L’articolo è frutto di un lavoro di un gruppo di studenti e studentesse del corso Metodi e tecniche di analisi dello sviluppo umano, condotto dalla Prof.ssa Paola Nicolini, che si sta occupando di temi connessi alla Giustizia Riparativa all’interno del percorso magistrale in Scienze filosofiche all’Università di Macerata.
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di Maia Barilari con Federica Bucci, Alessia Ciarrocchi, Valeria De Paola, Alessandro Maranesi, Ilaria Medei e Carmen Ruggieri.
In questo ultimo anno, pieno di incertezze, tutte le alunne e tutti gli alunni sono stati costretti a vivere la scuola “a distanza” almeno per un certo periodo, seguendo le lezioni dal computer e salutando amici, amiche e insegnanti attraverso uno schermo. Non è stato facile e non eravamo preparati a una tale sfida, ma questa situazione ci ha anche aiutato a capire meglio quanto sia bello andare a scuola, incontrarsi e stare insieme a compagne e compagni, maestre e maestri, professori e professoresse.
La classe è un luogo prezioso di crescita, in cui tutti e tutte abbiamo la possibilità non solo di apprendere e di socializzare, ma anche e soprattutto di sbagliare. Quante volte abbiamo sentito ripetere il detto “Sbagliando si impara”? Lo sappiamo e lo diamo per scontato, ma gli errori possono davvero essere fondamentali nel nostro percorso di crescita individuale, se li riconosciamo e li teniamo a mente.
Gli “sbagli” di cui però vorremmo parlarvi oggi non sono quelli che l’insegnante segna sul quaderno, né quelli per cui una gomma basta a cancellare la traccia. Si tratta piuttosto di quel tipo di “errori” che possiamo compiere a danno degli altri e delle altre, le cui conseguenze – di cui possiamo essere più o meno consapevoli – coinvolgono altre persone. Può capitare, ad esempio, di dire o fare qualcosa che offende qualcuno o qualcuna, di compiere azioni per rabbia o per vendetta, di fare uno sgarbo o di trattare male un amico o un’amica. Queste azioni creano una frattura nella relazione, una crepa che si apre tra chi ha compiuto il danno, la persona che lo ha subito e coloro che fanno parte della stessa comunità. Per fare un esempio, quando un bambino o una bambina prende in giro un compagno o una compagna, il problema non si ferma ai due protagonisti, ma riguarda tutta la classe: chi ha offeso e chi ha subito l’offesa come protagonisti, i compagni e le compagne che sono loro amici e amiche perché si sentono chiamati a prendere le parti degli uni o delle altre, e l’insegnante che magari dovrà intervenire.
Riconoscere gli effetti che i nostri comportamenti hanno sugli altri e le altre, anche e soprattutto quando questi effetti si rivelano negativi, è il primo passo per porvi rimedio, facendo tesoro dell’esperienza vissuta. Possiamo farci aiutare dalla giustizia riparativa, un particolare tipo di approccio che probabilmente non conoscete ancora e che noi abbiamo studiato quest’anno nei nostri corsi, all’università. Adottare lo sguardo della giustizia riparativa permette di pensare ai modi attraverso i quali i danni possono essere rimediati, come quando si ricuce uno strappo con l’ago e il filo.
Uno dei luoghi più importanti nei quali lo sguardo ripartivo dovrebbe essere adottato è sicuramente la scuola che tutti e tutte voi frequentate. A scuola, bambine e bambini, ragazzi e ragazze trascorrono tanti anni insieme a compagne e compagni, maestre e maestri, professori e professoresse con i quali sperimentano concretamente, forse per la prima volta, cosa significa fare parte di una comunità più grande ed eterogenea di quella familiare, composta anche dal personale degli uffici amministrativi e magari delle mense. All’inizio può essere una vera sfida ambientarsi e fare conoscenza con persone e luoghi così diversi da quelli della propria casa, ma piano piano ognuno e ognuna trova il suo posto e il suo equilibrio grazie anche all’aiuto e alla vicinanza degli altri e delle altre.
