di Andrea D’Amico
Quando mi è stato comunicato che sarei partito per il 24° Scout Jamboree, a maggio 2018, l’emozione è stata immensa, perché avrei vissuto un‘esperienza che mi avrebbe, di lì a poco, cambiato la vita.
Sono Andrea D’Amico, ho 15 anni, e sono un esploratore del gruppo scout Agesci del Macerata 2, uno dei primi gruppi scout d’Italia, che vanta più di un secolo di meravigliose avventure, vissute da tante generazioni di ragazzi maceratesi. Dal 23 luglio al 2 agosto 2019 si è tenuto il 24° World Scout Jamboree (letteralmente una “marmellata” di ragazzi scout da tutto il mondo) nella Summit Bechtel Reserve in West Virginia, Nord America. Ogni 4 anni, una selezione di scout appartenenti ad associazioni approvate dal Wosm (Organizzazione mondiale dello scoutismo) da tutto il mondo, si incontrano per condividere un campo scout, all’insegna della pace e della fratellanza. Io sono stato uno tra i 1.220 “ambasciatori” che hanno rappresentato l’Italia a questo evento e in America eravamo circa 5.000. Un’impressionante distesa di tende dai mille colori, in un’immensa valle con boschi, laghi, fiumi, il monte Jack e la Brownsea Island.
Il contingente italiano era diviso in reparti provenienti da ogni regione, rappresentata da un ponte. Io ero nel reparto delle Marche “Ponte di Fermignano” insieme ad altri 36 ragazzi provenienti da tanti gruppi della nostra splendida regione. Ma perché il nome di un ponte? Perché l’obbiettivo del Jamboree è quello di unire i popoli e di conseguenza, come simbolo del contingente Italia, è stato scelto il ponte ideato da Leonardo Da Vinci, una struttura che rimane salda solo con l’attrito tra i pali, senza chiodi o legature. Prima dell’evento mondiale, ho incontrato i ragazzi e i capi del il mio reparto “Ponte di Fermignano” durante un percorso fatto di 5 uscite, intervallato da sfida di manualità e competenze. E alla fine, è arrivato il tanto sospirato giorno della partenza: il 22 luglio sono partito dall’aeroporto Marconi di Bologna per atterrare in quel di Charlotte. Di lì a 4 ore di pullman, avrei partecipato all’evento più ambito da ogni scout. Arrivati alle 3 di notte, sotto la poggia, abbiamo dovuto montare le tende per dormire, ma grazie ai nostri vicini del New England, che ci hano fraternamente aiutato, abbiamo dovuto fare la metà del lavoro. Con sole 5 ore di sonno, la mattina dopo, abbiamo iniziato la nostra avventura, che ci avrebbe portato a girare il mondo, con più grinta che mai.
Nei giorni ‘’senza impegni istituzionali’’, esploravamo questa enorme riserva naturale di 400 ettari, impegnandoci in varie attività come tiro a segno, skateboard, bmx, pesca, climbing, lavorazioni del pellame, osservazioni astronomiche e incontrando, in ogni momento, tanti scout con uniformi dalle mille forme e colori, tutti con la voglia di fare più amicizie possibili e di mettersi in gioco, vincendo ogni timidezza. C’erano anche mostre con i ricordi degli altri precedenti 23 Jamboree – che non si non mai interrotti – e con il cappello originale di Baden Powell, il nostro fondatore, ma anche tendoni per approfondimenti e riflessioni su temi mondiali molto interessanti, come quello dello “Sviluppo del villaggio globale”, dove abbiamo appreso come gli scout di tutto il mondo siano riusciti a migliorare la qualità della vita attraverso pratiche ecologiche, rispetto dell’ambiente, riduzione degli sprechi e dove ho potuto, finalmente, assaggiare i grilli fritti. C’era anche una tenda chiamata ‘’Faiths and Believes ‘’ per scoprire le peculiarità e le caratteristiche delle principali religioni, che ho imparato ad apprezzare e rispettare. Ma una delle attività più belle era lo scambio di distintivi e accessori scout che tutti ci contendevamo, agguerriti, sotto il sole, per portarne il più possibile a casa.
La sera del 23 luglio abbiamo partecipato alla memorabile e indimenticabile cerimonia d’apertura del 24 World Scout Jamboree: 50.000 scout riuniti in un’unica arena, che pronunciano la Promessa Scout in molteplici lingue, tra i discorsi di Bear Grylls, i rappresentanti dell’Onu, un concerto e uno spettacolo grandioso di droni. Penso di non essermi mai commosso così tanto. Il 26 luglio invece è stato celebrato l’International “Cultural Day’,’ dove ho potuto fare un salto in Perù per bere la chicha e in 20 secondi arrivare in Giappone, per assaggiare un po’ di sushi per poi respirare l’atmosfera arabeggiante del Marocco. In una giornata ho visitato e ma soprattutto gustato più di 50 Paesi. Anche noi abbiamo fatto assaporare un po’ d’Italia, cucinando più di 20 chili di pasta, offrendo pane e cioccolato e preparando tantissimo caffè. Era bellissimo vedere come gente di così diverse culture possa divertirsi e sentirsi “fratello e sorella scout”, senza divisioni o pregiudizi legati alle razze o alle religioni. Non posso negare che tutto questo entusiasmo abbia fatto sbocciare anche l’amore tra i ragazzi ma è comprensibile alla nostra età.
I giorni passavano veloci e l’unica preoccupazione era quella che presto tutto sarebbe finito. E, ahimè, quel giorno purtroppo è arrivato. La cerimonia di chiusura del 1° agosto ha strappato a tutti qualche lacrima e tra i fuochi d’artificio e il concerto dei Pentatonix, ce ne siamo andati con la promessa che non ci saremmo dimenticati mai di questa esperienza straordinaria di vita, e che, una volta tornati a casa, il nostro dovere era di trasmetterne il più possibile le emozioni e di farla vivere, almeno con i racconti e le foto, anche a chi non ha avuto la fortuna di partire con noi, i nostri fratelli e sorelle scout.