venerdì, Ottobre 4, 2024

«La matematica mi faceva passare la voglia,
ora pagherei per andare a scuola»
Pensieri in libertà dalla quarantena

MACERATA - Miriana Mazzolini, insegnante alla scuola secondaria di primo grado "Enrico Fermi", ha chiesto ai suoi studenti e studentesse della classe 1A della media "Fermi" , di esprimere le sensazioni che provano in questo periodo

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La classe 1A della scuola “Enrico Fermi” di Macerata in classe prima dell’emergenza sanitaria

In questo momento in cui siamo tutti a casa, fa bene fermarsi a riflettere e soprattutto esternare i nostri pensieri, le emozioni e le impressioni che riempiono le nostre giornate. Non è importante solo per noi stessi, ma può essere di aiuto anche ad alcuni nostri amici ed amiche che non possiamo vedere, perché possiamo alleviare un po’ la loro nostalgia e condividere un pezzetto della nostra quotidianità e di tutto quello che ci passa per la mente. Miriana Mazzolini, insegnante alla scuola secondaria di primo grado “Enrico Fermi” di Macerata ha chiesto ai suoi alunni ed alunne della classe 1A, di esprimere le sensazioni che provano riguardo questo periodo trascorso in casa. Gli studenti e le studentesse hanno accolto volentieri la richiesta della professoressa e si sono espressi su molti temi, dalla mancanza dei compagni al rapporto con i fratelli e le sorelle, dai cambiamenti nella routine alla didattica a distanza. Questi sono i loro pensieri.

Edoardo Alfonsi: «In questo periodo c’è un tipo particolare di influenza chiamata Coronavirus che è molto pericolosa e non ci permette di stare vicini, non possiamo andare né a scuola né a calcio, e neanche gli adulti possono andare a lavorare. A me un po’ dispiace non ritrovare gli amici, però fortunatamente ci possiamo sentire e vedere tramite Skype. Il mio pensiero va a chi è meno fortunato e mi piacerebbe aiutare le persone che non hanno abbastanza cibo e, se solo fossi più grande, glielo avrei voluto anche portare».

Rawan Bourki: «Secondo me questo virus è per metterci alla prova e per vedere di cosa eravamo capaci .Ma la cosa più strana è che non ce l’ aspettavamo e che quando arrivò in Cina non pensavamo che arrivasse anche in Italia, ma ora ci ritroviamo rinchiusi in casa senza neanche con una scusa per poter uscire .È dura non ridere con alcune persone: i nonni, zii, amici.È dura non uscire e, se necessario, farlo con la mascherina . Io spero che tutto ciò finisca presto e che quest’estate si possa andare al mare e partire rivedere i nonni, gli zii, i cugini, amiche , amici … riabbracciare le persone e tornare a scuola, fare lezione e magari anche divertendosi tutti insieme e fare uscite . Questo è tutto ciò che penso».

Alesio Kavaja: «Prima solo a pensare di avere matematica non volevo più andare a scuola, ora piuttosto pagherei per andarci. È strano per me, perché ho sempre desiderato di restare a casa per non svegliarmi presto per fare lezione, ma ora che questo “desiderio” si è avverato vorrei che finisse. Io ho molta paura per le persone che conosco perché un giorno o l’altro potrebbero ammalarsi e vivere peggio di come stiamo vivendo adesso. Casa mia è diventata una prigione dove non si può uscire e dove si fanno le stesse cose aspettando che finisca questa pandemia. Spero che tutti finisca e ritorni alla normalità!».

Matteo Di Staso: «In questi giorni sono un po’ triste, perché non vedo più i miei amici, non e più come prima, sono annoiato, sto imparando a capire cosa vuol dire essere libero, cosa vuol dire la libertà, andare in giro, divertirsi, e sto iniziando a capire quanto era bello andare a scuola, e poi tornare da casa con l’autobus insieme ai miei amici, e allora mi manca davvero tutto questo. È davvero brutto vedere tutto quello che sta succedendo, vedere persone in grave pericolo, quello che vedo al telegiornale è scioccante mi rende triste, la cosa importante è rialzarci in piedi, perché tutti insieme ce la faremo, e non ci dobbiamo arrendere, non siamo deboli, noi siamo forti. Spero che finisca tutto, e che si possa ritornare a fare la propria vita, rivedere i familiari, ritornare con i sorrisi sulla faccia e abbracciare tutti».

