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Un viaggio divertente nella “scuola” della preistoria (con un laboratorio casalingo tutto da provare)
Da sempre l’uomo ha avuto il desiderio di esprimere le proprie emozioni, condividere le proprie esperienze e tramandare le conoscenze apprese. Oggi questa condivisione avviene attraverso i mezzi più disparati, attraverso i libri e naturalmente attraverso Internet. Ma questo processo di trasmissione delle conoscenze avveniva anche nel passato lontanissimo, ancora prima dell’invenzione della scrittura: nella preistoria.
Molti bambini e bambine della scuola elementare quest’anno si avvicineranno allo studio della preistoria e della vita degli antichi uomini delle caverne. E la vita dei bambini a quell’epoca quale sarà stata? Come si svolgeva la loro giornata e, soprattutto, in che modo acquisivano tutte le conoscenze necessarie per vivere in quel mondo così difficile e pericoloso? In altre parole: qual era la “scuola” dei bambini preistorici?
L’uomo primitivo ha imparato a sopravvivere cacciando animali, fabbricando utensili e facendo attenzione a ciò che mangiava. Ogni nuova conoscenza appresa, veniva trasmessa agli altri membri della tribù, spesso con l’aiuto di disegni, disegni, graffiti e sculture, ciò che noi definiamo “arte rupestre”. E così il saggio più anziano o il cacciatore più esperto diventavano veri e propri “maestri” e insegnavano agli altri come sopravvivere nella vita quotidiana. Solitamente gli insegnamenti legati alla caccia erano di competenza degli uomini, mentre le donne si occupavano di insegnare a lavorare la terra e la legna, pulire e cucinare la carne, piantare i semi e riconoscere quali frutti e piante fossero commestibili e quali velenosi. Grazie a queste conoscenze, spesso erano le donne che sapevano quali piante usare per curare le ferite dei cacciatori.
Possiamo perciò immaginare una specie di “lezione” che si svolgeva attorno al focolare che illuminava la tribù raccolta tra cui c’erano anche i più piccoli che ascoltavano con attenzione ogni racconto, ogni storia, magari immaginando un giorno di poter anche loro vivere quelle straordinarie avventure.
Osservando quelle antiche immagini, viene da chiedersi come facessero quegli uomini e donne della preistoria a rappresentare – senza penne, pennelli, tempere e pastelli – scene tanto raffinate e così splendidamente colorate? In realtà avevano degli ottimi strumenti! Esistevano due modi per “scrivere” sulle pareti: i graffiti, ottenuti graffiando la pietra con strumenti appuntiti per creare incisioni rupestri; e le pitture rupestri, realizzate spalmando o spruzzando sulla parete colori ben scelti. Numerosi graffiti o pitture sono presenti nelle caverne di Spagna, Portogallo, Francia ed anche in Italia, ma sono diffusi in tutto il mondo.
Le immagini rappresentate sono specialmente scene di caccia, di pesca e di vita quotidiana. Un’immagine che i bambini riconosceranno per essere rappresentata in tutti i libri di storia è la pittura rupestre del sito spagnolo Castellon de la Plana. La scena riproduce una vera e propria “lezione” di caccia: se osservate con attenzione, vedrete un bambino che accompagna il maestro per imparare a cacciare con arco e frecce. Imitando l’adulto, il giovane si accovaccia a terra in una posizione salda per prendere la mira e colpire la preda.
Nonostante la semplicità del disegno, le pitture rupestri potevano contare su colori vividi e vivaci che facevano risaltare le scene sulle pareti illuminate dal fuoco. Ma come si procuravano il colore e che strumenti avevano? I colori maggiormente utilizzati nella preistoria erano: il rosso, il giallo, il bianco ed il nero. Questi erano ottenuti dalla lavorazione di particolari materiali come: la terra d’ocra, l’ematite, il nerofumo, il calcare o il gesso da cui si otteneva il pigmento. Quest’ultimo, unito ad un legante animale o vegetale (grasso animale e resine naturali) diluito con acqua, poteva essere usato come una sorta di tempera per dipingere.
I primi strumenti usati per disegnare erano… le mani! Le dita diventavano i pennelli e le palme si trasformavano in “timbri” che lasciavano chiare impronte: quasi delle firme! In tutto il mondo si sono ritrovate pitture decorate con impronte di mani, come nella bellissima Cueva de las Manos in Argentina. Ma la creatività di quegli antichissimi uomini e donne era tale che le mani potevano essere usate in due modi diversi: per lasciare impronte “in positivo”, cioè immergendo la mano nel colore e poi imprimendola sulla parete.
Oppure per creare impronte “in negativo”: la mano veniva appoggiata sulla parete della caverna e se ne disegnava il contorno tamponando il colore con un dito, con un pennello vegetale, realizzato con piume, ciuffi di peli o d’erba, foglie o di paglia, o ancora soffiando il colore tutt’intorno attraverso una cannuccia…
Al Museo della scuola “Paolo e Ornella Ricca” di Macerata durante il laboratorio “Maestro delle caverne” i bambini possono fare un lungo viaggio nel tempo toccando con mano una realtà che altrimenti rimarrebbe sui libri. Immergendo le mani nel colore creato mescolando terre e acqua, non dovranno fare altro che scegliere se usare il pennellino preistorico o le loro mani e immergerli nel colore!
Nell’attesa di rivederci al Museo della Scuola però… perché non provate anche voi a realizzare la vostra pittura rupestre? Avete già tutto l’occorrente in casa… Non ci credete? Guardate sulla pagina FB del museo vi abbiamo lasciato una piccola “ricetta” per creare in casa i vostri colori preistorici (un bel giallo e marrone) e i vostri pennelli preistorici. E in un batter d’occhio sarete pronti per disegnare la vostra “Grotta delle mani” privata.