«Io, piccola deportata:
speravo solo nella fine dell’incubo»

«Io, piccola deportata:
speravo solo nella fine dell’incubo»

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MACERATA – La scrittrice Lia Levi ha incontrato alunni e alunne della scuola Convitto e ha narrato loro i terribili anni della Seconda Guerra Mondiale

incontro_lia_levi-4Un incontro speciale ieri al Convitto Leopardi di Macerata, un incontro con l’autore che rimarrà vivo nella delicata coscienza di piccoli uomini e donne in divenire.
Lia Levi, vincitrice nel 1994 del Premio Elsa Morante – Opera Prima, con il libro “Una Bambina e basta” ha incontrato gli alunni e le alunne della scuola secondaria di primo grado del Convitto, per narrare, questa volta con voce di donna, i momenti salienti della sua infanzia, del suo piccolo io frammentato e impaurito di fronte allo spettro della deportazione, nei terribili anni della Seconda Guerra Mondiale.

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Dopo una breve presentazione della dirigente Annamaria Marcantonelli e i saluti della dottoressa Maria Teresa Baglione a nome dell’amministrazione scolastica provinciale, il flauto e la chitarra dei prof Montanari e Basilico hanno predisposto l’animo dei partecipanti ad accogliere e a cullare la sofferenza narrata.
Un modo diverso e generoso di incontrare gli alunni e le alunne: la scrittrice ha “incontrato” le domande dei ragazzi e delle ragazze, il loro bisogno di risposte e speranze, aprendosi ad una narrazione pacata, a volta condita da episodi curiosi in cui il destino ha giocato la sua parte, a volte invece più seria, e qui gli occhi delle scrittrice e dei partecipanti si sono velati, nella quale il suo narrare è apparso come un bisogno, una scrittura liberatoria dal punto di vista emozionale.

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«Narrare non è stato come togliere un tappo, perché quanto narrato è un vissuto che non ti lascia mai, è sempre con te. Narrare è portarlo al di fuori di te, comunicarlo e condividerlo» racconta la scrittrice.
«Come è stato tornare al dopo? Come immaginava il suo futuro?» e qui le domande si fanno sempre più empatiche.
«Abituarsi al peggio è stato durissimo, lento. Abituarsi al meglio è stato come uno scoppio, immediato. Il male si era bloccato». E ancora «quando si vive una situazione del genere non si pensa al futuro, si spera solo nella fine del male, dell’incubo. Ricordo però di aver scritto una lettera a me stessa Cara Lia ricordati che devi fare la scrittrice» scrive la Lia bambina alla Lia che un giorno sarà donna ed è con le copie del libro in mano che si chiude questo incontro, con una lunga fila di ragazzi e ragazze che, commossi, ricevono il loro autografo e ringraziano la signora Levi per la sua preziosa testimonianza.

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