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L’istituto “Enrico Fermi”

Leonardo Dignani: «Questa quarantena mi ha fatto riflettere su molte cose e mi ha fatto giungere a una cosa, le cose negative e quelle positive. Cose negative: restare a casa con due mostri, le mie sorelle; annoiarmi molto, perchè non so cosa fare e non posso uscire da casa mia (per fortuna ho un giardino); non vedere nessuno oltre le mie sorelle, mi mancano i miei amici; non fare calcio, la cosa più brutta del mondo (però a volte gioco con mio padre). Cose positive: mi diverto un mondo con la mia famiglia; io e la mia famiglia stiamo rendendo il giardino molto più bello (ci giochiamo, ci mangiamo, ci facciamo un po’ di tutto); stiamo facendo tante cose insieme senza litigare (litighiamo spesso), ma ci divertiamo tutti; stare bene veramente senza fingere».

Riccardo Gentili: «Il Coronavirus è arrivato all’improvviso nelle nostre vite e mai mi sarei aspettato che la mia quotidianità potesse esserne stravolta. In questo periodo un po’ difficile mi ritrovo a riflettere su alcune cose. Sono preoccupato per i miei nonni, so che per loro la malattia è molto pericolosa e quindi per il loro bene non possiamo vederci, ma mi mancano. Sento in televisione che molte aziende e molti negozi sono chiusi. Tanta gente non lavora e per questo non prende lo stipendio. Quindi sicuramente molte famiglie hanno difficoltà economiche e non possono permettersi i beni essenziali. Non dovrebbe succedere mai a nessuno una cosa simile, ma purtroppo sta accadendo. Ho sentito anche che con probabilità la scuola quest’anno non riaprirà e sono molto dispiaciuto. Anche se ci siamo organizzati facendo le lezioni on-line, non è come stare in classe con i compagni e con i professori. Penso poi ai bambini e ai ragazzi che non hanno la possibilità di partecipare a questo tipo di lezioni e non so proprio come facciano senza la scuola e senza avere contatti con i loro amici. Sembra incredibile non avere più la possibilità di uscire per fare una passeggiata o per andare a trovare qualcuno, anche solo per il piacere di stare un po’ insieme agli altri. A casa mia escono solo i miei genitori per fare la spesa o per andare a lavorare, tutti bardati con mascherine e guanti. E quando tornano a casa è tutto un disinfettare, lavare, pulire. Abbiamo dovuto rinunciare ad una vacanza che avevamo organizzato con gli zii e i cugini e mi è dispiaciuto tantissimo, ma voglio pensare che molto presto riusciremo a riorganizzarla. Mi mancano molto i miei parenti. Inoltre, mi dispiace per le persone che sono all’ospedale, colpite da questo maledetto virus, con nessun familiare che può star loro vicino, come invece sarebbe giusto quando qualcuno sta male.Mi rattrista molto anche il pensiero che non rivedrò i miei amici ancora per molto tempo, ma so che il sacrificio di rimanere a casa è necessario finché non verrà trovata una cura o un vaccino. Per questo mi stupisco ogni volta che in tv sento notizie di persone multate perché non hanno ancora capito che devono restare a casa, per il loro bene e quello degli altri. In questo periodo mi sembra quasi di stare in prigione perché non possiamo più fare quelle cose a cui prima eravamo abituati e che davamo per scontate; io mi ritengo fortunato perché sono in compagnia della mia famiglia e per fortuna i miei genitori lavorano e prendono lo stipendio, ma mi dispiace per le persone che queste fortune non le hanno. All’inizio, quando era appena iniziata la quarantena, non pensavo che saremmo rimasti così tanto tempo a casa, per questo non mi dispiaceva, ma adesso l’unica cosa che vorrei è che tornasse tutto alla normalità».

Giulio Cegna: «All’inizio ho saputo che il Coronavirus trasmetteva solo l’influenza e che non era molto pericoloso per noi bambini quindi non mi sono tanto preoccupato. Però ho visto che sono iniziate a morire le persone, anche conoscenti di mamma, e allora non sono più tanto spensierato. I miei nonni hanno più di ottant’anni e se succedesse loro qualcosa sarei molto dispiaciuto. Anche se non si può uscire e andare lontano, io riesco a giocare a basket e a ping pong; sotto casa mia infatti c’è un canestro e spesso faccio dei tiri insieme a papà. Io due volte a settimana andavo a Porto Sant’Elpidio per allenarmi a basket e adesso mi manca andare in palestra e salutare i miei amici. Per Pasqua il mio allenatore ci ha fatto un video per salutarci e questo mi ha fatto molto piacere. Con la pallavolo i miei allenamenti invece continuano: ogni mercoledì mi collego online con l’allenatore e i miei compagni e facciamo un po’ di esercizi e preparazione fisica. Facciamo anche un po’ di chiacchiere. Alla fine questa vita dentro casa non è che poi mi dispiace tanto; mi sembra che le vacanze siano iniziate prima. Se il virus non colpisce me o un mio parente io non sono molto preoccupato. Però forse sono un po’ troppo piccolo per capire bene queste cose».

