di Paola Nicolini*
Il 13 novembre si celebra in tutto il mondo la giornata della gentilezza. È stata istituita nel 1997 a Tokyo ed è arrivata nel 2000 anche in Italia.
In questa giornata la parola d’ordine è “essere gentili”. Si vede che non ce ne ricordiamo tanto spesso, se no non ci sarebbe stato bisogno di dedicare una giornata in tutto il mondo per farci attenzione!
Per comprendere bene cosa significhi la parola gentilezza dobbiamo tornare indietro fino ai tempi dell’antica Roma, dove le persone venivano identificate con un “praenomen”, un “nomen” e un “cognomen”. Il praenomen corrisponde a quello che al giorno d’oggi è il nome; il nomen indicava invece l’appartenenza della famiglia a una “gens”, vale a dire a un insieme di famiglie discendenti da una stessa stirpe; il cognomen, infine, indicava la famiglia come ancora oggi si usa con il nostro cognome.
La parola gentilezza proviene proprio dal latino “gens”, vale a dire un insieme di famiglie, un clan di famiglie unite dal fatto di avere in comune uno stesso capostipite. Le persone che appartenevano alla stessa gens avevano doveri reciproci di assistenza e di difesa, potevano ereditare i possedimenti gli uni degli altri in mancanza di familiari più diretti e venivano sepolti negli stessi luoghi. Così l’essere “gentili” implicava di adottare un comportamento più fraterno rispetto a quello di norma tenuto rispetto a estranei di altre gentes, anche se magari, vista l’ampiezza di queste gentes, i gentili fra loro qualche volta non si conoscevano nemmeno.
Essere gentili, oggigiorno, significa perciò esprimere un atteggiamento di rispetto e di cura anche quando i rapporti sono meno stretti di quelli familiari. Si tratta di assumere atteggiamenti benevoli e genuinamente disinteressati. Questa giornata quindi ci ricorda di essere attenti a quelli che ci stanno vicino, di essere cortesi con dei piccoli gesti, di avere pazienza, di saper ascoltare, di prenderci cura degli altri.
Oggi per celebrare la giornata della gentilezza potresti ad esempio aiutare tuo fratello a finire di preparare le cose per andare a scuola, se vedi che è in ritardo; aprire lo sportello dell’auto alla tua mamma che ha in mano la sua borsetta e una sportina con la spesa; passare la gomma per cancellare alla tua compagna di banco che si è accorta di averla lasciata a casa; portare al nonno gli occhiali che sta cercando e che non riesce a trovare; raccogliere la penna che è caduta al babbo; chiamare una tua amica al telefono per salutarla; entrare a scuola lanciando un sorriso alla bidella sul portone; fare una composizione con foglie colorate che in questi giorni sono cadute dagli alberi e portarle al maestro… Ci sono tanti modi per essere gentili! La gentilezza fa crescere le relazioni. La gentilezza produce benessere sia in chi la pratica sia in chi la riceve. La gentilezza smorza l’aggressività e la rabbia. La gentilezza ha il potere di addolcire l’atmosfera e di rilassare le tensioni. Oggi, perciò, appena potete “praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”.
Non è sempre semplice essere gentili, a volte bisogna allenarsi e per questo ci sono tanti giochi messi insieme da Luca Nardi, un esperto di attività motorie: http://www.igiochidellagentilezza.it/
Oggi potresti chiedere ai tuoi insegnanti di farvi giocare al gioco delle PAROLE (GENTILI) INCATENATE (da Giocopedia)
ETÀ: dai 6 ai 10 anni
PARTECIPANTI: dai 10 a un massimo di 30
AMBITO: scuola
AMBIENTE: ovunque
DURATA: dipende anche dalla voglia di stare al gioco, comunque mezz’ora circa
MATERIALE: post-it, pennarelli, nastro e spillatrice
DESCRIZIONE: a ogni bambino/a viene consegnato un post-it e un pennarello, invitandolo/a a scrivere una parola che richiami la “gentilezza”. Quando tutte/i hanno scritto la loro parola e se la sono posizionata sul petto, in cerchio, si procede alla lettura perché tutti/e conoscano cosa è stato scritto dai compagni/e. A questo punto, si fa la conta per scegliere un primo bimbo/a che rappresenterà l’inizio della “catena”: il/la designato/a “declamerà” a voce alta la sua parola e chiamerà una di quelle scritte dai compagni che reputa possa collegarsi alla sua. L’amico/a lo/a raggiunge e si prendono per mano; ora, tocca al nuovo/a arrivato/a andare avanti e si procederà così fino a che la “catena mano nella mano” non sarà completa. A questo punto, la difficoltà da superare in collaborazione, è riuscire a muoversi nello spazio: aula, salone, scale, giardino, evitando che la “catena si spezzi”. Il traguardo prestabilito è il giardino: una volta giunti qui, le insegnanti svolgeranno un nastro dalla cima della catena fino alla sua fine, porgendone il capo al primo bambino/a che vi si attaccherà e che sarà da esempio ai compagni che faranno altrettanto. Con la spillatrice, si appunteranno al nastro i tanti post-it dei bimbi/e così da ottenere una sorta di “festone della gentilezza”. I/le bambini/e, sempre tenendo stretto il nastro, si muovono ancora in “serpentone” per arrivare al cancello della scuola e qui attaccare tutti/e insieme il loro “movimentato prodotto”.
CONOSCENZE GENTILI ALLENATE: collaborazione, parole gentili
PROPOSTO DA: Classe 2°B, scuola Primaria Oltrera, I.C.Gandhi, Pontedera (Pi) Anno 2017
*Università di Macerata