Ma come fanno dei bimbi così piccoli a fare filosofia, che nemmeno i grandi sanno bene cosa sia?Semplice: loro forse non lo sanno, ma i bambini sono i più grandi filosofi di tutti i tempi.
Un laboratorio dedicato ai bambini e alle bambine dai 6 agli 11 anni nella biblioteca Mozzi-Borgetti, in occasione del festival Scarabò, dove sono emerse domande incredibili e spiazzanti. E la filosofia è soprattutto: saper porre domande.
– Perché gli uomini non si possono mangiare?
– L’arcobaleno è una cosa vera o finta?
– Viene prima la bontà o vengono prima le azioni buone?
– Perché diamo i soprannomi?
Questi sono solo alcuni esempi, tratti proprio dai laboratori del 20 e 21 maggio scorsi. Non sono domande così banali, anche se a qualcuno potrebbero sembrare tali. Immaginatevi solo quanti presupposti bisogna andare a scovare per dare una risposta. E quante altre domande vengono fuori nel cercare di rispondere.
È anche per questo che la Philosophy for Children, (è così che si chiama quel modo di fare filosofia che è stato adoperato nella Biblioteca comunale di Macerata) rappresenta una delle più significative esperienze filosofiche e pedagogiche contemporanee. Iniziata negli anni ’70 da Matthew Lipman (allievo del filosofo John Dewey), ha avuto ampio seguito e diffusione dapprima negli Stati Uniti e successivamente in tutto il mondo con l’istituzione di numerosi centri e una consolidata sperimentazione del programma.
Bisogna dire però un’altra cosa importante: la P4C (così si scrive a volte la Philosophy for Children) non è come andare a scuola. La scuola è bellissima perché si imparano tante cose, ma la P4C è diversa.
In primo luogo, perché non c’è un maestro ma un facilitatore. Il facilitatore non fa come il maestro, che insegna. Il facilitatore parla poco, sta lì per far parlare tutti gli altri con ordine e rispettando i turni, magari chiedendo spiegazioni del perché si è detto quel che si è detto. Qualche volta scrive su un grande foglio le cose che dicono i bambini. Ma il facilitatore sta lì soprattutto per imparare, di modo che si può dire che i veri maestri sono i bambini, in questo caso. In questo caso il facilitatore era Andrea Ferroni
In secondo luogo, perché si sta tutti in cerchio, ci si guarda negli occhi, nessuno dà le spalle a un altro e nessuno sta in ultima fila.
In terzo luogo, perché non c’è una cosa giusta da dire: l’importante è farsi capire e dire le proprie idee in modo chiaro e distinto. E alla fine, a dire il vero, non c’è mai nemmeno una risposta conclusiva, ma solo domande su domande. E tanto meno c’è un voto.
Insomma: la P4C è un posto in cui tutti quanti imparano a essere ragionevoli, ad ascoltare gli altri e a rispettare le idee altrui e, qualche volta, a cambiare le proprie.
Sembra proprio che la Biblioteca Mozzi-Borgetti offrirà ancora questo servizio a partire dal prossimo anno scolastico. Se vuoi avere informazioni, puoi scrivere a: biblioteca@comune.macerata.it.