di Paola Nicolini
Ti vedo al supermercato, intento ad ascoltare una lunga spiegazione del perché “no, mi dispiace, forse domani, ma stasera no, non si può prendere questo o quello, perché hai il mal di pancia, perché sei stato dal dentista, perché c’è il glutine, perché c’è l’olio di palma, perché i bambini dall’altra parte del mondo non ce l’hanno, perché la mamma/il babbo/la nonna/il nonno/lo zio/la tata non vuole, perché lo hai avuto ieri, perché solo i giorni dispari o solo i giorni pari…”.
Ti osservo, con i tuoi occhioni spalancati a cercare di capire quale logica supporta il pensiero dei grandi, che oggi sì e domani no, babbo sì e nonna no, che cosa sia poi questo olio di palma e perché il glutine possa fare male, e come sarà il mondo dall’altra parte. A proposito, dove sarà l’altra parte? Sotto a i nostri piedi, dietro alle nostre spalle, sopra alle nostre teste? E poi come ci si arriva? E chissà se dall’altra parte oggi è un giorno di quelli pari o di quelli dispari…
Approdati a casa, dopo una lunga giornata di qua e di là, trotterelli verso la tua stanza e prendi la palla. Guardi desideroso il babbo che si è messo le pantofole e che ti dice, in rapida sequenza: “ora attacco questo quadro, apparecchio la tavola, porto i rifiuti di sotto, telefono alla nonna, rispondo a qualche email, poi, promesso, giochiamo un po’ prima di andare a letto”. Allora, speranzoso, vai verso la mamma, in cerca di una compagna di giochi, ma lei ha inforcato il grembiule: “adesso ti preparo la pappa, vai a lavarti le mani, non toccare che scotta, aspetta che torni il babbo, intanto mando la lavatrice, ti accendo la TV”.
Ora sei in piedi, in mezzo alla stanza, la palla ancora in mano e la delusione che si fa strada dentro di te, appena un po’ distratto dalla pubblicità e poi da un cartone. Passa qualche minuto, sei ancora lì con la palla in mano, la delusione non ha fatto in tempo a prendere piede, perché le immagini ti hanno catturato e sei come in una sorta di trance. Senti i rumori dei piatti in cucina, la porta di casa che si apre e si chiude, un telefono squilla, qualcuno parla. Sei ancora lì, quasi addormentato ma ancora in piedi, quando ti senti chiamare per la cena.
Il torpore ti ha un po’ inchiodato davanti alla TV e vorresti anche capire come finisce la storia che racconta il cartone, ma la chiamata si fa più imperiosa e poco dopo sei seduto a tavola, non sai bene come ci sei arrivato, forse volando trasportato dalle braccia del babbo. Allora pensi che forse è arrivato il momento buono: disegni ghirigori col cucchiaio nel piatto della minestrina, ma nessuno sembra apprezzare la tua opera d’arte e ti dicono di sbrigarti, che poi si fredda e diventa cattiva. Ci riprovi, tirando mollichine di pane sui piatti della mamma e del babbo, ma ti dicono di non sporcare, di non dare fastidio, di non sprecare il pane, di smetterla, di pensare a mangiare, di muoverti che è tardi.
Sono sicura che la mamma e il babbo fanno tutto questo con le migliori intenzioni, come curare la tua salute, condividere i motivi delle loro scelte, farti capire le loro ragioni, rendere pulito e igienico l’ambiente in cui vivi, insegnarti le buone maniere, farti mangiare le cose migliori, far sì che tu possa andare a letto presto, che la mattina bisogna alzarsi di buon’ora. Sono sicura che arrivano a casa un po’ stanchi della loro giornata lavorativa, per i tanti problemi risolti e ancora da risolvere, per la fretta che caratterizza la vita dei grandi. Ma tu che c’entri, tu sei un bambino o una bambina, e vorresti solo un po’ di attenzione giocosa.
Ecco, forse i grandi, un po’ presi da tante questioni, si sono dimenticati che sei un bambino o una bambina, che non puoi condividere scelte e comprendere cose da grandi, che al di là della pulizia e del cibo e delle buone maniere tu vorresti poter giocare con loro. Perché il gioco è il tuo più grande impegno e giocare ti fa stare così bene! Solo semplicemente tirare una palla e vedere che la ricevono e te la rilanciano. È così distensivo e si potrebbe andare avanti per ore! Basterebbe nascondersi dietro a un cuscino e ricomparire, a turno, per riprendere le fila della giornata insieme e fare una pausa di interazioni leggere e divertenti, prima di mettere in fila le cose per la cena e l’ora della nanna. Sarebbe fantastico rientrare in casa facendo gli indiani su per le scale, ululando e saltellando tutti insieme, e ridendo come i matti. Sarebbe gustosissimo rotolarsi per qualche minuto sul tappeto, come fanno gli ippopotami nel fango, per sentire la familiarità del contatto e rassicurarsi sul desiderio di presenza. La cena assumerebbe un altro tono se anche mamma e papà accettassero la sfida dei ghirigori da disegnare nel piatto e se, quando hai lanciato le mollichine, parassero il tiro come un vero portiere, fingendo una mossa strategica. Sai che risate! Ci si avvierebbe più allegramente a concludere la giornata facendo il trenino che gira nelle stanze della casa e a ogni fermata raccoglie un giocattolo sparso per terra per riportarlo alla sua destinazione. E persino lavarsi i denti (che fastidio!) potrebbe diventare un momento divertente se ci si mettesse per un attimo a provare a fare le bolle con il dentifricio.
Ecco perché ti consiglio di scrivere nella letterina a Babbo Natale che, quest’anno, non desideri farti portare giocattoli, ma piuttosto di chiedere qualche ora di gioco insieme alla mamma e al babbo. Sono certa che farebbe bene anche a loro due e che Babbo Natale sarà così d’accordo che proverà di sicuro a convincerli.
Auguri! E, quando vuoi, fammi sapere com’è andata!
La Vostra affezionata Paola Nicolini
dipartimento di studi Umanistici
Università di Macerata
Non sono larga di regali, un giochino, un ovetto, un soldino per premio ma come nonna mi ritrovo spesso a lasciare tutto e tutti per giocare con i miei nipotini come non ho potuto fare con i figli.
I regali a volte servono per “parcheggiare” i bimbi mentre i grandi fanno altre cose.
Condivido in pieno questo articolo, invece di un insipido consumismo vale molto di più un qualsiasi gioco fatto insieme. Fa bene ai piccoli e fa star bene i grandi.
Vorrei solo spezzare una lancia a favore di quei genitori che vorrebbero giocare con i figli ma non possono perché il lavoro e le faccende impegnano troppo tempo.
Se solo lo stato permettesse alla donna di lavorare qualche ora in meno e ai nonni di andare in pensione prima, tutte queste bellissime parole sarebbero realtà.
Ne guadagnerebbero i bimbi, la famiglia, la società……..