di Donatella Donati*
Inverno del 1944. Sono giornate buie e nevose, il freddo è quasi insopportabile a scuola perché non c’è riscaldamento. In una classe di prima liceo classico a Recanati sette ragazze e venti ragazzi fanno fatica ad ascoltare le lezioni. Entra il preside, con la camicia nera e un grosso distintivo del partito fascista sul risvolto della giacca. Ha occhi azzurri freddissimi. Si rivolge ad uno degli studenti, visibilmente più grande degli altri, che sono tra i 14 e i 15 anni. Si chiama Alberto Patrizi ed è entrato al liceo quell’anno, uscendo dal Seminario. «Tu, Patrizi – gli dice – hai compiuto 18 anni e devi arruolarti nell’esercito fascista della Repubblica Sociale. Entro domani devi presentarti alla caserma e al comando tedesco». Tutti rimangono allibiti e impauriti. Il giorno dopo Alberto non è a scuola ma voci amiche raccontano che ha raggiunto i partigiani nell’ascolano. Non entrerà nell’esercito fascista. Passano giorni inquieti e tristissimi. Gli studenti di quella prima liceo riescono appena ad ascoltare i professori, l’unico che li attrae è quello di filosofia, un giovane tornato dalla guerra con un braccio inerte.
Passa poco tempo e arriva una notizia funerea: Alberto è stato fucilato a Montalto insieme ad altri giovani partigiani. Aveva solo 18 anni e non aveva ancora cominciato a vivere la sua vita. La notizia è sconvolgente, il preside entra in classe di furia e dice: «Patrizi ha avuto la sua lezione, adesso tocca a voi, dovete iscrivervi al partito fascista». Tre ragazze molto giovani si alzano in piedi, una, appena quattordicenne a voce altissima grida: «Noi non ci iscriviamo a un partito che uccide i nostri compagni di scuola!» Il preside, infuriato, se ne va sbattendo la porta. Passano pochi giorni e arriva la pagella del secondo trimestre. Le tre ragazze che hanno protestato hanno 7 in condotta e una lettera nella quale si dice che non saranno promosse alla classe successiva. Mirella, Graziella e Nola ricevono dai compagni parole di conforto ma nessuno di loro protesta per l’ingiusto trattamento. Col cuore in gola aspettano l’arrivo della primavera, ma a quel momento un fatto imprevisto: gli Alleati sono sbarcati ad Anzio, l’esercito americano è entrato a Roma e l’ha conquistata ed ora sta avanzando verso l’Umbria e le Marche. Il giorno dopo questa notizia, la presidenza è vuota. Il preside ha portato via le sue carte e se n’è andato a rifugiarsi in un paese vicino, dove poi sarà ritrovato e cancellato dall’elenco dei presidi. Una piccola storia, questa, in una piccola città, ma un esempio di resistenza.
*Donatella Donati, professoressa e studiosa maceratese