Durante il percorso scolastico possono verificarsi fatti spiacevoli all’interno della propria classe e che, in un certo senso, fanno parte dello stesso stare insieme: piccole scaramucce fra compagni e compagne, incomprensioni con le insegnanti e gli insegnanti, dispetti e liti, promesse non mantenute e delusioni che ne derivano. Può accadere di sbagliare, come dicevamo, di ferire qualcuno o qualcuna o di essere feriti. Ciò che più conta è, però, il come si possa agire per riparare il danno inflitto o subìto. La giustizia riparativa ci aiuta a capire che, quando si compie un errore che riguarda la relazione con altre persone, non si può semplicemente punire l’errore e chi l’ha compiuto, perché questa modalità non ristabilisce la relazione che si è interrotta, non trasforma le emozioni della comunità in cui la situazione si è verificata, non ripristina il benessere del gruppo, momentaneamente interrotto dalla rottura del legame di convivenza.
Se adottiamo uno sguardo riparativo, ci accorgiamo subito che il rimprovero o la punizione non possono essere sufficienti né per chi ha sbagliato, né per chi è stato offeso, né per coloro che fanno parte del gruppo nel quale la situazione ha avuto luogo; infatti, chi ha sbagliato non sempre riesce a capire il suo sbaglio attraverso una punizione o un’alzata di voce, anzi molte volte sente solo crescere la rabbia o la tristezza. Serve qualcosa che agisca in profondità, un passo in più che si può compiere per riconoscere innanzitutto insieme la frattura che si è generata nell’equilibrio tra le persone, senza necessariamente indagare sulle responsabilità, ma mettendosi in ascolto reciproco dei rispettivi punti di vista, alla ricerca del modo di ricucire i legami che univano e che possono tornare a funzionare, anche se in modo diverso.
Essere riparativi a scuola può significare tante cose. Può voler dire non mortificare una compagna quando – consapevolmente o meno – si è comportata male, ma cercare di ascoltarne le ragioni e aiutarla a identificare le conseguenze di quel che ha fatto, così che si possa trovare insieme i modi per rimediare. Può accadere che due compagni litighino e, se in genere la tendenza è quella di schierarsi per l’uno o per l’altro, soffermarsi a esplorare le ragioni e i motivi di entrambi può essere un buon modo perché ci si renda conto delle esigenze l’uno dell’altro.
La classe che adotta uno sguardo riparativo fa dell’ascolto e del dialogo i principali strumenti di convivenza, utilizzando domande come «Cosa ti ha portato ad agire in questo modo? Che emozioni hai provato? Cosa pensavi di ottenere? Come ti senti ora?».
Inoltre, essere riparativi a scuola può voler dire non escludere un compagno o una compagna in difficoltà, stargli/le accanto e invitarlo/la a giocare nelle pause, mostrando a tutti e tutte che stare insieme crea benessere e arricchisce la relazione. O, ancora, attendere che un compagno o una compagna svolga un esercizio senza mettergli/le fretta e iniziare a fare confusione: anzi, chi ha già finito l’esercizio potrebbe alzarsi e aiutare chi non ha ancora finito o ha qualche difficoltà, perché ognuno ha bisogno di tempi diversi per risolverlo, tempi che vanno capiti e rispettati perché probabilmente a turno capita di restare indietro, talvolta è in un compito, talaltra in una corsa o nel mettere a posto le proprie cose.
Essere riparativi a scuola, può voler dire, anche essere attenti al lavoro del personale scolastico, non aspettando che siano sempre e solo bidelle e bidelli a sistemare il disordine lasciato dagli studenti e dalle studentesse. Talvolta accade che alunni e alunne scrivano sui banchi, senza rendersi conto del lavoro e della fatica che qualcun altro o altra dovrà fare per pulire. Cancellare le scritte o invitare i compagni e le compagne a farlo, è un’azione riparativa.
Questi sono solo alcuni piccoli gesti ed accortezze che ognuno e ognuna può mettere in atto ogni giorno per prendersi cura della propria scuola e delle persone che ne fanno parte: grazie allo sguardo che ci offre la giustizia riparativa possiamo davvero comprendere che il problema non è commettere errori, ma il modo in cui ci adoperiamo per rimediarli. Sapete che la giustizia riparativa può essere usata anche in altri campi? Quando avviene un litigio tra persone grandi, ad esempio tra vicini di casa, tra amici e amiche o quando si compie un reato o un incidente stradale. Avvengono spesso errori, incomprensioni o danni che la giustizia riparativa aiuta a risolvere.
