a cura di “Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono più scrivere ma rappresentare; e non sapendo significare le cose colle parole, le vorremo dipingere o significare con segni, come fanno i cinesi, la cui scrittura non rappresenta le parole, ma le cose e le idee”.
Così scriveva nel suo diario di lavoro (lo Zibaldone) il 22 Aprile 1821 Giacomo Leopardi lamentandosi della moda moderna diffusa tra coloro in quali, anziché esprimere in parole il proprio pensiero, preferivano assai più velocemente riassumerlo attraverso i segni di punteggiatura. Quando concetti ed emozioni sono condensati in simboli e immagini, dice Leopardi, allora scriviamo come gli antichi Egizi. I geroglifici infatti – parola che letteralmente significa “segno sacro inciso” – inizialmente non rappresentavano singoli suoni ma erano principalmente ideogrammi cioè veri e propri disegni stilizzati che “rendevano visibili” parole e concetti (ideogramma = scrittura che si vede).
A guardarli bene, i geroglifici, sembrano davvero arrivare da un altro pianeta e viene spontaneo chiedersi come facessero gli antichi a comunicare e, ancora, come sia stato possibile per l’uomo moderno decifrare quei segni complicati e misteriosi. Il primo a riuscirci nel 1822 fu l’egittologo francese Champollion che poté confrontare incisioni plurilingui – scritti cioè in geroglifico e in una lingua nota come il greco – come il testo ritrovato sulla Stele di Rosetta, famosa lapide incisa oggi conservata al British Museum.
Per quest’aura di mistero che li circonda, gli Egizi hanno sempre esercitato un fascino magico su uomini e donne di ogni tempo, ancora fino ai giorni nostri… alzi la mano chi di voi, a scuola, non è rimasto incantato quando ha sentito la maestra parlare dei Faraoni, delle misteriose piramidi e dei geroglifici!
Proprio ai bambini della quarta elementare, che per la prima volta si avvicinano a questa splendida civiltà, il Museo della Scuola ha dedicato un laboratorio intitolato “A scuola dagli scribi”. Gli scolari di oggi possono così immergersi in questo affascinante mondo e rivivere la tipica giornata di scuola di un bambino che si avviava a diventare uno scriba, una delle figure più importanti della società egizia, deputato a gestire la vita quotidiana della società controllando i commerci, i registri delle leggi e delle tasse e, infine, tramandare i testi sacri e le preghiere.
I partecipanti al laboratorio si esercitano nell’uso degli strumenti di scrittura e soprattutto scoprono duro fosse il lavoro di quegli antichi scolari, e quanto rigida fosse la disciplina imposta dai maestri affinché gli allievi imparassero almeno… settecento segni pittografici! Numerosi bassorilievi mostrano questi maestri e i loro “alunni”, figli maschi delle famiglie più abbienti, seduti a terra in ginocchio intenti a scrivere e a leggere.
Ma il momento più emozionante del laboratorio è scoprire che anche i giovani scribi avevano un vero e proprio “zaino” in cui portavano con sé tutti i materiali necessari per svolgere il lavoro quotidiano: un astuccio per l’inchiostro, le penne e i quaderni. Di tutti questi oggetti poi i bambini imparano il rispettivo geroglifico: se volete un piccolo assaggio guardate il gioco che abbiamo proposto sulla pagina Facebook del Museo .
In conclusione, al Museo della Scuola i bambini non soltanto rivivono la giornata di una scuola di 4.000 anni fa ma arrivano anche a scoprire che… gli Egizi sono ancora tra noi!
Si perché, dopo tutto questo tempo, ancora oggi noi continuiamo a comunicare con dei geroglifici moderni.
Come già Leopardi aveva osservato per l’Ottocento, anche oggi è tornata di moda una scrittura basata sulle immagini e molto veloce. L’avvento degli smartphone, in particolare, ci ha permesso un uso frequente di simboli grafici: le emoticon! Se ci pensiamo bene le chat – soprattutto quelle dei Millennials, più abili in questo tipo di linguaggio – sono piene di simboli, “faccine” ed immagini sempre più dettagliate e accurate che ci aiutano a descrivere ogni tipo di situazione o stato d’animo. Chi non ha mai usato le emoji per enfatizzare un messaggio e dare un’immagine a ciò che volevamo dire?
Perché, come diceva Aristotele “non si pensa mai senza immagini”.