di Anna-Chiara Marsili e Benedetta Di Donato*
“L’amor che move il sole e l’altre stelle” recitava Dante Alighieri nella Divina Commedia qualche secolo fa.
Seppur egli intendesse parlar dell’amore divino, tale verso ha attraversato i secoli come la dichiarazione di un innamoramento umano, emozionando ed influenzando nei suoi sentimenti l’uomo.
La nostra regione non si è sottratta dal potere travolgente delle parole del poeta fiorentino che ha saputo ben delineare i contorni di un sentimento così sconfinato: Vincenza Roberti e Giuseppe Gioacchino Belli, Francisca Solari e il Conte Conti sono i paladini di un San Valentino lontano da noi ma ancora oggi celebrato nella nostra realtà.
Ci troviamo in una Morrovalle ottocentesca complice di un amore proibito, quello fra il poeta romano Giovanni Gioacchino Belli, impegnato in matrimonio con la ricca Maria Conti, e la marchesa morrovallese Vincenza Roberti, detta anche “sora Cencia”.
I due si erano conosciuti a Roma; infatti da Morrovalle Vincenza raggiungeva spesso con la madre la capitale ed era solita alloggiare nel palazzo di Maria Conti. Galeotte furono le passeggiate dentro Roma con Giuseppe Gioacchino che faceva spesso da cicerone alle due nobildonne marchigiane.
A differenza di “Mariuccia”, donna semplice e di mediocre cultura, Cencia era colta, giovane e piacente.
Come quest’ultima, anche “Peppe” Gioacchino, con la scusa di respirare aria più salubre e di riposarsi meglio, soggiornò più volte nelle Marche, risedendo a Morrovalle, ospite a Palazzo Roberti. Voci narrano che i due s’incontrassero, non solo presso il palazzo, ma pure a Macerata, in periferia, lungo l’attuale via dei Velini. Sappiamo poi che questo passionale amore proseguirà anche quando la marchesa Vincenza andrà sposa al farmacista e medico condotto “de Moro” Piero Perozzi.
Ci piace credere che le frequentazioni marchigiane del poeta romano gli abbiano lasciato non solo il ricordo di un amore, testimoniato dal “Canzoniere amoroso” e dalla raccolta di “Lettere a Cencia”, ma anche il ricordo di uno splendido territorio a cui difatti dedicò diversi sonetti, uno fra i tanti intitolato “Più ppe la Marca annamo, più marchiscian trovamo” .
Fu invece lo Sferisterio “galeotto” per la storia d’amore fra il Conte Alberto Conti e la sua amata Francisca Solari, rinomata soprano, invaghitasi del podestà di Civitanova, divenuto poi suo marito. L’occasione che li ha visti incontrare ci riporta nella storia ad un secolo fa, nel luglio del 1921, quando all’arena Sferisterio di Macerata venne rappresentata la prima opera lirica, l’Aida di Giuseppe Verdi, guidata proprio dal conte. L’arena, allestita a teatro an plein air, abbandonava il tradizionale campo della palla a bracciale, per divenire un centro culturale senza precedenti. Protagonista della messa in scena è la soprano Francisca Solari, genovese, nelle vesti di Aida che con il suo talento straordinario, ha toccato il cuore del conte. I due intrapresero una relazione duratura che li vede sposi a Milano il 26 agosto 1926. Vivranno insieme a Civitanova, nel rinomato villino San Michele, in cui sono sepolti.
La poesia e l’opera sono solo alcuni dei mezzi attraverso i quali viaggia l’amore e sebbene talvolta sottovalutati, i classici cioccolatini di San Valentino o la più banale rosa rossa sono davvero la testimonianza più semplice ma efficace di un amore disinteressato; concetto di cui si fece portavoce nuovamente lo stesso Dante affermando “amor ch’a nullo amato amar perdona”.
*Anna-Chiara Marsili e Benedetta Di Donato, studentesse del liceo scientifico “Galilei” di Macerata. Articolo realizzato nell’ambito del progetto di Alternanza Scuola Lavoro