I bambini e le bambine di Porto Sant’Elpidio, della classe quarta A, della scuola Gianni Rodari, con le maestre Carla, Giovanna e Pina, insieme ai genitori, torneranno domenica (19 maggio) all’ombra secolare della chiesa di San Giusto a San Maroto di Valfornace. Avranno una bella sopresa, potranno entrare, la troveranno riaperta, perchè l’edificio sacro, che domina il piccolo borgo dall’alto dello sperone roccioso, è stato recentemente riaperto alle visite. Tutto nasce tra i banchi di scuola e una bella foto di bimbi sorridenti, con maestre e genitori, ne è la testimonianza.
Due bambine di Pievebovigliana (ora Valfornace) hanno frequentato la scuola a Porto Sant’Elpidio, come altri bambini del loro paese, perchè la loro casa, la scuola, sono state distrutte dal terremoto. A raccontare l’emozione di ritrovarsi è la maestra Pina Cipolletta, che parte dal ricordo della bellissima visita fatta un anno fa, dall’allora terza A, della scuola Gianni Rodari di Porto Sant’Elpidio. «È già passato un anno da quel pomeriggio ed è tempo di “tornare”, sì, gli amici veri non vanno persi di vista per troppo tempo. A San Maroto avevamo ritrovato Ilaria ora residente a Camerino e Noemi allora appena rientrata a Pievebovigliana dopo l’assegnazione della casetta di legno e avevamo fatto nuove amicizie del luogo, Alessandra, Luigi e Maurizio, rientrati a San Maroto anche loro da poco dopo i camping che li avevano accolti. E Cristina? La storia dell’arte e la passione, così che mentre lei narrava noi capivamo ancor di più la straordinarietà di quel luogo unico. Perché dopo un anno sento la necessità di raccontare quell’incontro? La risposta è nelle domande che quasi quotidianamente mi pongono i bambini e che sovrappongono l’uno sull’altro: “Maestra, che faranno Ilaria e Noemi, organizziamo una gita e andiamo a trovarle?”, “Si ricorderanno di quando stavano qua da noi al camping ?”, “Ora a Pievebovigliana sono tornati tutti, maestra, ora è quasi come prima del terremoto vero?”. Ai bambini si dice la verità, sempre: “ In molti son tornati, certo, ma non è come “prima”, no”». Da brava maestra racconta loro la verità: «Domenica scorsa sono stata a Pievebovigliana e qualche cantiere è partito, qualche cantiere, per il resto…che vi dico bambini…tanto silenzio, case danneggiate e chiuse, il centro storico, quello che noi avevamo disegnato e dipinto nel grande poster appeso alla parete in fondo alla classe è chiuso, molti edifici sono pericolanti e transennati”. “Che significa maestra transennati, è tipo quando mettono quelle strisce rosse e non puoi passare?” , “Sì, proprio così bambini, perché potrebbe essere pericoloso, qualche mattone potrebbe cadere”. Osservo la foto, siamo in posa, sorridenti davanti alla chiesa, gioiello romanico a pianta rotonda, dalle forme e proporzioni che hanno di sicuro parole simili al mondo incantato e senza tempo dei bambini, siamo felici in questa foto perché finalmente potevamo vederla dal vero la chiesa di San Giusto, quante volte l’avevamo disegnata, copiata dalle foto della nostra lavagna digitale, e poi rivedere Ilaria e Noemi, finalmente».
Dopo il terremoto di ottobre di due anni e mezzo fa Ilaria era stata ospitata nel camping “Le mimose” di Porto Sant’Elpidio e Noemi in un residence del Lido di Fermo. Pina Cipolletta racconta il primo incontro con loro: «La scuola per le prime tre concitate settimane dal loro arrivo era il salone circolare del camping. Rivedo tutto. Una decina di insegnanti fra maestre e professori organizzano mattinate scolastiche mettendo a disposizione il loro giorno libero, i gruppi sono eterogenei. La mia classe comprendeva dagli otto ai dieci bambini dalla classe prima alla terza. Al posto dei banchi singoli, lunghi tavoli, i bimbi seduti attorno, il registro delle presenze era un quadernone a quadretti con una tabella a doppia entrata disegnata a matita da una collega, sulla linea orizzontale le date, in verticale i nomi che io via via andavo segnando: se c’è il registro c’è la scuola. Dopo l’appello iniziano le attività, in qualsiasi luogo ci si trovi, in ogni tempo: segni di regolarità, intenzione tenace di restituire almeno questo, restituire la scuola, tanto era stato tolto, oddio quanto». Rivivono nella mente dell’insegnante le scene di allora: «Allora bambini prendete il quaderno di Italiano, preparate i colori perché stamattina parleremo dell’autunno, però prima faremo una passeggiata all’interno del camping alla ricerca delle foglie più colorate, é una mattinata mite, poi se volete disegniamo una melagrana, guardate ce l’ho in borsa. Tutto attorno ceste colme di giocattoli, pile di giochi da tavolo, scaffali pieni di materiale scolastico: gli abitanti del mio paese erano stati generosi, sicuro. I genitori arrivavano puntuali alle otto e trenta, ci affidavano i loro piccoli, ne rivedo le facce, ne ricordo perfettamente i segni, le occhiaie. Lo sguardo di quella giovane mamma che non riuscivo a seguire, mi lasciava la sua bambina, sette, otto anni ed un’altra piccolina sui