Giustizia riparativa tra rabbia ed empatia, gli studenti confrontano le loro idee. Più di cento i partecipanti tra le classi del liceo scientifico “Galilei” di Macerata, iscritti Unimc e docenti hanno partecipato ieri mattina al laboratorio didattico “Va in scena la giustizia riparativa” che si è svolto nella facoltà di Filosofia nell’ambito del Festival Humanities.
L’investimento di due pedoni procurato da un giovane alla guida ubriaco, caso di cronaca, realmente accaduto, è stato lo spunto per riflettere su un modo diverso di applicare la giustizia.
Ragazzi e ragazze divisi in gruppi hanno affrontato il caso da più punti di vista, da chi ha provocato il danno a chi l’ha subito, dai familiari coinvolti ai giornalisti, fino ai passeggeri e ai creatori di storytelling.
Un confronto e un cambio di prospettiva che ha fatto apparire evidenti gli effetti della giustizia riparativa.
Nel video qui sopra le interviste fatte nell’ambito del laboratorio alle docenti responsabili Lina Caraceni e Paola Nicolini
Le professoresse Paola Nicolini e Lina Caraceni che hanno curato il laboratorio hanno sottolineato: «La giustizia riparativa è una soluzione a lacune, anche di tipo psicologico, difficili da colmare, con la giustizia tradizionale»
Il gruppo che si è messo nei panni di chi ha provocato il danno (con Lina Caraceni), ha analizzato le emozioni emerse quali spavento e paura. Riflettendo sulla giustizia riparativa, hanno sottolineato come rappresenti «un cambio culturale e come sia fondamentale per il reinserimento del reo nella società. L’esperienza simulata dà un valore aggiunto».
Non è stato semplice neanche capire cosa avessero provato coloro che hanno subito il danno come ha evidenziato il gruppo di Veronica Guardabassi. Gli studenti invitati a capire le motivazioni dei familiari del ragazzo che ha provocato il danno (con Michele Feliziani), hanno avuto reazioni differenti: «Alcuni di noi sono stati più comprensivi, altri hanno parlato di fallimento totale da parte dei genitori».
Ragazzi e ragazze che si sono immedesimati nei familiari di chi ha subito il danno (guidati da Tiziana Montecchiari) hanno sottolineato la rabbia, la violazione e la vera e propria vendetta. Solo dopo la riflessione sono emerse anche comprensione e orgoglio: «Siamo rimasti comunque fermi sulla condanna per l’accaduto e sulla chiarezza della legge sul fatto di non mettersi alla guida dopo aver bevuto alcolici».
Cambio di prospettiva anche per il gruppo che si è messo nei panni dei due giovani trasportati nell’auto guidato da Carla Danani: «Abbiamo potuto considerare anche come poter agire evitando quanto accaduto».
Ogni gruppo ha prodotto un documento scritto, lettere di diverso tenore, tono e contenuto. Un punto in comune: una riflessione di base che ha portato ad una profondità e ad un linguaggio contenuto e accurato. Testi che mai e poi mai avrebbero potuto trovare applicazione nella messaggistica istantanea o nei social.
(L’articolo è stato realizzato nell’ambito dell’iniziativa dal gruppo chiamato a fare la cronaca del laboratorio guidato da Alessandra Pierini)
Qui sopra il video realizzato dal gruppo incaricato della ricostruzione tramite storytelling multimediale guidato da Alessandro Maranesi