’inizio del suo annientamento: è questo il prezioso insegnamento ricevuto dai ragazzi delle scuole in occasione della Giornata della Memoria, che il comune di Civitanova ha ricordato questa mattina, nella sede dei licei, con una seduta aperta del consiglio comunale, per una riflessione tra rappresentanti delle istituzioni e studenti. Presenti, insieme ad una folta rappresentanza degli alunni e dei docenti degli istituti comprensivi della città, il presidente del consiglio comunale Claudio Morresi, il sindaco Fabrizio Ciarapica, l’assessore all’Istruzione Barbara Capponi, e gli assessori alla Cultura Maika Gabellieri e al Personale Enrico Giardini, il dirigente Giacomo Saracco, i consiglieri comunali di maggioranza e minoranza, le forze dell’ordine e l’Anpi. Relatore d’eccezione don Paolo Bascioni, della parrocchia di Santa Maria Apparente, professore di discipline filosofiche, storiche e letterarie e docente di discipline teologiche nell’Istituto Teologico Marchigiano di Fermo, che ha invitato i ragazzi a raccogliersi in silenzio e a spegnere i cellulari per riflettere insieme su quanto accaduto. «Siete voi i protagonisti di questa giornata – ha detto don Paolo ai giovani addentrandosi poi nella spiegazione dei termini genocidio e Shoah – A generare l’Olocausto è stato un concetto, quello di razza superiore, che gli Ari hanno usato per declassare il resto dell’umanità e se ciò non si ripeterà sarà grazie a tutti voi che siete il futuro dell’umanità». Il sindaco Ciarapica, nel suo discorso si è soffermato sui concetti di memoria e indifferenza.
«E’ per me una grande responsabilità essere davanti a tutti voi per affrontare un tema tanto delicato quanto dibattuto. Non possiamo rivivere la storia, ma abbiamo il diritto e il dovere non solo di studiarla, ma di comprenderla, interiorizzarla e rifletterci su. Solo così possiamo evitare di ripetere gli errori del passato. La memoria va oltre l’esperienza personale e si fonde con una parola che a me piace molto: “conoscenza”. Tutti noi – ha aggiunto il primo cittadino – abbiamo il dovere di riflettere sulle conseguenze delle leggi razziali, e sulle atrocità commesse dal regime nazista e sul perché tutto questo sia accaduto. Dobbiamo evitare che fatti del genere possano ripetersi nel corso della storia. Anche se, purtroppo, sotto il silenzio del mondo, di genocidi ce ne sono stati molti altri. L’indifferenza svuota vite e animi e tutti noi abbiamo il dovere di combattere». Toccante la parte riservata ai lavori delle classi. La classe III C dell’Annibal Caro ha proposto una ricostruzione teatrale delle deportazioni a Varsavia, rappresentazione terminata con i giovani attori che hanno intonato la preghiera Shemà Israel. Gli altri progetti si sono sviluppati in slide, immagini, video e letture, proposti dalle classi terze della Ungaretti, III A-E della Mestica e Pirandello (IIIA, B, C, D). La professoressa Rita Baldoni ha presentato la prima traduzione italiana dei fumetti “Mickey nel campo di Gurs” dell’ebreo tedesco Horst Rosenthal, morto ad Auschwitz bel 1942, mentre l’assessore Barbara Capponi ha ricordato la storia del ghetto di Civitanova e sottolineato come lo sterminio sia stato supportato da professionisti al servizio di Hitler. Il presidente del Consiglio Claudio Morresi, ha aperto la seduta rileggendo il testo della legge italiana istituita nel luglio del 2000, ha poi ringraziato tutti coloro che hanno collaborato all’organizzazione della Giornata, a partire dall’istituto Grafico Bonifazi che si è occupato per la prima volta della creazione dei manifesti della Memoria e delle Foibe. Per la Shoah è stato scelto l’elaborato di Armando Minnucci, che ha spiegato la sua opera di decostruzione della parola Olocausto, ponendo al centro delle lettere una rosa rossa, simbolo di dolore e sangue ma anche fiore di speranza.