giovedì, Dicembre 5, 2024

Scontro di genere
alla partita di basket

MACERATA - Riflessioni dopo il duro scambio tra bambini e bambine in palestra. La reazione dell'insegnante. Il provvedimento del dirigente. Quanto tempo ci vuole per una buona scuola?

Donatella Donati
Donatella Donati

di Donatella Donati

Da parecchi mesi il Ministero dell’Istruzione e in particolare la ministra Stefania Giannini sono impegnati in una riforma dell’educazione delle nuove generazioni impostata fin dai primi anni scolastici sul rispetto della parità di genere. E’ necessaria un’educazione che dia pari dignità ad entrambi i generi,il maschile e il femminile, presenti nelle nostre scuole evitando quelle contrapposizioni basate su superati principi di superiorità del maschio sulla femmina che sono residui ancora molto resistenti volti ad inquinare i rapporti tra i due sessi fino al punto in casi estremi di provocare episodi di bullismo sempre più presenti nella scuola anche nelle prime classi elementari e che poi nel corso degli anni , in personalità non formate, riescono a provocare atti di violenza spesso inaudita fino all’uso degli strumenti di morte tra le persone che dovrebbero essere ormai mature.

La campagna si manifesta sottoforma di consigli che vengono dati, nei corsi di formazione e nei corsi di aggiornamento, agli insegnanti soprattutto di scuola elementare affinchè i loro messaggi educativi giungano ai loro allievi educandoli e convincendoli che la parità di genere è una risorsa di civiltà.
Un’insegnante di educazione fisica in una scuola elementare di Macerata ha fatto sua quest’esortazione alla parità e un giorno l’ha trasformata in una lezione a seguito di uno scontro molto forte che c’era stato in una quinta classe tra maschi aggressivi e femmine aggredite verbalmente con espressioni anche volgari per il solo motivo che alla fine di una serie di partite di easy basket, svoltesi in palestra durante le ore di lezione, erano risultate vincitrici.

basketI maschi non avevano accettato la sconfitta e si erano ribellati con offese e insulti. L’insegnante ritenne di dover discutere con gli alunni di questo avvenimento e la lezione successiva la fece in classe avvertendo la segreteria che non avrebbe utilizzato quel giorno il pulmino che nel pomeriggio portava gli alunni in palestra. Seduti in classe, con molto rispetto dei tempi e dei modi di discussione si confrontarono le due compagini e venne fuori una persistente convinzione di superiorità fisica da parte dei ragazzi di quinta, che si ripete essere di quinta, una sicurezza della loro potenza maggiore più volte espressa nella discussione in modo sicuro,nella maggiore efficacia nel campo dello sport e di conseguenza anche in altri campi della loro superiorità di genere. Le ragazze replicavano che avevano rispettato tutte le regole imposte dal gioco, che l’altezza del cesto era quella regolare e non adattata a un’eventuale loro minore altezza, che avevano sentito fortemente lo spirito di gruppo. L’insegnante ha potuto così in qualche modo far ritrovare ai due gruppi l’inizio di un accordo che poi avrebbe fondato sul rispetto delle regole,dei valori e dell’accettazione di eventuali sconfitte e ritenne molto utile il dibattito che era seguito lo spiacevole evento degli insulti e della rabbia.
Un genitore si è lamentato col dirigente per l’ora di lezione in palestra andata sprecata e il dirigente ha seccamente rimproverato l’insegnante richiamandola alla regola della palestra senza nessun approfondimento delle ragioni veramente educative che avevano determinato la lezione in classe. Ci fermiamo qui ma siamo nell’anno 2016, quello della buona scuola, quello della trasformazione della routine dell’insegnamento in lezione di vita, quello dello stretto rapporto tra i nuovi bisogni della società e le parole che si dicono in classe tra le istituzioni e coloro che ne debbono fruire nel più consapevole e giusto dei modi. Non indichiamo né la scuola,né l’insegnante, né il quartiere ,nient’altro se non il nome della nostra città. Questo fatto però è avvenuto e rattrista persone che hanno sempre creduto nei valori formativi della scuola e che continuano a desiderarne l’uscita dal tanto buio burocratico che ancora ne trattiene lo sviluppo.

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