Tra i fondatori del Palio di San Giovanni, che si svolge il terzo Sabato di agosto, per ricordare la corsa dei pescatori verso il mercato del pesce, fra gli organizzatori del “Museo della civiltà marinara”, Nicola Gaetini è la memoria storica di Porto Recanati. Autore di libri quali” ‘Na svèntola, ‘na ròla, el sugo bolle ‘nte ‘na cazzarola…” e ” Mi ritorna in mente” racconta usi e costumi, legati al mondo della pesca, della società del passato agli alunni della 5C della scuola Medi che hanno partecipato al corso di giornalismo di CM Junior.
Buongiorno Signor Nicola, quanti anni ha?
Sono nato il 4 Novembre del 1943…ora contate!
Qual è il suo mestiere?
Ho sempre fatto il pescatore fin dall’età di otto anni. Facevo parte dell’equipaggio della sciabica “Mirabella”. Ora sono in pensione e mi diletto a scrivere libri nonostante io non abbia un titolo di studio. Questo significa, cari bambini, che con la volontà si può tutto. Perciò studiate altrimenti, una volta diventati grandi, potreste pentirvi di non averlo fatto.
Che cos’è la sciabica?
Un tipo di barca a remi.
Che tipo di barche si usavano ai suoi tempi oltre la sciabica?
Lancette, battelli, barche a vela.
Quali erano i pesci più pescati?
Perlopiù pesce azzurro come alici, sarde, sgombri, ma anche code di rospo, merluzzi, scampi…
Anche oggi si pescano le stesse qualità di pesci?
No, a causa dell’inquinamento delle acque e dei cambiamenti climatici sono scomparse molte qualità di pesce, ma ne sono comparse altre. Per esempio non si pescano più il pesce fico e la papalina così chiamata perché si pescava durante lo stato pontificio.
Qual era il pesce più consumato?
Di sicuro il pesce azzurro perché costava poco e anche zanchette e morgani.
Quali erano gli orari di pesca?
Indicativamente dalle tre di notte alle otto o alle nove del mattino.
Quali metodi si usavano per pescare?
Si praticava molto la pesca con la sciabica. Dalla barca, non lontana dalla riva, si buttava la rete e due gruppi di uomini chiamati sciabbegotti, posizionati ai due lati opposti, tiravano la rete con il pescato, stando a riva.
Sono cambiati i metodi di pesca?
Sì, oggi la pesca con la sciabica e la pesca in coppia fra barche a vela, non si praticano più. Sono state soppiantate da barche a motore, grandi e piccole.
Quali oggetti si usavano per pescare che oggi non si utilizzano più?
Per esempio le nasse, in dialetto dette nazze, a forma di parallelepipedo, con telaio in legno e ricoperte con una rete. L’imboccatura della nassa conteneva una trappola di ferro detta buccarola. All’ interno della nassa veniva messo un mazzetto di alloro per attirare le seppie. Oggi, per pescarle, si usano i bertovelli detti coculli.
Dove si pescava principalmente?
Nei pressi dei fiumi perché lì si formava la dolciaria, luogo dove la salinità è più attenuata e dove si pescavano i cefali, pesci che si ritenevano adatti ai bambini. Verso la fine del 1800, gruppi di pescatori partivano, in determinati periodi dell’anno, addirittura per il Mozambico, in Africa, dove praticavano la pesca con la sciabica. Portavano con loro anche un panettiere e una cuoca.
Chi erano i nemici dei pescatori?
Il tempo meteorologico perché se il mare era molto agitato non si poteva pescare e i delfini, che rompevano le reti per mangiare il pesce. Per non farli avvicinare alle reti, si lanciavano loro delle bombe artigianali e per questo motivo molti pescatori hanno perso l’uso delle braccia. Oppure si usavano altri accorgimenti per tenerli lontani come piatti rotti legati intorno al perimetro della rete che, urtandosi, facevano rumore o stracci imbevuti di nafta.
Dove si vendeva il pesce?
Il pesce si portava in pescheria e chi prima arrivava otteneva il prezzo migliore. Oppure le mogli dei pescatori andavano a vendere il pesce con il carretto, detto carriolo, nei paesi vicini. Alcune si spingevano anche a Gubbio prendendo la diligenza e facendo sosta a Passo di Treia.
Come era considerata la donna nella società dei pescatori?
Le donne, dette purtannare, erano tenute in grande considerazione perché gestivano, diligentemente, i soldi guadagnati con la pesca. Oltre a vendere il pesce aiutavano i mariti a rammendare le reti e a girare l’argano per tirare la barca in spiaggia.
Come si vestivano le donne?
Indossavano gonne, dette sottane, lunghe e nere , mutande che arrivavano fino alle caviglie, un grembiule, detto parnanza, che serviva a non sporcare la gonna, uno scialle sulle spalle e un fazzoletto sulla testa. Ai piedi calzavano pianelle o zoccoli di legno.
Come si vestivano i pescatori?
Indossavano pantaloni di cotone spesso, grigi o azzurri, fermati in vita con una fascia bianca o nera, una camicia di cotone o di flanella senza colletto e un gilet con i taschini. Nei periodi più freddi indossavano anche un giubbetto. Come indumenti intimi usavano maglie, mutande lunghe fino alle caviglie e calzini di lana lavorati con i ferri da maglia dalle loro mogli. Ai piedi calzavano zoccoli di legno.
Arrivederci Signor Nicola e grazie per le utili informazioni che ci ha fornito. Ci rivedremo al “Museo della civiltà marinara” per continuare a ricordare il passato guardando da vicino tutto ciò che ne faceva parte.
*** Questo articolo è stato realizzato dalla classe 5C dell’istituto Enrico Medi di Porto Recanati con il coordinamento di Elisabetta Camerota