Leena Kwarteng: «Questa quarantena sembra durare una vita. All’inizio non ero così triste di rimanere a casa ma dopo una settimana mi mancavano le mie abitudini. Poi al telegiornale si parla solo di quanta gente non rispetta le norme igieniche o delle persone che escono di casa senza motivo. Ho sempre pensato che presto tutto tornerà alla normalità e mi immagino di uscire con le mie amiche, poter andare a fare shopping o semplicemente riuscire ad uscire. Non vedo l’ora di ritornare a fare tutte queste cose».

Silvio Aossa: «Appresa la notizia del virus, ho inizialmente apprezzato l’idea di non dover andare a scuola, per potermi dedicare allo svago o comunque a quello che mi piace fare. Questa situazione però, ammetto che non è durata moltissimo. Poco dopo infatti ho iniziato a sentire la mancanza dei miei compagni, un po’ anche degli insegnati o comunque dell’ambiente scolastico in generale. Ma queste non sono le uniche cose che mi mancano; infatti mi manca poter andare da nonna, mangiare i suoi appetitosi piatti in compagnia dei miei cugini; andare con la mia mamma al centro commerciale e farmi comprare qualche gioco; andare i bici con il mio papà e mia sorella; andare a catechismo e giocare a pallone con i miei compagni di calcio. Spero che questa situazione finisca al più presto e ci permetta di poter andare al mare quest`estate, anche con l’aiuto di tutti noi, rispettando le regole e quindi rispettandoci a vicenda. Da questa situazione ho capito che a volte vivere una situazione negativa può portare a qualcosa di bello».

Edoardo Moschin: «Io penso che il virus si sia diffuso per la sua aggressività, ma anche per colpa dell’uomo che si è fatto trovare impreparato. Poi penso che le scuole non ricominceranno più e questo mi dà una sensazione di nostalgia, perché non posso più rivedere i miei compagni di classe e neanche le mie professoresse. Mi manca uscire di casa per andare a giocare a calcio con i miei amici, mi manca correre nei prati e fare lunghe passeggiate con la mia famiglia. Mi manca arrampicarmi sugli alberi, mi manca andare in montagna per passare le giornate di festa e mi mancano le gite al mare per giocare sulla sabbia e farmi il bagno. Mi manca il sole, l’aria aperta, il vento, le corse a perdifiato, la pioggia e il freddo sulla faccia. Mi manca la mia vita normale».

Suad Oukessou: «In questo particolare momento in cui devo restare a casa ho molto più tempo per riflettere, leggere un libro o andare a trascorrere del tempo in giardino. Ogni volta che sento il telegiornale è vero mi sale un po’ d’ansia ma, quando dopo prendo il libro in mano e mi stacco da tutto il mondo esterno, mi sembra veramente di entrare nel personaggio, ma non è così e si deve vivere la realtà. Nel pomeriggio molto spesso esco in giardino e là mi sento come se fossi di nuovo nel parco in città con le mie amiche. A volte quando mia madre esce per andare a fare la spesa e si mette guanti e mascherina mi preoccupo un po’ e penso: “Ma così va bene uscire? Siamo sicuri che non si infetta comunque?” Ogni tanto mi chiedo se passerà mai questo tempo di quarantena e se si potrà tornare a vivere normalmente, come prima».

Thomas Taglieri: «Questo momento del Coronavirus lo sto passando molto triste perché non si può uscire e stare con gli amici, parenti e nonni e soprattutto perché non si può andare a scuola».

Cristian Tombesi: «Questo Coronavirus mi ha cambiato la vita perché io ho sempre dato per scontato che potevo andare a scuola, che potevo giocare a calcio, potevo vedere i miei amici e potevo uscire quando volevo. Ora non posso fare niente di tutto ciò, questo mi fa capire che forse non ho apprezzato abbastanza tutto quello che avevo. Spero che questa epidemia ci aiuterà ad apprezzare di più la nostra vita di tutti i giorni. Mi auguro che tutto questo finirà presto».

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