Giochi, balocchi e passantempi di 500 ani fa in mostra alla Galleria Nazionale di Urbino. L’esibizione “Giochiamo! Giochi e giocattoli dal Rinascimento al Barocco” racconta i due importanti periodi storici del attraverso un percorso inconsueto e originale di giochi, giocattoli e passatempi che si diffusero dal Quattrocento al Seicento in tutta Europa. L’idea è nata quando, durante il restauro del sottotetto del Salone del trono, è stata ritrovata una “pallina da gioco” d’inizio Seicento molto simile a quella che si vede nel famoso “Ritratto di Federico Ubaldo Della Rovere” di Alessandro Vitali (conservato Lucca), che accoglie il visitatore all’inizio del percorso.
Il nucleo principale degli oggetti esposti, proviene dallo Schloss Ambras di Innsbruck, in Austria, dove sono stati ospitati in una mostra gemella fino al 2 ottobre scorso. La mostra, curata da Valentina Catalucci, prende spunto dalla frase del filosofo francese Montaigne (1533-92) “I giochi dei fanciulli non sono giochi e bisogna giudicarli come le loro azioni più serie” e vuole mostrare anche come le attività ludiche non erano solo “un gioco da ragazzi” ma venivano praticate da un pubblico adulto e appartenente a un ceto sociale elevato. Organizzata in collaborazione con la prestigiosa collaborazione del Kunsthistorisches Museum l’esposizione comprende carte da gioco, scacchiere, libri, giocattoli, dipinti ed incisioni provenienti da prestigiose collezioni austriache, tedesche e italiane.
Ci sono inoltre quadri che rappresentano scene di gioco come “Partita a scacchi” di Giulio Campi di Palazzo Madama a Torino e, alcune opere molto rare che trasportano il visitatore in un mondo “ludico” che fin dall’inizio sorprende per la sua preziosità come per la Scacchiera cinquecentesca con figure di scacchi tuffate nell’oro e nell’argento oppure la scatolina intarsiata in avorio contenente giocattoli in miniatura. Considerato come la prima forma di espressione della creatività, il gioco è stato da sempre argomento di interesse da parte dei più illustri pensatori che ne hanno affermato il suo valore educativo.
Fin dall’antichità i bambini avevano a disposizione numerose opportunità di gioco legate alla vita all’aperto e all’utilizzo di materiali facilmente reperibili in natura. Nel Rinascimento si afferma la convinzione che il gioco non sia soltanto svago ma un impegno serio, con traguardi da raggiungere e uno strumento educativo che permette al bambino di diventare grande. Nelle case della nobiltà ai giovani erano riservati determinati giochi utili alla costruzione del proprio avvenire: alle ragazze bambole di stoffa e piccoli utensili per la casa, ai ragazzi figurine di legno, di ceramica e di piombo, riproducenti cavalieri e fanti. Giochi di tattica come scacchi, dama e filetto aiutavano a elaborare strategie poi applicabili in campo militare. Nel pieno spirito del Rinascimento, nelle cosiddette “camere delle meraviglie” di palazzi e castelli si ospitavano sempre più spesso giochi realizzati con grande maestria e ingegno, compresi mazzi di carte dipinti a mano o curiosità. La mostra resterà aperta fino al 5 febbraio.