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martedì, Maggio 14, 2024

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Scuola di vita in Etiopia:
«Abbiamo salvato un bimbo orfano,
aveva un’infezione»

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I ragazzi e le ragazze dell’Istituto Superiore “Bonifazi di Civitanova in Etiopia

Per due settimane, alcuni studenti e studentesse del corso di grafica dell’Istituto di Istruzione Superiore “Bonifazi” di Civitanova sono volati in Etiopia per partecipare ad un progetto di sviluppo che i frati cappuccini delle Marche portano avanti da anni nella città di Soddo. Un’esperienza unica per i giovani, sia dal punto di vista formativo che da quello dei valori umani, che hanno potuto osservare da vicino, documentando il tutto con foto e video, un paese in cui si lotta per la sopravvivenza, ma nel quale l’amore che parte dall’Italia sostiene la popolazione, bella, gioiosa e piena di fede nella provvidenza. Patrizia Patrizi, docente dell’istituto, ha voluto raccontare in prima persona l’esperienza vissuta dagli studenti e dalle studentesse. 

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di Patrizia Patrizi, docente dell’Istituto di Istruzione “Bonifazi” di Civitanova

Si è conclusa oggi la straordinaria avventura dei 13 studenti e studentesse del corso di grafica e dei tre loro insegnanti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Bonifazi” di Civitanova, che per 15 giorni hanno vissuto sotto il cielo d’Etiopia. Il gruppo, partito a metà dello scorso febbraio, ha partecipato ad un progetto di sviluppo che i frati cappuccini delle Marche, da 50 anni, stanno portando avanti a Soddo, una cittadina a 200 chilometri da Addis Abeba. Un’esperienza che ha dato modo ai ragazzi e alle ragazze di coniugare solidarietà e formazione professionale. Da subito, infatti, gli studenti e le studentesse, guidati dal docente di fotografia Vincenzo Izzo, hanno messo in funzione macchine fotografiche e videocamere per documentare ogni particolare di una terra che si è rivelata sorprendente, sia per il paesaggio che per i suoi abitanti.

Dalla città di Soddo, precisamente dal “Villaggio dei ragazzi sorridenti”, dove il gruppo ha soggiornato, ogni mattina a bordo di una jeep, iniziava una vera “scuola di vita”: insieme ai frati cappuccini ed al loro staff, gli alunni e le alunne hanno visitato asili da inaugurare, scuole ed anche una università; tutte opere che da tempo i frati ed i loro benefattori italiani sostengono, in favore della poverissima gente del posto. L’educazione e la formazione sono, infatti, delle priorità in un paese che ha bisogno di svilupparsi: ecco allora le scuole, con i laboratori di meccanica e falegnameria in cui i giovani imparano un mestiere, guidati da artigiani ed ingegneri in pensione, che dall’Italia sono venuti in Etiopia per contribuire alla crescita delle giovani generazioni. Toccante e festosa l’accoglienza che i bambini “adottati a distanza” hanno riservato al gruppo, grati dell’aiuto economico che consente loro di poter andare a scuola e procurarsi l’indispensabile per sopravvivere. I ragazzi e le ragazze sono stati particolarmente toccati dall’incontro con un bimbo orfano di entrambi i genitori, che da tempo non riusciva più a camminare, un incontro provvidenziale per il piccolo: gli italiani si sono presi cura di lui, portandolo in ospedale, per curare un’infezione che sarebbe stata letale.

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L’amore totale e gratuito e il grande rispetto per la persona umana di cui sono capaci i missionari si sono resi particolarmente evidenti e commoventi nell’incontro con donne e uomini ciechi, il cui destino sarebbe stata la mendicanza se Abbà Marcello, così chiamano gli etiopi il sacerdote marchigiano che da 23 anni si prende cura dei più poveri di Soddo, non avesse dato loro l’opportunità di lavorare e mantenere le loro famiglie. Per vivere, producono mattoni in un contesto indescrivibile: le donne sminuzzano le zolle di argilla battendole con un bastone e gli uomini impastano la terra in un acquitrino. Quando gli studenti e le studentesse sono arrivati, hanno avuto l’impressione di un girone infernale, dove, però, invece delle maledizioni si sentivano cantare i salmi
della Bibbia. Al momento di andarsene, uomini e donne hanno voluto pregare con loro e augurargli ogni bene per il futuro. In quei quindici giorni, alunni, alunne e docenti hanno potuto conoscere i gravi problemi di una terra in cui si lotta per la sopravvivenza, ma anche constatare i frutti meravigliosi di un “circuito di amore”, che parte dall’Italia e giunge in Africa e che mira a sostenere un popolo bello, gioioso e pieno di sincera fede nella provvidenza.viaggio-in-etiopia-istituto-bonifazi-civitanova-2

Raccontava padre Marcello, fondatore del “Villaggio dei ragazzi sorridenti”, che i bambini di strada, dopo un serio percorso educativo basato su relazioni costruttive, regole, istruzione e libertà, tornano presso le famiglie di origine, da cui erano fuggiti, incredibilmente maturati e con di fronte interessanti prospettive per il loro futuro. Da fare invidia alle nostre scuole, la struttura del campus cattolico di Saint Mary, in cui studenti e studentesse poveri e benestanti, dall’asilo all’ultimo anno delle superiori, ricevono istruzione ed educazione da docenti etiopi. Da questa scuola, tra l’altro, sono usciti un ex primo ministro, il direttore della Banca Nazionale di Etiopia e l’attuale ministro della salute. Grande è il contrasto tra la bellezza e la fertilità del territorio, che produce banane, sicomori e caffè, e la vita che la gente conduce nei tukul, in cui non sembra esserci distinzione tra uomini e bestie. Molti gli interrogativi che gli alunni e le alunne si sono posti di fronte alla bellezza umana che hanno incontrato, pur dentro una miseria ed un dramma che mozzano il fiato. Intelligente e lungimirante è sembrato agli occhi dei tre docenti accompagnatori, il professor Izzo, Paola Diomedi e Patrizia Patrizi, il modo in cui i missionari laici e religiosi cercano di aiutare la popolazione etiope, in quanto non si limitano ad interventi di emergenza, ma mirano alla costruzione di strutture che nel tempo possano aiutare la popolazione a svilupparsi in autonomia. Ora per la piccola compagnia del “Bonifazi” tornata a Civitanova, inizia l’impegnativo e importante compito di raccontare, con parole e immagini, quello che hanno visto e vissuto. L’obiettivo è di produrre un libro fotografico e un video che documentino un’esperienza umana, di quel luogo e la loro personale, straordinaria.

 

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