«Si ha “orecchio” ancor prima di nascere»
Ludovica Gasparri e le emozioni in musica
dal grembo al palcoscenico

«Si ha “orecchio” ancor prima di nascere»
Ludovica Gasparri e le emozioni in musica
dal grembo al palcoscenico

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L’INTERVISTA alla giovane soprano e musicista di Montecassiano che racconta il suo percorso artistico e come vive la didattica musicale con i più piccoli e le più piccole

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Ludovica Gasparri al lavoro con bambini e bambine

di Serena Paoli*

«La musica ci accompagna ancora prima di nascere, direttamente nella pancia». Lo spiega Ludovica Gasparri, musicista di Montecassiano diplomata al Conservatorio “G.Rossini” di Pesaro che, oltre a portare avanti la sua carriera musicale, si dedica ad un progetto che vede protagonisti bambini e bambine, anche molto piccoli.

La sua carriera da cantante la porta sui palchi teatrali più importanti, dove si è esibita nell’ambito del canto classico e moderno. E’ anche coinvolta nel Festival contemporaneo di PopSophia.
Ha trovato una nuova risorsa creativa e lavorativa nella didattica infantile. È stato infatti elaborato un progetto sperimentale di propedeutica musicale rivolto a tutte le classi delle elementari, e un corso per bambini dai 0 ai 6 anni.

La sua carriera è iniziata da giovanissima: come si è avvicinata al mondo della musica?

«Chi si avvicina alla musica lo fa in maniera spontanea, è qualcosa di innato. È per questo che mi sono avvicinata a questo mondo da piccolissima. Era una mia necessità, quindi non mi dovevano pregare per cantare, anzi, il più delle volte dovevano fermarmi. Ho poi frequentato le medie musicali, e da lì in poi ho iniziato a studiare nella civica scuola “B.Gigli” di Recanati. Mi specializzavo nel pianoforte, nella chitarra e nel canto. Nel frattempo mi sono anche appassionata alla lirica, quindi mi sono trovata a portare avanti tanti generi musicali, sia moderni che classici. Mi sono diplomata al conservatorio, mentre nel tempo libero mi intrattenevo con esibizioni insieme alle band e spettacoli (spaziando dal musical all’opera a concerti rock). Attualmente però ho deciso di fare delle scelte: per questo motivo sto portando avanti soltanto il Festival contemporaneo di PopSophia, insieme a un omaggio a Jim Morrison con Cesare Catà».

Come nel Festival citato, canto classico e moderno vivono in simbiosi. Come sono connesse o dove si traccia la linea di divisione tra le due?
«Musica classica e moderna sono consequenziali, nel senso che una non esisterebbe senza l’altra. Al contrario, professionalmente parlando sono studi diversi. Nel canto le due tecniche si differenziano molto, per questo ad un certo punto bisogna fare una scelta. Chi vuole intraprendere la carriera operistica è come un atleta che vuole gareggiare, tutto deve essere finalizzato a quello. Nel canto moderno, invece, la contaminazione è più frequente e facile, e l’artista ha la possibilità di spaziare. Proprio per questo adesso sto lavorando al mio progetto da solista. È inevitabile a un certo punto che un musicista debba scrivere le proprie canzoni, per trasformare le proprie esperienze in qualcosa di unico, di suo».

Crede che al giorno d’oggi, con l’avvento dei generi più moderni, si sia perso il valore della lirica e del belcanto?
«Nella musica si deve fare una divisione fondamentale tra didattica e intrattenimento, due valori di uguale importanza ma molto diversi. Ogni livello di produzione musicale presuppone un minimo di preparazione. È evidente, però, che un perfetto sottofondo per una festa differisce da un’opera che richiede un ascolto diverso, in cui le persone devono essere più presenti (con il corpo e con la mente). Questo vuol dire che tutti i tipi di musica sono necessari.»

