sabato, Luglio 27, 2024

Il professor Giorgio Quintili,
memoria storica di Corridonia: «E le chiavi dei monumenti le ho io»

L'INTERVISTA ad un uomo dalle mille risorse, che vive in un paese colmo di storia, che ci porterà indietro nel tempo con aneddoti e racconti

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Il professor Giorgio Quintili

di Elisa Bassi*

Grazie agli aneddoti e le curiosità raccontati sapientemente dal professor Giorgio Quintili, Corridonia  sembra avere una sfumatura diversa. Non è infatti il silenzioso paese che racconta di essere bensì uno scrigno di cultura e di ricordi.

Prima di iniziare le chiederei se è nato a Corridonia e quanti anni ha?
«Sono nato il 29 giugno 1946 a Macerata e cresciuto a Passo Colmurano in una casa cantoniera abitata da 13 persone. Fondamentalmente ho avuto un’infanzia bella e tranquilla. Dopo la morte di mio nonno le 3 famiglie che vi risiedevano si sono divise. Trasferendomi a Corridonia, ho iniziato a vivere una vita un po’ più complicata dal punto di vista economico e questo mi ha portato a fare diverse esperienze. Per raccontarti qualcosa di simpatico, un giorno per fare il sugo ho preso una fionda e sono andato alla Villa Fermani per catturare qualche passerotto da far cucinare a mia madre. Pensa come erano diversi i tempi.»

Cosa ha fatto sbocciare la passione per la storia del suo paese?
«Due cose principalmente. Prima di tutto la scoperta all’interno dell’archivio parrocchiale della famosa Rivolta delle Montolmesi. Donne che secondo la realtà vescovile non erano in grado di partecipare ad una processione in notturna perché nell’oscurità potevano avvenire atti osceni. A causa di questa accusa si sarebbero ribellate. Sono rimasto dunque colpito di ritrovare questi rimandi all’interno dell’archivio che ha subito colto il mio interesse. Sono laureato in lettere e filosofia e ho studiato che la prima rivolta è quella delle Suffragette nel 1850 mentre quella delle Montolmesi si svolse nel 1737 e non l’ho ritrovato in nessun libro scolastico.
La seconda cosa è stata l’aver visto nei registri delle celebrazioni della chiesa di Sant’Agostino 7 firme autentiche di Martin Lutero. Aveva dunque nel 1510 celebrato ben sette messe in questa chiesa a Corridonia. Per me è stato l’inizio dell’enorme passione come storico e conoscitore.
L’archivio a causa di uno sconosciuto è stato depredato e successivamente mi è stata data la responsabilità di tenerlo in ordine e di controllare che non perdesse il suo enorme valore. Non sempre è stato semplice, soprattutto per la quantità di importanti documenti che ci sono: ad esempio una pergamena di Papa Giovanni XXII del 1321 che ha effettivamente un valore economico come tanti altri presenti qui. Mi sono state fatte varie offerte di vendita ma sono sempre rimasto convinto dell’idea che siano beni della comunità e abbiano un’importanza e una storia da poter tramandare. Detto ciò, mi è stato proposto di riordinare l’archivio e sono partito dalla sezione segreta che nessuno poteva visionare. Sono persino arrivato a gestire la pinacoteca civica per 5 anni, ho avuto l’onore di possedere la chiave della chiesa di San Francesco, della biblioteca e dei sotterranei che sono pieni di storia.»

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La chiesa di San Francesco con la sua torre

Ho partecipato ad una Camminata per Corridonia diversi anni fa organizzata da lei e sono rimasta impressionata da quante conoscenze possiede, quali altre iniziative ha organizzato?
«Allora, fammi pensare…ricordo bene 3 mostre: la prima su tutti i possedimenti interessanti della parrocchia di Corridonia: documenti, vesti e opere. Contemporaneamente la ricostruzione della confraternita della Morte e della Preghiera. In una settimana l’hanno visitata almeno quattromila persone. Un’altra mostra su tutte le confraternite del paese e di come quest’ultime abbiano aiutato anche tantissime famiglie in difficoltà con prodotti di prima necessità senza però volere nulla in cambio. L’ultima, la mia preferita, su padre Matteo Ricci e i missionari nativi di Corridonia. Ci siamo adoperati per creare stemmi cinesi, porte orientali di 4 metri, i tipici draghi colorati che attraversavano tutta la Chiesa lasciando estasiato anche il vescovo oltre a tutta la popolazione.»

Prima di andare in pensione che lavoro svolgeva? Si è sempre dedicato alla storia?
«Ho fatto il professore per 35 anni e 8 mesi, ho iniziato per scherzo per poi rimanere in questo ambito per tantissimo tempo. Ho insegnato italiano prendendo poi la cattedra come professore di “religione” come la chiamate voi giovani. Non l’ho mai accettato, per me religione è la preparazione che fanno i ragazzi e le ragazze per i sacramenti. Io insegnavo “Progetto Uomo”: crescevo i miei ragazzi, parlavo dei loro interessi di vita, delle esperienze, dei rapporti sociali con le altre persone, un vero e proprio processo di crescita.»

