di Elisabetta Pugliese
Ci avviciniamo alla Pasqua, una festa che porta con sè moltissime tradizioni non solo religiose, ma anche civili e culinarie. Ogni anno mangiamo dei dolci tipici, anche tu starai aspettando con ansia di aprire il tuo uovo di cioccolato e di scoprire quale sorpresa contiene, o che non vedi l’ora di assaggiare un pezzettino di colomba. Si tratta di dolci particolari, comuni solo in questo periodo, che vengono creati dalle mani magiche dei pasticceri. Loro impastano, aggiungono, creano, decorano e tutto prende forma e arriva nelle case. Quest’anno, però, dobbiamo restare tutti a casa e molti artigiani hanno dovuto chiudere le loro attività per un po’ di tempo. Uno di loro è Fulvio Del Monte, originario di San Ginesio, fornaio da quando aveva 15 anni e divenuto nel tempo pasticcere (è il titolare dell’Arte Bianca e di recente ha aperto una pasticceria a Corridonia), che ha racconta il suo mondo fatto di panetteria e dolci, dalla nascita delle sue attività tramandate da generazioni, fino alla ricetta speciale delle pizze di Pasqua, che puoi preparare con l’aiuto di mamma e papà per aspettare tutti insieme le feste in arrivo.
Da quanto tempo fa questo mestiere? Com’è nata la sua passione per la pasticceria?
«Dico sempre che sono nato e cresciuto in una cesta di pane vicino alla mia nonna. Prima di tutto a 15 anni ho iniziato a lavorare come fornaio, ma il mondo dei dolci è complementare a quello del panettiere, sono due arti diverse che non si escludono fra loro, il bello è proprio questo: oggi un forno può vendere prodotti da pasticceria e viceversa. Diciamo che questa scelta è stata una naturale conseguenza della panetteria, per creare una sinergia commerciale».
Ha costruito questa attività da solo o le è stata tramandata dalla sua famiglia?
«L’attività è stata tramandata. Nel 1919, tornando dalla guerra, il mio bisnonno ha conosciuto la ragazza che sarebbe poi diventata sua moglie. Lei era una benestante del Veneto, la sua famiglia aveva scuderie e farmacie, ma a lei non interessava. Si innamorò del “fornaretto” in guerra, lasciò la sua casa e si trasferì nelle Marche, dove insieme aprirono un forno. Il mio bisnonno morì giovane, il tempo di fare tre figli, quindi lei poi si trovò a dover gestire l’attività tutta da sola, però poi l’attività fu tramandata a mia nonna. Mia madre ha portato avanti l’attività per un po’, poi ha lasciato. Diciamo che più che altro l’ha seguita mio zio e a tempo debito sono subentrato io. A 15 anni ho lasciato gli studi e ho iniziato a lavorare nel forno, eravamo solo io e i miei due nonni inizialmente, poi pian piano siamo cresciuti e ora siamo 20 collaboratori, due panetterie, una a San Ginesio e una a Macerata, e una pasticceria a Corridonia. Il mio non è un lavoro facile, i tuoi amici magari escono o vanno a ballare e tu lavori di notte. È una missione, senza la passione non riesci a farlo».
Come si è formato per diventare pasticcere?
«Ho fatto corsi di formazione, ma più che altro sono stato aiutato dalle aziende, perché alla fine i miei prodotti defluiscono anche in altre imprese più grandi. Periodicamente mi mandavano un tecnico, che restava con me nella mia attività per un periodo di tempo e mi formava. Non sono nato pasticcere, lo sono diventato grazie a questi corsi e i frutti si sono visti. Oggi sono titolare della pasticceria e mi occupo della supervisione, di fare gli ordini, ma ora nell’emergenza metto anche le mani in pasta. Ho insegnato io il mestiere ai miei collaboratori, si tratta di ricette tramandate dalla mia bisnonna. Nonostante i prodotti siano cambiati e si siano evoluti nel tempo, le ricette che utilizzo sono di base quelle di 101 anni fa».
Ora con il Coronavirus, le pasticcerie hanno chiuso e si sono fermate, ma come vi organizzavate per le festività pasquali prima dell’emergenza?
