L’articolo è stato scritto da Tommaso, Giuseppe, Giacomo, Livia, David, Melissa, Camilla, Leonardo, Martina, Elena, Leandro, Khady, Alessandro, Emanuel, Francesco e Sofia della seconda classe primaria del plesso Salvo D’acquisto dell’istituto Comprensivo “Ugo Betti” di Camerino.
Noi alunni e alunne della classe seconda della scuola primaria “Salvo D’Acquisto” di Camerino, venerdì 26 aprile siamo andati a Macerata con il treno! Che emozione! Molti di noi non c’erano mai saliti.
In storia abbiamo parlato dei diversi tipi di fonte, abbiamo intervistato i nostri nonni sulle loro abitudini di quando erano piccoli.
Quando si doveva decidere dove andare in visita guidata, le nostre maestre si sono messe alla ricerca su internet e … cerca cerca … hanno trovato il Museo della Scuola «Paolo e Ornella Ricca» di Macerata.
Telefonate, accordi, controllo degli orari, richiesta di autorizzazione per l’uscita, comunicazione ai genitori e il viaggio nel tempo ha inizio alla stazione di Castelraimondo alle ore 8:38. La metà di un vagone tutta per noi. Seduti comodi, larghi, a due a due. Proprio un mezzo di trasporto, sicuro e confortevole. Il display messo in alto a pendere dal soffitto fa apparire il nome delle città dove il treno si ferma.
Il cielo è nuvoloso e in stazione, a Macerata, c’è poca gente, ci dirigiamo a piedi verso l’edificio a mattoncini in via Carducci 63/a – I piano, sede del Centro di documentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico e della letteratura per l’infanzia e il Museo della scuola Paolo e «Ornella Ricca». Ci accoglie la giovane Lucia, ricercatrice con la quale avevano parlato le maestre e la professoressa Marta. L’attività didattica e formativa scelta comprende: la visita al museo con la partecipazione della classe al laboratorio scelto. Il nostro laboratorio, “Nonno … raccontami la tua storia”, «Mi ha fatto conoscere – dice Tommaso – nonno Cesare». Il simpatico nonno ci racconta quando andava a scuola. «A quei tempi – dice – solo chi aveva la merenda mangiava; chi non l’aveva non mangiava».
«A scuola al tempo dei nonni, le materie erano le stesse? E le punizioni? C’era la ricreazione?». Tantissime sono le domande che Francesco, Giuseppe, Sofia, Khady, David fanno. Noi alunni e alunne vestiamo i panni di veri e propri reporter per indagare sulla scuola del passato, guidati da un testimone d’eccezione: nonno Cesare. Una raccolta di fonti orali sulla storia della scuola attraverso una intervista rilasciata volontariamente dal “testimone della scuola”, un ex alunno che ha frequentato fino alla quinta elementare. «Nella sua scuola non c’erano i riscaldamenti – continua Tommaso – C’era una grande stufa di terracotta marrone dove si metteva la legna e, se sotto si metteva la mano, il fuoco ti scottava. Erano gli alunni a mettere i pezzi di legno dentro. Un tubo mandava fuori il fumo, se tirava vento, quel fumo tornava indietro e i maglioni dei bambini diventavano tutti neri. Non c’era l’acqua calda, solo la fredda. I bambini non erano tutti bravi, Cesare stava tra i medi. I bambini più cattivi erano puniti con le bacchettate sulle mani, dietro la lavagna con i ceci sotto le ginocchia. A quel tempo i colori non erano tanti, c’erano i pastelli a sei e gli acquerelli a dodici. Quando c’era un ospite, per far stare i bambini in silenzio, si suonava la campanella con una cordicella».
Si scriveva con il pennino intingendo nell’inchiostro e se non si stava attenti c’era il rischio di schizzare i compagni, ecco perché i grembiuli dei bambini erano neri! In questo modo le macchie non si vedevano! I maschi avevano un grande fiocco celeste, le bambine, rosa. Si usavano i quaderni piccoli, uno a righe ed uno a quadretti con la copertina nera; per asciugare l’inchiostro c’era la carta assorbente rosa o celeste da mettere tra un foglio e l’altro per raccogliere l’inchiostro in più. Non c’era lo zaino, ma la cartella che prima era di legno con una cinta in pelle in mezzo alla quale si mettevano il libro e il sussidiario. E le penne? Non sappiamo ancora dove erano messe per non perderle: ci siamo dimenticati di chiederlo a nonno Cesare. I bambini dalla prima alla terza classe andavano a scuola il mattino, dalla quarta alla quinta di pomeriggio. Tutti a piedi. Quando si tornava a casa si lavorava ed era difficile continuare a studiare. Nonno Cesare ha detto tante volte: «Studiate bambini, leggete perché chi legge sa! Impegnatevi!».
Chi aveva fatto un compito male rimaneva a scuola più a lungo e fuori della scuola non c’era nessuno ad aspettarlo per tornare a casa. Non si studiava musica. Per imparare le lettere dell’alfabeto avevano l’alfabetiere a muro proprio come noi adesso. Lasciavano il sussidiario sotto il banco. Le scuole erano a un piano con la casa per l’insegnante che arrivava il lunedì e se ne andava il sabato. Fino in terza c’erano maestre donne, poi anche maestri: Cesare ha avuto solo donne. Camilla ha fatto da videocameraman controllando le riprese dell’intervista.
Noi alunni vogliamo dire: «Grazie nonno Cesare». Concluso l’incontro con un questionario abbiamo raggiunto Piazza Mazzini per mangiare i panini preparati dalle nostre mamme. A piazza della Libertà ci aspettava la Torre civica con l’Orologio Astronomico. Lungo la passeggiata edifici pubblici e monumentali: il Palazzo del Comune, la loggia dei Mercanti, il Palazzo della Prefettura, la Chiesa di San Paolo e il Teatro Lauro Rossi ci hanno fatto da sfondo fino ad arrivare allo Sferisterio e poi, di nuovo in stazione, per obliterare, che strano verbo, il biglietto di ritorno e giungere a Castelraimondo alle 16,40 circa dove ci aspettano i genitori.
Il treno è un mezzo di trasporto che ti permette di viaggiare raggiungendo il posto scelto godendoti il tragitto. Ad ogni fermata gente che sale e che scende, con o senza valigie, ragazzi con gli zaini che vanno all’Università o se ne tornano a casa, una giovane di corsa che sale e un’altra che lo perde. È bello prendersi del tempo per riempirsi gli occhi e il cuore di storie e di paesaggi come abbiamo fatto noi venerdì 26 aprile.