di Donatella Donati
La buona scuola di cui tanto oggi si parla, su cui punta la ministra dell’istruzione che cerca di far conoscere e propagandare anche con gli spot e la pubblicità più o meno indovinata, a mio parere trova ancora molti ostacoli alla sua realizzazione. Uno dei problemi che si evidenzia in tutti i gradi dell’istruzione è quello di riuscire a coinvolgere gli studenti nei programmi di studio captandone l’attenzione e impedendo quel confuso chiacchiericcio che è difficile tenere a bada in una classe quando l’insegnante parla o spiega senza ricorrere a modi forti e punizioni. L’attenzione è suscitata dall’interesse e se l’interesse manca per le più varie ragioni, scelta non motivata dell’indirizzo scolastico, abitudine ad ascolti saltuari per il condizionamento degli strumenti tecnologici, qualche incapacità dell’insegnante a credere in quello che fa e a suscitare amore per la cultura e programmi di studio qualche volta tradizionali e ripetitivi, è difficile ottenere risultati convincenti. A molti studenti si addebitano uno scarso impegno per gli argomenti scolastici in genere e poca partecipazione alla costruzione della cultura. Mi dicono che questo succede anche all’università nelle facoltà non scientifiche, specialmente in quella di preparazione all’insegnamento dove alcuni professori lamentano l’indifferenza degli studenti per le materie di studio e l’insopportabile mormorio nell’aula. Una volta bastava un richiamo perentorio, silenzio, smettetela, nessuno vi costringe a stare qui, per calmare una classe indisciplinata, un gruppo di ascoltatori disincantati, ma oggi queste formule benevole hanno scarso successo.
E allora? A mio parere manca quella educazione all’ascolto e all’intervento regolato nella conversazione che già inquina il rapporto familiare, educazione all’ascolto a cui i genitori poco badano e che è invece alla base del rapporto civile anche in famiglia. Quanto alla scuola è sui contenuti che si deve ragionare e sul modo con i quali trasmetterli. Ormai molti insegnanti hanno seguito corsi di utilizzo dei mezzi informatici per dare alla loro lezione maggiore versatilità. C’è stata resistenza per questo aspetto formativo e spesso il rifiuto psicologico degli insegnanti per un nuovo tipo di lezione può essere la causa delle difficoltà di ascolto degli studenti. Il libro non è sacro anche se importante e necessario, il libro non è tutto perché le stesse informazioni che dà possono essere trasmesse attraverso racconti per immagini che giungono più direttamente alla memoria con l’utilizzo della visione. Eventi di violenza, di persecuzione e bullismo, l’aggressività che sembra aumentare anno dopo anno e che non possiamo negarlo si manifesta soprattutto con azioni violente contro le donne, ci dicono che una scuola buona deve essere una scuola che educa ai buoni sentimenti.
Ancora una volta bisogna dare atto all’importanza delle discipline umanistiche attraverso le quali è più facile far passare quei messaggi di civiltà e di rispetto reciproco che sono la sostanza della vita di relazione, da quella ludica a quella scolastica, a quella di lavoro. Mi viene da pensare che se anche con i numeri si può insegnare la correttezza dei calcoli e della soluzione dei problemi, con le parole della letteratura e dell’arte si può fare di più, aprendo le intelligenze verso orizzonti più ampi e modi di sentire più profondi. Faccio un esempio banale partendo dai Canti di Leopardi mai tanto di moda come oggi, citati continuamente e apprezzati da tutti i cultori della poesia. Finanche la chiesa si è mossa per risarcirlo delle cattiverie che in passato gli ha fatto e il film di Martone ha avuto lo scopo non solo di raccontare una vita ma di comunicare la bellezza del suo svolgersi. In genere però gli insegnanti dal grande patrimonio letterario leopardiano estraggono le poesie più comuni, l’Infinito, La quiete dopo la tempesta, La ginestra e il suo invito alla fratellanza ed altre analoghe liriche.
Per muovere sentimenti più forti e per insegnare ai giovani a riconoscerli, a provarli, a sperimentarli nel rapporto tra i sessi sono le poesie d’amore di Leopardi che dovrebbero soprattutto essere oggetto di studio e di approfondimento. La linea che percorre i suoi canti e li unisce seguendo passo passo il crescere dell’età, il cambiamento delle sensazioni e delle percezioni è quella dell’amore. Nell’adolescenza il canto “Il primo amore” esprime quelle tenerezze e quelle confuse sensazioni spirituali e materiali che caratterizzano il primo innamoramento, cosicché ciascun adolescente può in quella poesia ritrovare e rifletterci sopra i suoi primi sentimenti d’amore. Nel canto La sera del dì di festa, tutti i confusi e forti sentimenti che la giovinezza prova di fronte all’incontro con l’altro, danno un senso di commozione e sono un argomento di riflessione su sé stessi. Infine il canto Il pensiero dominante, ha una forza di incredibile vigore, quella che nella giovinezza matura significa innamorarsi facendo concentrare tutte le intuizioni intellettuali, morali e fisiche sulla persona oggetto del proprio amore. Quell’amore è chiamato da Leopardi possente e dominatore di ogni atto della propria vita, spinta vigorosa tra realtà e sogno e soprattutto bene sicuro offerto dai celesti agli esseri umani.
Se gli insegnanti riuscissero, senza retorica, a far parlare con le immagini usate da Leopardi i sentimenti degli studenti, potrebbero insegnare loro ad uscire dalla superficialità con la quale oggi quasi tutti i giovani affrontano i rapporti d’amore sfogando poi le loro delusioni con la violenza e la rabbia. Anche Leopardi ripensando all’ultimo suo innamoramento per la nobildonna fiorentina Fanny-Aspasia in modo spontaneo accusa le donne di insensibilità e incapacità di amare, ma non usa il coltello, solo una amara riflessione sull’esito di un suo amore deluso. Siamo di fronte quotidianamente ad un montare della violenza tra i più giovani spesso maschi ma talora anche femmine e ci poniamo il problema del cosa fare per attenuare questa crisi mondiale dell’adolescenza che prelude poi ad atti più inconsulti nella maturità. Papa Francesco attraverso la forza della Misericordia pensa che sia possibile cambiare le coscienze, non basta, ci vogliono esempi di adulti civili e puliti, intelligenti e affettuosi, generosi e comprensivi. Una spinta pur piccola all’interruzione di un male sociale in aumento