venerdì, Novembre 15, 2024

Pista e Pasquella, la vera Epifania

FOLKLORE - Il canto benaugurale si eseguiva nelle case di campagna per portare allegria in cambio di vino e cibo. Se si era fortunati si riusciva a gustare anche qualche salsiccia fresca. Scopri le storia del territorio con il gruppo Petrio' 'mmia

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Il gruppo di musica popolare Pitrio’ mmia

Si avvicina l’Epifania, la scuola è chiusa, arriva la Befana e l’inverno si inizia a far sentire. Ma che cosa significa questo periodo nella tradizione della campagna e del nostro territorio? Tutto si può spiegare con un canto antichissimo, la Pasquella, che con allegria ci riporta subito indietro nel tempo, quando la vita si celebrava nei campi. Nella Pasquella i suonatori vanno di casa in casa portando l’annuncio della venuta del Bambin Gesù, augurano la fortuna per l’anno entrante e chiedono in cambio cibo e vino. Il canto ha una struttura tipica che si è tramandata nei secoli ma spesso i suonatori quando la eseguono aggiungono delle nuove strofe inventate che parlano delle persone o dei fatti che sono accaduti nel posto in cui stanno cantando. «In passato, – spiega Domenico Ciccioli del gruppo Pitrió’ mmia – quando la tradizione della Pasquella era ben radicata, c’era sempre molta attesa, nelle case del contado, per i suonatori che venivano puntualmente accolti con allegria e generosità».

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Il gruppo all’opera

COM’ERA LA PASQUELLA? –  I suonatori arrivavano in ogni casa, chiedevano con cerimoniale cortesia il permesso di poter suonare la Pasquella (permesso che veniva negato solamente nelle case col lutto, dove comunque veniva offerto qualche dono), la famiglia si riuniva e, mentre tutta la gente ascoltava il canto e l’organetto, la vergara, cioè la donna di casa, si preoccupava di prendere doni in natura da dare ai suonatori. Quando l’atmosfera era propizia, si faceva anche qualche stornellata di Saltarello, un altro ballo particolarmente festoso.

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Il gruppo nei campi

Il periodo della Pasquella è anche quello della pista, cioè l’uccisione del maiale e la lavorazione delle sue carni (altro rituale sentitissimo nelle nostre campagne, che si doveva effettuare assolutamente durante la luna vòna, ossia luna calante), per cui i suonatori ricevevano spesso in dono anche qualche salciccia. Nessuno dava mai denaro ai suonatori: l’usanza era quella di dare omaggi in natura. Il denaro, d’altronde, non era una cosa molto presente nelle povere case dei contadini di allora. Solo in epoca recente è venuta l’abitudine di offrire denaro.

Nel video la Pasquella dell’entroterra del maceratese eseguita per le strade di Montecarotto di Ancona nell’ambito della Rassegna nazionale della Pasquella. Si ringrazia il gruppo Pitrio’ ‘mmia per la collaborazione alla scrittura di questo articolo.

 

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