Sappiamo che Macerata è un luogo di interesse culturale ma soprattutto musicale, in cui sono passate le grandi voci liriche esibendosi allo Sferisterio, o Beniamino Gigli, che dà anche il nome alla scuola di musica di Recanati, che lei ha frequentato. Crede che Macerata sia in grado di offrire le giuste opportunità per chi vuole intraprendere il percorso di canto?
«Devo dire che le Marche a livello musicale sono abbastanza vivaci. Si potrebbe fare sempre di più ma non ci possiamo lamentare. Il territorio è ricco di iniziative come Musicultura, o la stagione lirica allo Sferisterio che si apre ai bambini e alle scuole, o ancora il Civitanova Opera Festival. Sicuramente esiste un bel giro di feste, sagre, locali che fanno suonare gruppi. In conclusione, nella nostra regione rispetto ad altre si suona molto, ma possiamo ambire sempre al meglio.»

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Ludovica Gasparri al pianoforte e voce

Dal momento che ha elaborato un progetto di propedeutica musicale rivolto alle classi delle elementari, ma anche per i bambini da 0 ai 6 anni: quale pensa sia il momento in cui il bambino dovrebbe avvicinarsi alla musica?
«Ancora prima di nascere. Non c’è un momento in cui si inizia a utilizzare l’orecchio, che è il primo organo sensoriale a dare impulsi al bambino dalla pancia della mamma. Fino a una certa età tutto quello che vive il bambino è passivo, e nei primi mesi di vita deve limitarsi ad assorbire la realtà che lo circonda. Da quando ho finito gli studi sulla “Music Learning Theory” di Edwin Gordon, ho una visione molto più ampia di tutte le possibilità della tenera età. Fino ai nove anni circa, ovvero l’età dello sviluppo, hanno un potenziale incredibile, quando ogni cosa è una possibilità di apprendere. Di solito quello che viene proposto ai bambini è molto semplificato, e non c’è cosa più sbagliata. Più sono piccoli, più accettano le difficoltà senza problemi (basti pensare alla facilità che trovano nell’imparare nuove lingue).  La teoria di Gordon sostiene che la musica si apprende come il linguaggio parlato. Entrambe fanno parte della quotidianità del bambino: allo stesso modo ascolta suoni, vede, replica movimenti e in questo modo si avvicina allo sviluppo di una nuova sintassi.
Offrite più musica ai bambini, siate il più ricchi possibile con loro ma senza aspettarvi niente.
Parliamo di bambini e bambine di sei mesi: uno o una che batte le mani non è più capace di un altro o altra che ascolta in silenzio. Bisogna stare attenti alle loro reazioni senza quantificarle. Si tratta di esperienza di gioco. La mia tesi prende proprio il nome da questo concetto come “Il compagno di giochi esperto”. Si basa sulla teoria didattica in cui io mi muovo, canto e lascio liberi bambini e bambine di imitarmi, di ascoltare e di essere spontanei.»

Un percorso musicale come il suo è di facile raggiungimento per tutti o si è condizionati da piccoli dall’ambiente familiare? Com’è stata la sua esperienza?
«L’ambiente familiare ti condiziona inevitabilmente, ma non è detto che debba definire quelle qualità musicali che sono innate in ognuno di noi. Nella maggior parte dei casi infatti, come nel mio, i bambini hanno un minimo stimolo ma non sono figli d’arte o con genitori particolarmente appassionati. Prendiamo come esempio mio figlio, con mamma cantante e papà batterista; ha fatto concerti con me fino agli ultimi mesi di gravidanza e tutt’ora mi sente spesso cantare in casa. Sarà sicuramente più sensibile alla musica, ma non è detto che questo debba determinare il suo futuro.
Spero però che i genitori facciano sempre frequentare ai propri figli dei corsi di sensibilizzazione alla musica, ai nuovi suoni e alle emozioni che vengono da questi, perché è una parte fondamentale del loro sviluppo, a prescindere da quello che diventeranno da adulti.»

*Serena Paoli, studentessa del liceo scientifico “Galilei” di Macerata. Articolo scritto nell’ambito del progetto Alternanza scuola lavoro



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