Ecco ora un breve ma prezioso decalogo che abbiamo scritto per voi prendendo in prestito i “10 modi per vivere in modo riparativo” di Howard Zehr, padre fondatore della giustizia riparativa; vi invitiamo dunque a discutere queste indicazioni nelle vostre classi e famiglie, a diffonderle e a creare una bella rete di atti riparativi. Buona riparazione a tutti e tutte.
1. Ricorda che sei sempre circondato/a da altre persone a cui sei legato/a tanto quanto lo sei alla natura. Tutti e tutte noi viviamo in relazione costante con gli altri, le altre e con il mondo naturale che ci circonda: dovremmo quindi dare sempre valore a questi legami e coltivarli.
2. Riconosci ed accetta che le tue azioni hanno sempre degli effetti sulle altre persone e sull’ambiente. Ogni volta che agiamo, quel che facciamo ha delle conseguenze: essere attenti e attente, ci permette di rimediare se ci accorgiamo che gli effetti sugli altri creano disagio e sofferenza.
3. Assumiti la responsabilità delle tue azioni, anche e soprattutto quando queste producono degli effetti negativi. Ci vuole il coraggio di alzare la mano per dire che siamo stati noi a fare qualcosa o chiedere scusa, perché prendersi la responsabilità delle proprie azioni è un segno di maturità.
4. Tratta tutti e tutte con rispetto, anche coloro che non ne hanno avuto nei tuoi confronti o nei confronti degli altri e delle altre. Ogni persona merita di essere trattata con rispetto, a prescindere dal carattere o dal comportamento. Se ti capita di sentire che qualcuno ti manca di rispetto, ricorda che la soluzione più duratura si trova nel dialogo, non nel ricambiare con la stessa moneta.
5. Fa’ attenzione a non escludere nessuno e nessuna. Non farti condizionare dai pregiudizi e cerca sempre di essere accogliente con tutti e tutte: le differenze costituiscono una ricchezza e condividere è sempre il modo migliore per stare insieme e divertirsi.
6. Cerca di cogliere l’aspetto positivo anche nelle situazioni che sembrano più difficili e negative. Ogni cosa che ci accade, anche se può sembrare brutta, può essere guardata da altri punti di vista, dandoci la possibilità di scoprire cose importanti e positive. Anche le situazioni negative possono rivelarsi utili, in quanto ci fanno maturare e conoscere nuove sfumature di noi stessi, degli altri, delle altre.
7. Ascolta le altre persone senza giudicarle, anche quando non condividi la loro posizione. Se ti trovi in disaccordo con una persona, mettiti sempre in ascolto delle sue motivazioni, senza giudicarle troppo in fretta, ma cercando di comprenderle: potrai scoprire nuovi e interessanti punti di vista che arricchiranno il tuo o lo modificheranno.
8. Resta aperto/a al dialogo con gli altri e le altre, anche con le persone con cui non sei d’accordo. Non rinunciare a dire la tua, a esprimerti e confrontarti con gli altri e le altre anche quando hanno opinioni diverse dalle tue: spesso si possono trovare punti in comune che non avremmo mai immaginato. E ricorda che discutere significa scambiarsi idee diverse nel rispetto di tutti e tutte, non aggredirsi e litigare.
9. Non voler sempre avere ragione, cercando di imporre la tua opinione. Quando in una discussione con un compagno o una compagna lui o lei vuole far valere una propria ragione, è bene utilizzare un linguaggio adeguato e non ostinarsi nel cercare di convincerlo/a della bontà della propria opinione. Trovare le ragioni per cui si sostiene una posizione aiuta ad approfondire la reciproca conoscenza.
10. Affronta coraggiosamente le ingiustizie che incontri ogni giorno. Se ti capita di vedere un’ingiustizia, come ad esempio un bambino o una bambina preso di mira da un un gruppo di persone più grandi, cerca di trovare una soluzione per aiutarlo/a. Tutte e tutti possiamo renderci utili per vivere meglio insieme.