giovedì, Novembre 14, 2024

Visita a Clorofilla,
nato dal sogno di una scuola
che ancora non c’era

SCOPERTA - L'architetta maceratese Eleonora Rampichini è entrata negli spazi della struttura a Milano e per Cronache Maceratesi Junior racconta quello che ha visto con i suoi occhi. (1A PUNTATA)

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Eleonora Rampichini

di Eleonora Rampichini

Come esiste un tempo cronologico, misurabile e quantificabile che scivolandoci addosso con un ritmo incalzante e senza sorprese ci domina e sfiacca, esiste – lo insegnano i Greci – un tempo amico che dona qualità e senso al primo, per qualcosa che accade di speciale. Così è per lo spazio, dimensione che, dopotutto, serve a contenere il tempo.
Esistono spazi estranei che, giorno dopo giorno, ci costringono e ammaestrano in pensieri unici e ridotti, e ci sono ambienti intonati ai nostri spazi interiori, in cui non contiamo le fatiche e abitiamo in pace.
Ho incontrato uno spazio con quest’ultime non comuni qualità in una scuola di Milano. Un incontro raro davvero, ma possibile come una stella cometa. Per questo voglio parlarvene.
Guardate questa illustrazione. E’ una pagina di un albo per la prima infanzia che ci fa vedere l’ingresso di una scuola. Generazioni di maestre e maestri e generazioni di scolari riconosceranno in essa la scuola di quando si era bambini o quella che stanno frequentando.
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Riconosceranno i muri tinteggiati con colori compatti, opachi, uniformi, senza ombre, trasparenze e sfumature. Giallo, rosso, blu, verde. Riconosceranno la lunga fila degli appendiabiti esposti in massa, come una catena di montaggio ben visibile di cui dobbiamo imparare a sentirci parte fin da piccoli. (C’è anche l’archetipo dell’insegnante-sorvegliante che indica e impartisce dei compiti precisi, ma non mi soffermerò su di essa).
Il fatto è che le geometrie e i colori di uno spazio, come anche i suoi materiali, pur non avendo una voce sensibile, ci parlano e si depositano nella nostra memoria. I nostri grandi ricordi trovano alloggio infatti negli spazi in cui abbiamo vissuto, non nel tempo cronologico delle date e dei numeri, che appartengono invece al filo della storia.
E’ nello spazio che i pensieri, l’immaginazione e la memoria lavorano all’unisono per formare una comunanza d’idee, ricordi e valori. Se allora la memoria non registra la durata del tempo ma lo spazio in cui si è vissuti, quando la scuola sarà lontana per sempre, rimarranno scolpiti nella mappa della nostra anima un corridoio buio con il pavimento di gomma grigia che portava nella stanzina della merenda, i passaggi segreti per arrivare alla mensa e il suo odore, la luce pomeridiana sugli animali imbalsamati dentro le vetrinette e i passi che giravano a destra e a sinistra e poi attraversavano il terrazzo, per arrivare nel posto appartato dove veniva fatto il controllo dei pidocchi. E’ così che nell’immaginario scolastico collettivo l’ingresso di una scuola è proprio come quello illustrato sopra. Ci siamo ormai assuefatti all’idea che nel tempo-scuola, l’ingresso sia un reparto dai colori bambineschi di una catena di montaggio sotto copertura.
Un giorno fortunato una giovane educatrice milanese – Giovanna Gulli – decide di attingere ad altri immaginari (più amabili, sereni e abitabili) e, sognando una scuola che ancora non c’era, dona un nuovo spazio alle memorie dell’infanzia di generazioni di bambine e bambini e una possibilità a tutti noi. Qualche giorno fa, dicevo, sono stata sua ospite. Arrivata alle ore 9.30 in via Cesare da Sesto n.5 ho indossato i copriscarpe e insieme ai bambini che sopraggiungevano alla spicciolata sono entrata a scuola. Elena, la mia accompagnatrice mi ha permesso di fare qualche foto.

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Questo è il loro ingresso. Un ambiente popolato da candidi e profondi armadi in cui lasciare i cappotti, la biancheria personale, i ciucci, i bambolotti e le scarpe (i monopattini invece possono stare nell’atrio coperto e c’è anche un posto per lasciare, per tutto il giorno, i passeggini dei bimbi del Nido). Non ci sono simboli o numeri o contrassegni appiccicati sopra, sotto, dietro o davanti. D’altra parte in nessun armadio di famiglia ci sono! Gli armadi sono spazi d’intimità che non si aprono davanti a tutti. Contengono le nostre cose e la promessa del ritorno di qualcuno di importante: delle mamme, dei papà, dei nonni.
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Sui loro ripiani sono appoggiati, qua e là, oggetti di uso quotidiano che si possono facilmente trovare in ogni casa: fotografie, libri illustrati, vasi di piantine, un poster di Babar, dei portacandele e pure qualche bavaglino dimenticato. Le pareti chiarissime, illuminate dalle classiche lampade da studio, parlano alle giovani famiglie un linguaggio moderno e tenero che, in modo informale e curato, condivide l’agenda settimanale (compilata a matita) e il diario degli apprendimenti dei loro bambini.

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E’ un ingresso amabile, sereno e abitabile come solo quello di una casa natale può essere. E’ l’ingresso di una “scuola natale” che rimarrà, indimenticata, per sempre dentro di noi! La visita del Nido Scuola Clorofilla (questo è il bel nome della scuola) proseguirà lungo i suoi duemila metri quadri di spazio e il prossimo in cui entreremo sarà il patio centrale.

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*Eleonora Rampichini, architetto, Ph.D. in Human Sciences-Education, Ricercatrice indipendente e libera professionista impegnata nella valorizzazione della cultura dei bambini e delle bambine

Nido Scuola Clorofilla, Milano
www.nidoscuolaclorofilla.it
Progetto architettonico: CLS Architetti, Milano

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