Alla scoperta delle città dei morti

Alla scoperta delle città dei morti

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VISITA – Le classi prime del liceo scientifico “G. Galilei” a Macerata, alla fine di marzo, sono state accompagnate a Cerveteri e Tarquinia

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Foto di gruppo durante la visita

Le classi prime del liceo scientifico “G. Galilei” a Macerata, alla fine di marzo, sono state accompagnate in visita guidata a Cerveteri e Tarquinia. Ecco il racconto della loro esperienza.
«Ancora presto, siamo arrivati attraverso carrarecce campestri alla necropoli della Banditaccia, a Cerveteri: un sito straordinario. La città dei morti è avvolta nel silenzio, con i suoi grandi tumuli verdeggianti, le strade ricavate nel tufo e riparate da altissimi pini marittimi. Le guide ci conducono nelle tombe più maestose e aristocratiche, in quelle che sembrano capanne, e in altre allineate lungo la strada, semplici, uguali, quasi moderne villette a schiera, in un percorso che testimonia l’evoluzione nel tempo della più importante civiltà preromana. Attraverso ripide scale sembra di scendere verso la profondità buia dell’Ade, e lì si ritrovano gli spazi domestici: stucchi, pareti scolpite, mensole per le suppellettili, finestrelle che danno nelle stanze dove riposava per l’eternità, in coppie di piccoli letti affiancati, la famiglia etrusca. Poi si risale alla luce e sui tumuli continuano a fiorire come allora gli asfodeli».

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Foto di gruppo durante la visita

Poi lo spostamento alla necropoli dei Monterozzi a Tarquinia. «E’ posta sotto un prato spazzato dal vento, coperto di margherite. È il profilo della collina di Corneto, che guarda verso la città dei vivi; sullo sfondo i monti della Tolfa. Gli affreschi di questa meravigliosa pinacoteca sotterranea raccontano di un popolo vitale, dei riti e delle abitudini di una società colta e raffinata che si è rappresentata nei banchetti, nelle danze gioiose, attraverso scene colorate e in movimento di caccia e di pesca. Ma ci colpisce anche la tomba dei Caronti, con quella porta chiusa, sul fondo.

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La visita si è conclusa al Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, dove sono custoditi numerosi e preziosi reperti, tra cui ceramiche, gioielli, vasi, oggetti d’uso quotidiano e poi sarcofagi, il Mitra Tauroctono e la lastra di terracotta dei Cavalli Alati.
Sostiamo un poco sulla piazza che si affaccia verso il Tirreno; i ragazzi e le ragazze, finalmente con i gelati in mano, sono un quadro festoso. Alle nostre spalle si spande sullo sperone di roccia la città misteriosa, con i suoi vicoli, i monumenti medievali e la casa in cui è nato Vincenzo Cardarelli. Ci resta il desiderio di tornare».

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