L’articolo è frutto di un lavoro di gruppo di studenti e studentesse del corso di Metodi e tecniche di analisi dello sviluppo umano, condotto dalla Prof.ssa Paola Nicolini, che si stanno occupando di temi connessi alla Giustizia Riparativa all’interno del percorso magistrale in Scienze filosofiche all’Università di Macerata.
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di Maia Barilari, Federica Bucci, Alessia Ciarrocchi, Valeria De Paola, Alessandro Maranesi, Ilaria Medei e Carmen Ruggeri
Cari bambini e care bambine vi invitiamo a fare una riflessione con noi per aiutarci a risolvere un problema. Immaginiamo che sappiate che in Italia è nato da poco un governo con la guida del nuovo presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha detto soddisfatto di aver formato il “governo dei migliori”.
È sicuramente una bella notizia sapere di essere governati da “i migliori”. Ma chi sono, secondo voi, questi migliori? Sembrerebbe si stia parlando di un gruppo di uomini particolarmente capaci. In realtà, il gruppo scelto dal presidente del Consiglio è composto da 15 uomini e 8 donne.
Come mai nella sua dichiarazione non ha indicato anche la presenza delle donne? Che formula avrebbe potuto usare al posto di “i migliori” per essere più chiaro e inclusivo?
La lingua italiana offre parole come “gente” o “persone” che fanno pensare a un gruppo misto di maschi e femmine. Chissà, forse il presidente non ci ha pensato! Riflettendoci meglio, questo capita fin troppo spesso. Quando, ad esempio, un maestro o una maestra entra in una classe composta da bambini e bambine, cosa dice solitamente?
1. «Buongiorno bambini»
2. «Buongiorno bambine»
3. «Buongiorno bambini e bambine»
Se la risposta non è la numero 3, ci troviamo davanti a un problema da risolvere, non credete? Proviamo a riflettere insieme.
Per prima cosa c’è da osservare che, per quanto riguarda l’espressione “i migliori”, il problema sta nell’articolo, non nel nome. Quando ci si riferisce ad un gruppo di persone composte da maschi e femmine, infatti, è corretto nella grammatica della lingua italiana dire “i migliori” ma per poter includere anche la presenza di persone di genere femminile bisognerebbe dire “i migliori e le migliori”.
In inglese tutti gli articoli – maschile, femminile, singolare e plurale – sono inclusi nella parola The: “the best” (che significa il migliore, la migliore, i migliori e le migliori), “the children” (che indica sia i bambini che le bambine).
Si potrebbe risolvere il problema della lingua italiana prendendo a prestito il the dalla lingua inglese per indicare un articolo neutro: “i migliori” e “le migliori” diventerebbero semplicemente “the migliori”. La stessa soluzione si potrebbe attuare per le preposizioni articolate, utilizzando of the, così che il “governo dei migliori” diventerebbe il governo “of the migliori”. E non suona neanche male. In fondo siamo abituati agli inglesismi. Resta tuttavia da sciogliere il problema per quanto riguarda l’aggettivo migliori.
Se diciamo “The migliori studenti della classe sono Francesco, Cristina, Milena e Carla” c’è ancora qualcosa che non quadra. Facendo l’analisi grammaticale della parola “studenti” vediamo che è un nome comune di persona, maschile, plurale. Ma se parliamo di tre bambine e un solo bambino, perché usiamo la versione maschile?
Il problema non è ancora risolto, quindi. A pensarci bene questo è molto frequente nella lingua italiana: sindaco, assessore, medico, avvocato, muratore…
Anche se molte persone non trovano fastidioso l’uso di una parola maschile, ad esempio “sindaco”, per indicare una donna, molte altre invece non si sentono a loro agio. Non si può risolvere il problema facendo finta che non esista o nascondendosi dietro l’abitudine: finché anche solo una persona proverà fastidio, la questione rimarrà aperta e bisogna impegnarsi a trovare una soluzione.
Negli ultimi anni, per rivolgersi ad un gruppo misto di maschi e femmine, viene spesso usato un “*”, chiamato “asterisco di genere”; questo va a sostituire la vocale finale determinante il genere, evitando così l’uso del maschile indifferenziato: ad esempio, “ciao a tutti” si può scrivere “ciao a tutt*”.
Facciamo qualche esperimento e prendiamo la seguente frase:
«Cari bambini e care bambine, vorrei parlare con voi del cosiddetto governo dei migliori e delle migliori per cui il neopresidente Draghi ha scelto 23 ministri e ministre, rappresentati da 15 politici e politiche e 8 tecnici e tecniche».
Utilizzando l’asterisco di genere risulterebbe:
«Car* bambin*, vorrei parlare con voi del cosiddetto governo of the miglior* per cui il neopresidente Draghi ha scelto 23 ministr*, rappresentat* da 15 politic* e 8 tecnic*».
Certo che questo asterisco ci toglie un po’ di problemi. Ma qual è il suono dell’asterisco, quando leggiamo? Un altro bel problema!
Proviamo a pensare a un’altra soluzione: si potrebbe provare a inserire alla fine della parola una vocale diversa sia da quella che indica il maschile sia da quella utilizzata per il femminile, magari la vocale “U”, che è poco usata nei finali delle parole e non si riferisce a un genere preciso.
Vediamo cosa succede:
«Caru bambinu, vorrei parlare con voi del cosiddetto governo deu miglioru per cui il neopresidente Draghi ha scelto 23 ministru, rappresentatu da 15 politicu e 8 tecnicu».
Oltre a sembrare un miscuglio tra dialetto marchigiano, siciliano e sardo, resta il problema che con la sola vocale non si riesce a distinguere tra singolare e plurale. Possiamo inventare ancora un nuovo suono?
Magari potremmo unire due vocali, utilizzando “AO” per indicare l’indifferenziato singolare e “IE” per l’indifferenziato plurale; a garanzia dell’uguaglianza, nel singolare c’è prima il femminile e poi il maschile, mentre nel plurale prima il maschile e poi il femminile.
Il risultato sarebbe al plurale:
«Carie bambinie, vorrei parlare con voi del cosiddetto governo deie migliorie per cui il neopresidente Draghi ha scelto 23 ministrie, rappresentatatie da 15 politichie e 8 tecnichie».
Il risultato sarebbe invece al singolare:
«Carao bambinao, vorrei parlare con te del cosiddetto governo migliorie per cui il neopresidente Draghi ha scelto 23 ministrie, rappresentatie da 15 politichie e 8 tecnichie».
La soluzione potrebbe essere interessante, che ne pensate? Vi vengono in mente altre possibilità? Vi proponiamo di esercitare la fantasia per dare anche voi una soluzione al problema, indicandovi un elenco di parole in cui poter indicare il maschile, il femminile – che in molti casi vi sembrerà mancare – e il neutro.
Sicuramente sono stati tralasciati altri aspetti del linguaggio che parliamo tutti i giorni. Ci vengono in mente gli articoli indeterminativi (un, uno, una), le preposizioni articolate con gli articoli (di, a, da, ecc. della/dello/delle/degli o alla/allo/alle/agli) e poi gli aggettivi e alcuni pronomi e chissà cos’altro… Aiuto!!!
Vi va di giocare a trovare altre soluzioni? Date libero sfogo alla vostra fantasia, divertitevi con parole e grammatica e ricordatevi: siate inclusivi! Se volete, fateci avere le vostre proposte.