Collegamento con l’Uganda
«Le lezioni si fanno via radio
e i proff portano i compiti in motorino»

Collegamento con l’Uganda
«Le lezioni si fanno via radio
e i proff portano i compiti in motorino»

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MONDO – Il responsabile della organizzazione non governativa Avsi Marco Trevisan ha raccontato la pandemia nel paese africano in videoconferenza con la 4E del liceo scientifico Galilei. Tre anno fa la classe ha adottato una giovane studentessa della Luigi Giussani High School

Hig-School

Studenti del 4 E in collegamento con l’Uganda

Una mattina come tante altre. Prima ora Inglese, ma questa volta la lezione è un po’ diversa dal solito: a collegarsi con la classe, da Kampala, il responsabile della organizzazione non governativa Avsi Marco Trevisan e una ex alunna della scuola da loro gestita. Non è un incontro insolito per gli studenti e le studentesse della 4 E del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Macerata, solo che gli anni passati l’incontro con i responsabili in Uganda avveniva in presenza. Quest’anno non hanno voluto rinunciare al tradizionale momento di dialogo e l’evento si è svolto online. Da ormai tre anni la classe 4 E ha in adozione una giovane studentessa di una scuola superiore fondata da ugandesi con il sostegno di Avsi e di donazioni dall’Italia: la Luigi Giussani High School. Grazie al loro sostegno Hanifa, quindici anni, può lasciare la baraccopoli di Kampala ogni mattina e arrivare a scuola, dopo quasi due ore di cammino a piedi.

highschool

L’Hig School di Kampala

Marco Trevisan, ovviamente in inglese, racconta che «con il lockdown iniziato a marzo e durato fino a ottobre, seguire gli studenti è stato duro. Nelle baraccopoli non ci sono ipad e cellulari e il governo ha attivato delle lezioni via radio, ma non tutti ovviamente ne hanno una, così gli insegnanti della scuola hanno stampato le loro lezioni e col motorino sono andati a cercare gli alunni e a consegnare i compiti direttamente a casa loro». «Molti di questi ragazzini che vivono nella baraccopoli – racconta Gladis – si perdono e si avviano sulla strada della droga e della criminalità se non c’è un luogo educativo che li accolga e li protegga». La scuola frequentata da Gladis e Hanifa vuole essere questo: un luogo dove gli studenti si accorgono che gli insegnanti si interessano a loro. Tutto è cominciato per Marco quando, arrivato a Kampala per insegnare a riparare motori a un corso professionale per studenti, si è fermato a un semaforo e una bambina di strada ha bussato al finestrino per chiedere soldi. Soldi Marco non gliene ha dati ma le ha fatto una semplice e banale domanda: ‘What’s your name?’ Lo sguardo della bambina si è allargato e ha cambiato espressione. Era forse la prima volta che qualcuno le faceva quella domanda e ha cominciato a raccontare di sé e della sua famiglia. Marco ha capito che quella era la sua missione: aiutare i bambini di strada e si è subito coinvolto per la costruzione della scuola, una cattedrale in un deserto di povertà e emarginazione. Al termine dell’ora di lezione, una promessa. Di rivedersi a febbraio: gli studenti, la loro insegnante Chiaretta Capodaglio e tutta la classe di Hanifa. Nello spazio di un’ora la distanza tra Macerata e Kampala si è azzerata e la didattica a distanza, a volte faticosa, si è rivelata uno prezioso strumento di incontro.

 

La classe adotta la piccola Hanifa e le invia un regalo di Natale nella baraccopoli in Uganda



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