Avendo vissuto per molto tempo a Corridonia quali cambiamenti ha avvertito?
«Che domanda difficile, c’è stato un cambiamento radicale su tutti. In particolare credo che la tecnologia abbia influito molto, le persone a poco a poco non hanno più nemmeno il bisogno di uscire di casa. Prima si facevano serate conviviali, si preparava la cena per tutti, si giocava a carte o si ballava passando qualche ora insieme. Per non parlare dei campi scuola che organizzavo con i miei ragazzi, ognuno aveva una sua mansione, un suo talento. Prendevamo le decisioni tutti insieme, dal banale scegliere cosa cucinare per pranzo alla meta per la gita successiva. Si creava un’amicizia con poco. Un altro esempio potrebbe essere “la Contesa della Margutta” la rievocazione storica che in passato si faceva sempre a settembre ma a poco a poco nessuno è stato più disposto ad aiutare nell’organizzazione perché spesso in quel periodo si va in vacanza e in ogni caso non si ha tempo da dedicare a questa bellissima manifestazione. Ognuno ha iniziato a pensare per sé, si è persa l’unione spontanea tra le persone. Pensa al semplice chiedere al vicino un po’ di sale se lo abbiamo terminato o un po’ di pane per farci un panino. È assurdo come preferiamo prendere la macchina e andare al supermercato piuttosto che chiedere aiuto e quindi socializzare. Mi manca quell’allegria e quello spirito e so per certo che non si tornerà mai più indietro.»

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La chiesa dei santi Pietro, Paolo e Donato

Le viene in mente qualche aneddoto che può incuriosire i giovani?
«Tornando al discorso di prima, riporto alla luce un ricordo felice di uno spettacolo che si teneva tutti gli anni in teatro qui a Corridonia. Chi sapeva cantare, cantava. Chi sapeva suonare, suonava. Chi sapeva recitare, recitava. Chi non sapeva fare niente di tutto questo? Beh, apriva e chiudeva il tendone del palco, portava via i vari oggetti scenici e si occupava di intrattenere il pubblico nei momenti morti…anche se in realtà questo era compito mio. Sono infatti anche bravissimo a raccontare barzellette o almeno così dicono. Insomma tutti erano importanti per la buona riuscita dell’evento. La parola inclusione è sempre stata nel mio vocabolario. I giovani vanno inclusi nelle decisioni, senza forzarli o fare tutto al posto loro. Siate i protagonisti delle vostre vite.»

Qual è il posto che preferisce di Corridonia?
«Ne ho più di uno in realtà. Parto dalla torre della chiesa di San Francesco, in piazza. Se sali fino in cima rimani estasiato. Vedi i monti Sibillini, il Gran Sasso, la città di Fermo, il mare, fino ad arrivare al Monte Conero. Poi beh, questa chiesa, quella principale dei santi Pietro, Paolo e Donato. Ci sono cresciuto, ho contribuito a tante iniziative per più di 35 anni e sono innamorato soprattutto dei sotterranei. Il terremoto non li ha danneggiati, se qualcuno mi chiedesse di visitarli le chiavi ce le ho io.»

*Elisa Bassi, studentessa del liceo linguistico “Giacomo Leopardi” di Macerata. Articolo realizzato durante il Pcto (ex alternanza scuola lavoro)

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1 COMMENT

  1. Grazie mille, Cara Elisa, perchè mi hai svelato cose di Giorgio che non sapevo. E comunque, quelle conosciute sono vere… Come adesso Giorgio Quintili ci fa da cicerone nell’ossario della chiesa parrocchiale di San Pietro, dove si possono vedere le prime fondamenta della cappella carolingia di Pipino il Breve, poi quelle del gotico-romanico e infine quelle del Valadier, mi aururo di essere ancora in vita qualdo Giorgio ci illustrerà l’ossario della chiesa di San Francesco, dove – dice perchè lo ha visto – si trovano i morti della battaglia di Montolmo contro Francesco Sforza, fino al cadavere mummificato di bimba dei Nobili Bartolazzi, oltre ad uno scorcio del muro affrescato nel Medioevo, una prelibatezza che esisteva prima del rifacimento plastico e indegna dell’interno nell’800. Giorgio si danna quando ricorda gli sfregi dei nostri tempi da parte di ignoranti amministratori, costruttori e uffici istituzionali. Cito solo le grondaie settecentesche in cotto di due case del centro storico, distrutte per mettere quelle in metallo di oggi. E nessuno ha mosso un dito per fermare lo scempio. E l’ignoranza nell’indicare le date delle porte della cinta muraria, di cui una datata 700 d. C. Ossia, quando ancora la città non esisteva. Di fronte a Macerata la Colta, noi di Corridonia, nome fasulla dato dal Regine fascista, facciamo la figura dei peracottari.

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