L’articolo è frutto di un lavoro di un gruppo di studenti e studentesse del corso Metodi e tecniche di analisi dello sviluppo umano, condotto dalla Prof.ssa Paola Nicolini, che si sta occupando di temi connessi alla Giustizia Riparativa all’interno del percorso magistrale in Scienze filosofiche all’Università di Macerata.
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di Federica Bucci con la collaborazione di Alessia Ciarrocchi, Alessandro Maranesi, Ilaria Medei.
Cari esseri umani, sono Rina, la mascherina! Mi riconoscete?
Sono colei che da poco più di un anno è diventata la vostra compagna di vita: sembra proprio che tutti voi in questo periodo non possiate fare a meno di me. Sono addolorata per quello che vi sta accadendo e per come questo virus abbia cambiato le vostre vite, ma sapere che grazie a me siete più protetti mi rasserena e mi rende felice, mi sento quasi una regina, tutti mi cercano e sono sulla bocca di tutti!
Ma non vi scrivo per vantarmi, sono qui per raccontarvi la mia storia. Sì, perché io non sono poi così giovane. Forse non lo sapete, ma da secoli aiuto tutta l’umanità a combattere le malattie. Pensate che il mio antenato più lontano era un semplice fazzoletto! Quando voi umani non avevate ancora capito bene come si trasmettevano le malattie, qualcuno aveva già intuito che l’aria che esce dalla vostra bocca quando parlate o respirate, aveva un ruolo importante nei contagi. Ci sono quadri del 1720 che ritraggono i miei avi, i fazzoletti, in prima linea sui vostri volti a combattere, con voi, contro la peste, una malattia molto contagiosa che dalle nostre parti, grazie alla medicina, non circola più.
Il mio vero momento di gloria è arrivato nel 1897, quando il chirurgo austriaco Johann von Mikulicz Radecki e l’igienista tedesco Carl Flügge hanno finalmente capito l’importanza del coprirsi la bocca per evitare la trasmissione di possibili infezioni durante un intervento chirurgico. Da quel momento in poi, tutti i chirurghi hanno deciso di condividere con me ogni attimo del loro lavoro. Così noi mascherine siamo state promosse a “mascherina di protezione sanitaria” e, anche se assomigliavamo ancora a dei fazzoletti di stoffa ma con più strati, vi abbiamo aiutato a mantenere l’igiene durante quei momenti cruciali e continuiamo a farlo ancora oggi.
Da quel momento non vi abbiamo più abbandonato e, grazie a voi e alla vostra tecnologia, siamo diventate più comode e protettive. Per fare al massimo il nostro dovere però, è stata necessaria purtroppo un’altra epidemia, in Manciuria nel 1910. In questa occasione, per la nostra importanza, siamo state perfezionate e siamo diventate belle e comode come lo siamo oggi: con elastici e diversi strati filtranti così che, oltre a fermare le goccioline di saliva, filtriamo anche l’aria. Da allora io e le mie compagne siamo state accanto ad ogni persona, non solo al personale sanitario, proprio come continuiamo a fare da quando circola tra di voi il Coronavirus. Proprio in questo periodo, inoltre, sono diventata un vero e proprio accessorio alla moda da abbinare ai vostri vestiti, mi trovate di tanti colori e tessuti diversi.
Ora che avete letto la mia storia spero che, sapendo con quanto orgoglio e da quanto tempo combatto al vostro fianco, riuscirete meglio a sopportare il fastidio che forse vi do stando appiccicata alle vostre facce e un po’ sbilenca sopra il vostro naso. È vero, a volte sono fastidiosa, ma ora sapete che sto dalla vostra parte, per proteggervi.
Avrete ormai anche capito che sono fiera del mio passato, ma devo confessarvi che il mio futuro mi spaventa: sono utile e vi aiuto nel difendervi dal possibile contagio del coronavirus, ma a certe condizioni posso fare anche tanto male a tutti voi. Infatti, se la mia vita passata è stata lunga, la mia vita quotidiana è molto breve: dopo essere stata sui vostri volti per qualche ora, smetto di fare il mio dovere e devo essere gettata o sostituita.
Purtroppo, non c’è ancora qualcosa che mi dia nuova vita, devo diventare rifiuto, non c’è riciclaggio per me. Voi esseri umani ne state pensando di tutti i colori per farmi durare di più, ma per ora questo sembra il mio destino. Sappiate che diventare rifiuto è una fine che io accetto volentieri e con orgoglio, ma solo quando finisco nell’indifferenziata insieme a ogni altro rifiuto come me non riciclabile. In discarica, infatti, veniamo smaltiti inquinando il meno possibile l’ambiente. Al contrario, la mia fine rischia di diventare dannosa per voi e per la vostra salute quando vengo gettata dove non dovrei stare: sul ciglio della strada, su una spiaggia in riva al mare, su un bel prato verde: non è quello il mio posto! Lì creo disastri all’ambiente in cui viviamo e divento complice di atteggiamenti incivili e superficiali: io non sono nata per questo!
Come vi ho raccontato, la missione di noi mascherine è aiutarvi nella difesa dalle malattie e non a rendere più brutto e sporco il pianeta. Per evitare che questo accada ho bisogno di voi esseri umani. Pensate che, anche quando sono smaltita correttamente con i rifiuti indifferenziati, rimango in giro per il mondo per 400 anni prima di decompormi. E, solo in questo ultimo anno, sono state usate miliardi di mascherine: immaginate prati ricoperti da mascherine, immaginateci sparse tra le onde, pensare agli animali che possono restare intrappolati nei nostri elastici o i nostri brandelli che penzolano dalle siepi.
No! Non posso accettarlo!
Basta un piccolo aiuto da parte vostra: gettatemi nei rifiuti, fate attenzione che io non scivoli via dal vostro zaino e se dovessi cadere per terra, mi raccomando, raccoglietemi! Ve ne sarò eternamente grata. E anche l’ambiente in cui tutti e tutte viviamo.
È giunto il momento di salutarvi e voglio concludere con un suggerimento perché sono sicura di avervi convinto ad aiutarmi: se mi trovate abbandonata per strada, con l’aiuto di un adulto tra i vostri familiari, raccoglietemi prendendomi per un elastico e gettatemi in un cestino dei rifiuti. Ma prima fate tre foto: una della mascherina dove l’avrete trovate in giro e una dello stesso luogo ora che la mascherina è stata raccolta.
Sempre con l’aiuto di un adulto, condividete queste foto su Instagram utilizzando gli hashtag #buttalibene e #riparambiente e visitate la pagina @riparambiente. Potete anche inviare quelle foto tramite mail a junior@cronachemaceratesi.it così che altri possano vederle ed essere ispirati a fare la stessa cosa!
Grazie!
Rina (la mascherina)