due anni le si stringeva al collo, non fermava i suoi occhi neri nei miei, quasi avesse fretta di arrivare chissà dove, uno sguardo così, ora che ci penso ce l’ha chi fugge da qualcosa o è in grave ritardo ma quella mamma non aveva impegni di lavoro o di faccende quotidiane. Il suo sguardo raccontava lo sconforto, la paura, l’incredulità, questi erano i luoghi dai quali avrebbe voluto andarsene, ecco da cosa avrebbe voluto scappare». Dallo sguardo di chi è sfuggito al sisma, alle vite dei bambini che hanno racchiuso tutto in uno zainetto, libri e quaderni con disegni e conti, fatti in scuole devastate dalle scosse, prosegue il racconto: «Della mia classetta facevano parte soprattutto bambini provenienti da Pievebovigliana, fratello e sorella di Sant’Ilario di Pievebovigliana, come precisò Massimo classe terza, gli altri venivano da Pievetorina, Camerino, Tolentino. Ogni bambino, ogni bambina, aveva portato lo zaino con libri e quaderni della scuola che avevano dovuto lasciare; sfogliavo le pagine, leggevo le date, guardavo le attività, i disegni e pensavo a come sarà stato terribile rientrare in casa, case magari pesantemente danneggiate dalle scosse, prender su di fretta qualche cambio, giusto l’indispensabile e fra questo lo zainetto dei bambini. Fra l’indispensabile di famiglie che devono in tutta fretta scappare dal paese, dalla casa, dal lavoro, dalle amicizie, dalla vita di sempre c’è lo zainetto della scuola, è un’affermazione che fa un certo effetto, inorgoglisce e commuove». Alla Gianni Rodari, due banchi vuoti della classe seconda A, sono stati riempiti da Ilaria e Noemi, che hanno voluto stare insieme perchè si sono dette sorelle più che amiche. Nei disegni, nei racconti, nelle loro parole, rivivono le emozioni e gli scorci del loro paese perduto.
«Casa dopo casa, il campanile e la chiesa sul centro storico più in alto, il bar in piazza con la scritta rosso brillante di Varnelli, le colline verdi, la cornice azzurra dei Sibillini sullo sfondo, San Giusto di San Maroto e lo spuntone di roccia a destra, il volo dei falchi verso l’alto ad allontanarsi nel cielo ed ecco aver forma Pievebovigliana. Nella nostra classe della scuola di via Pesaro di Porto Sant’Elpidio abbiamo riportato Pievebovigliana, l’abbiamo riprodotta dalle immagini trovate nella nostra lavagna multimediale, disegnata, colorata, attaccato i collages di alberi, case, cespugli e nuvole bianche all’orizzonte, un’intera parete, più di uno sfondo. La chiesa di San Giusto il nostro capolavoro, sì! San Giusto l’avevamo seriamente studiata, ci aveva incantato la sua pianta rotonda ed aveva scatenato l’immaginazione dei bambini il sapere che in un tempo tanto ma tanto lontano addirittura dalla lontana Siria erano arrivati nelle nostre terre, che ora chiamiamo Marche, degli architetti per progettarla». Il fascino di quella chiesa secolare, la sua forza nello scampare al terremoto, nei disegni dei bambini della classe, Pieve rivive ancora. «Siamo “tornati” un anno fa a San Maroto di Pievebovigliana, dovevamo vederla davvero la chiesa di San Giusto ed ora abbiamo festeggiato con degli altissimi urrà quando abbiamo saputo che il 21 aprile è stata riaperta. Quel luogo dove le meraviglie della natura e dell’architettura si abbracciano è ancora fortemente presente nella nostra classe: “Maestra, quella chiesa è incredibile quant’è potente, è così antica ma il terremoto non gli ha fatto niente, niente, è proprio forte!”. Da quel colle verde sotto la roccia bianca ed i falchi sospesi in volo, affacciata verso quelle montagne che annunciano altre montagne azzurre, San Giusto di San Maroto è il segno concreto della tenacia e di tenacia c’è bisogno – prosegue nel racconto Pina Cipolletta – quando Pievebovigliana tornerà ad essere Pievebovigliana? Per quanto tempo è possibile vivere nelle casette di legno, non posso non farmi questa domanda. Voglio anzi farmi questa domanda. Quanto tempo ancora, quanto? Perché la ricostruzione è così lenta? Finalmente l’ho detto, è un territorio grande quello che è stato colpito ma ho l’impressione che se non si farà presto perderemo tutti qualcosa che nell’assenza ci farà male, non solo chi in una notte s’è visto stravolgere la vita, noi tutti perderemo qualcosa. “Maestra quando torniamo a San Giusto, è così bello lì e poi c’è il prato e lì sopra tu ci avevi detto che c’è la scuolina di volo dei falchetti”. Torneremo presto, ve lo prometto bambini. Perché l’amicizia ha bisogno della presenza. Della presenza, della perseveranza e della cura, certo. A presto allora amici cari di Pievebovigliana, San Giusto sotto la traiettoria dei falchi è sempre nei disegni dei bambini, è un luogo nel quale una volta giunti si resta, è così».
È difficile affrontare tutta questa situazione, dopo 3anni di lunghe attese,ma sapere che ci sono persone che credono in noi,ai nostri territori e si preoccupano per le nostre vite ci inorgoglisce molto e ci danno la forza per non mollare, tenere duro e sperare in un futuro qui tra le nostre amate montagne❤️