«Diciamo che l’emergenza è stata l’ennesimo duro colpo, diciamo che il “prima e dopo” più che altro possiamo riferirlo al prima del sisma del 2016. Facevamo tante preparazioni, cominciavamo con le colombe, le uova di cioccolato, gli agnellini e le pizze di pasqua mesi prima, subito dopo carnevale. Dal terremoto in poi tutto è cambiato, ora ovviamente la situazione è quella che conosciamo. Subito prima dell’emergenza, comunque, i tempi si erano accorciati di molto, facevamo tutto qualche settimana prima della Pasqua, non di più. La Pasqua per il settore pasticceria è un periodo importantissimo, come anche altre festività, il Natale ad esempio. Speriamo che potremo ricominciare molto presto a impastare i nostri dolci».
Ora che la pasticceria è chiusa, come passa il suo tempo? Continua a fare dolci anche a casa o si dedica ad altri interessi e hobby?
«La pasticceria è chiusa, è vero, ma vado comunque in panetteria a lavorare ogni mattina, a fare le consegne e molto spesso ad occuparmi delle vendite. In momenti difficili si fa questo ed altro. La sera preparo le cose per il giorno dopo, mentre il pomeriggio è il vero momento in cui resto a casa. E allora sto con la mia famiglia, aiuto i miei figli a fare i compiti e cerco di passare molto tempo con loro e con mia moglie. In fondo io non ho mai smesso di lavorare, è cambiato poco a livello lavorativo, anche se l’altra attività è quella che si è fermata del tutto».
Qual è l’ingrediente segreto per un buon dolce?
«Non esiste un ingrediente vero e proprio, ciò che conta di più è utilizzare prodotti di ottima qualità. A questo, ovviamente, si aggiunge un po’ di amore e un pizzico di passione e tutto viene perfetto! Poi concretamente dipende, ad esempio nei prodotti lievitati molto importante è la temperatura dell’impasto, che deve essere sempre tra i 26 e i 28 gradi. Un altro fattore da considerare è il tempo in cui concretamente si crea la massa di pasta, non si può prolungare il processo per un’ora o più, perché è un’attività che crea essa stessa calore e quindi altererebbe la temperatura dell’intero impasto. Ci vogliono i tempi giusti, ci si accorge che è pronto quando risulta liscio e compatto, non bisogna insistere oltre».
Quale ricetta possono fare bimbi e bimbe insieme alle loro mamme e papà per prepararsi alla Pasqua?
«Potrebbero impastare tutti insieme le pizze di Pasqua. La sera prima possono prendere mezzo chilo di farina, preferibilmente di una tipologia forte, come la manitoba, 30-40 grammi di lievito di birra a scacchettini e circa 300 grammi di acqua e mescolarli fino a creare un impasto. Si mette il tutto in una ciotola, si fa una croce sopra con un coltello facendo molta attenzione, si copre con un panno umido e si lascia riposare tutta la notte fino al giorno seguente. Al mattino, quando la palla di pasta è bella lievita, bisogna aggiungere nell’ordine: mezzo chilo di farina, 160 grammi di zucchero, poi 100 grammi di uova e 150 grammi di latte insieme. Si devono ovviamente inserire anche degli aromi, come la vaniglia e la buccia grattugiata delle arance. Quando l’impasto inizia ad amalgamarsi, si aggiungono 100 grammi di olio di semi di girasole. Come ultimo step, si mescolano anche 200 grammi di ciliegie candite e 50 grammi di uvetta. Dovrebbe venire fuori circa 1 chilo e 700 grammi di pasta, da cui si possono ricavare due o tre pizze di Pasqua. Si mette a lievitare il tutto nuovamente, non deve mai rimanere l’impronta del dito quando lo si tocca, altrimenti significa che è lievitata troppo. Alla fine, si cuociono le pizze in forno ventilato a 170 gradi per circa 40-55 minuti al massimo. A parte si montano 150 grammi di zucchero a velo con 50 grammi di albume per fare la glassa, si amalgama finché non diventa tutto abbastanza consistente e si fa colare sopra alla pizza appena cotta, lasciandola asciugare. Ed il gioco è fatto! Buona Pasqua a tutti!».