domenica, Novembre 17, 2024

Pierpaolo Cenci e il suo garage di trofei
«Ho scoperto il tennis grazie a un amico
e mi ha dato grandi soddisfazioni»

REPORTER JUNIOR - La classe 5A della scuola Pittura del Braccio di Recanati ha intervistato l'ex giocatore ed istruttore che ha raccontato le emozioni della sua carriera sportiva

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Pierpaolo Cenci in classe

«Una bella esperienza come veri giornalisti e giornaliste». Così gli alunni e le alunne della classe 5A della scuola Pittura del Braccio di Recanati raccontano il laboratorio di giornalismo fatto in classe con Cronache Maceratesi Junior.
***
Articolo scritto da Alessandro A., Francesco, Gabriele, Lorenzo, Federico, Thea, Elena, Riccardo, Alessandro G., Silvia, Alessia, Yana, Laura, Federica, Emma, Marco, Ludovica, Diletta, Chiara, Matteo, Ilaria, Noemi, Samuel, Enrico, Sofia con le insegnanti Angela, Paola e Monica.

Qualche giorno fa la giornalista Alessandra Pierini è venuta nella nostra classe a Pittura del Braccio per approfondire la conoscenza del quotidiano. Ci ha anche guidati nell’intervista a Pierpaolo Cenci, papà di un nostro compagno, che ha raccontato la sua esperienza di tennista, come ex giocatore ed attuale allenatore. Suo figlio Lorenzo ci ha raccontato che ha un garage pieno di trofei e medaglie
Appena è entrato, abbiamo notato qualcosa di strano e da lì è iniziata la nostra intervista con penna e foglio in mano.
Perché cammina con le stampelle?
«Avevo molto dolore al ginocchio e dopo tante cure è stato necessario un intervento chirurgico per risolvere il problema e riportare il ginocchio in posizione corretta».
Come si sente a fare l’allenatore?
«Mi sento molto bene perché è un lavoro che mi piace e lo faccio con passione».
intervista-a-scuola-1-1024x768Riesce a fare viaggi e tornei?
«Sì, ma mi devo sempre ben organizzare per farmi sostituire al lavoro».
Perché le piace insegnare e giocare a tennis e cosa l’affascina di più?
«E’ uno sport che mi dà molto. Mi affascinano tante cose, ma soprattutto mi piace perché mi metto in gioco, cercando di superare costantemente i miei limiti. E’ una passione iniziata circa quando avevo 9/10 anni, dopo aver praticato altri sport. Sono capitato per caso, invitato da un amico, a giocare a tennis e mi sono appassionato sempre di più. Sono arrivato all’agonismo che ho praticato per tanti anni e da passione è diventata una professione».
E’ stato sempre semplice?
«No. Questo sport ha pregi e difetti. Una difficoltà è che il tennis è uno sport individuale, si è sempre presenti in prima persona a differenza degli sport di squadra in cui c’è condivisione, anche della fatica, e divertimento. L’atleta deve andare sempre fuori con il suo allenatore e pagarsi le spese. Fin da quando avevo 14 anni la mia famiglia non mi accompagnava, ma mi lasciava andare per permettermi di andare a fare le gare in trasferta. Con questo sport si gira tutto il mondo».
Come si gioca a tennis?
«Si gioca in un campo delimitato da linee. Il gioco può essere singolo, con due persone, o doppio, con quattro. I giocatori sono separati da una rete, tengono in mano una pallina che devono colpire con una racchetta per scambiarsela, cercando di non farla uscire dalle linee del gioco. Le regole sono tantissime».
Fino a quanti anni si gioca a tennis?
«Il tennis non ha età, ma bisogna essere pronti, abili e resistenti fisicamente. Ci sono tornei per ultrasettantenni».
Chi allena in questo momento?
«Nessuno in particolare. Seguo una scuola di tennis, potrei dire di essere un insegnante di 100 allievi/e insieme con altri maestri. Seguo mio figlio, ma lui ha anche altri allenatori».
intervista-a-scuola-2-1024x768E’ orgoglioso di suo figlio che fa tennis?
«Sì, sia quando vince sia quando perde, perché fa una cosa che gli piace, si sta appassionando e lo fa con impegno. Questo è importante, indipendentemente dallo sport che si pratica».
Da 1 a 10 quanto le piace il tennis?
«Dieci».
Quante gare o tornei ha vinto e qual è stata la partita più difficile?
«Ho vinto molte coppe, medaglie e piatti. Ho vinto campionati regionali dai 16 ai 18 anni. Sono stato atleta di serie B per una decina di anni, facendo gare in tutta Italia e questo mi ha permesso di conoscere tanti posti. Ho partecipato ad alcune partite a livello internazionale, ma di squadra. Alcune gare mi sono rimaste nel cuore, altre meno. Di partite difficili ce ne sono state tante, forse quella di risollevarsi moralmente dalle sconfitte. Dura sempre di più la delusione di una sconfitta che la soddisfazione di una vittoria».
Si è mai sentito deluso da se stesso?
«Sì. Lo sport ha queste due componenti: delusione e soddisfazione. Ma la delusione è costruttiva perché stimola il miglioramento. Si cresce molto nello sport quanto nella vita, valutando una sconfitta».
intervista-a-scuola-3-1024x768Quanto si è allenato per diventare così bravo?
«Fino a 13/14 anni mi allenavo 3 giorni a settimana, poi 5, per due o tre ore. Oggi i tennisti si allenano molto di più. Ci vogliono tanto impegno e tante ore di addestramento, quasi quotidiano, come in tutti gli sport.
Il talento è importante?
«Il talento è un buon punto di partenza, ma va sviluppato con il tempo. E’ considerato un talento la coordinazione, ma anche ciò che si ha in testa, infatti oggi, oltre all’allenamento tecnico e fisico, c’è molto anche quello mentale, con il mental –coach».
Come si sentiva prima di una partita importante?
«Ero emozionato e impaurito. Mi concentravo nell’allenamento e praticavo il rilassamento mentale per allentare la tensione».
Il tennis è cambiato rispetto a 20 anni fa?
«Decisamente, come tutti gli sport. Sono cambiate le attrezzature tecniche e le modalità di allenamento».
Si guadagna bene sia come giocatore che come allenatore?
«Nel tennis ci sono molte spese, ad esempio per le trasferte e come in tutti i settori si può guadagnare molto o poco. Molto ad alti livelli, moltissimo ad altissimi, come giocatori. Di insegnanti ce ne sono di tanti livelli. Vorrei aggiungere una cosa importante: il tennis sta vivendo un bel momento, in particolare in Italia».

 

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