venerdì, Ottobre 4, 2024

«Disturbi alimentari e pandemia:
gli adolescenti inseguono
i modelli corporei dei social»

L'INTERVISTA di Leonardo Luchetti a Carla Coccia, presidente dell'associazione Fada che parteciperà sabato a "Io desidero". Sul palco anche Alice Gaglio che ha sconfitto l'anoressia

iodesidero

di Leonardo Luchetti

Alice Gaglio si è ammalata di anoressia a 12 anni e solo dopo una lunga lotta e un cammino di consapevolezza è riuscita a sconfiggerla. nella terza serata di “io desidero” (domenica 10 luglio alle 22), festival che si svolgerà nel piazzale adiacente la biblioteca Zavatti, viale Vittorio Veneto a Civitanova, racconterà la sua storia in collaborazione con l’associazione Fada onlus- La presidente di Fada Carla Coccia la quale, in una intervista ci ha parlato dei  disturbi alimentari, di come prevenirli e a chi rivolgersi per ricevere aiuto. 

«I disturbi alimentari oggi sono particolarmente diffusi, sia nelle fasce giovanili che adulte, rappresentando la seconda causa di morte negli adolescenti dopo gli incidenti stradali. Sono disturbi che possono comparire per varie cause (genetiche, psicologiche, abitudini socio-culturali…). Parlando di oggi la pandemia ha procurato un’esplosione di questi disturbi (per l’isolamento, la costrizione nell’ambiente familiare, il distanziamento dai coetanei, l’utilizzo non corretto dei social…). Soprattutto gli adolescenti hanno sperimentato un bisogno di mettersi in mostra sui social, inseguendo modelli corporei (qualcuno da imitare), con conseguenze gravi sulle relazioni con la propria corporeità. Ci troviamo in un periodo estremamente critico».

Quali sono i disturbi alimentari più comuni?
«I disturbi alimentari più comuni sono l’anoressia e la bulimia nervosa, disturbo dell’alimentazione incontrollata, e a questi si sono aggiunti anche l’ortoressia (controllo severo di ciò che mangiamo, seguendo certi criteri), vigoressia (abuso di esercizio fisico), drunkessia (abuso di alcol dopo digiuno)».

Come possiamo prevenire questi comportamenti?
«La prevenzione di tipo primario si può fare, anche se è più difficile, se ad esempio abbiamo una causa di tipo genetico, familiare, mentre potremmo intervenire, soprattutto su cause di tipo sociale, tramite l’informazione giovanile e familiare, ma lo si può fare anche tramite la formazione degli educatori e degli insegnanti; importante intervenire anche sulla rete, rimuovendo i siti che promuovono l’anoressia, chiamati Proana. La prevenzione di tipo secondario, invece, consiste nell’individuare precocemente la malattia, e questo spetta agli amici, alla famiglia e ai medici di base. Infine c’è la cura vera e propria, in cui si fa la diagnosi del disturbo e lo si cura, rivolgendosi ad ambulatori autorizzati, dove troviamo gli specialisti in grado di prendersi carico dei soggetti».

Che azioni compie l’associazione Fada onlus?
«Fada è un associazione di familiari di soggetti affetti da disturbi alimentari, nata nel 2016 su iniziativa di alcuni familiari, i cui figli erano seguiti presso il centro di Fermo, ambulatorio di eccellenza della regione Marche per i Dca; da lì hanno iniziato a incontrarsi e fare formazione. Attraverso questi momenti, la famiglia scopre di essere una risorsa positiva nella cura dei Dca. Oggi Fada sta vivendo un nuovo periodo, è in forte crescita sia per il numero dei soci, circa 90, e per le circa 100 famiglie, legate da gruppi di mutuo-aiuto».

Con chi e perché collaborate?
«Collaboriamo con le istituzioni locali, con gli ambulatori DCA, con altre associazioni per la prevenzione, ed insieme facciamo opere di sensibilizzazione. Ad esempio, con i comuni abbiamo illuminato i monumenti principali presenti nel territorio marchigiano in occasione della giornata del fiocchetto lilla nel marzo 2021».

Quali obiettivi avete per il futuro?
«Il primo nostro obbiettivo è che la Regione Marche dia attuazione ai contenuti della legge sui disturbi alimentari, la numero 40 del 2020, che garantisce ai soggetti affetti da disturbi alimentari specialisti dedicati e strutture adeguate; chiediamo inoltre riduzione delle liste di attesa per l‘accesso alle cure nelle strutture pubbliche. Continuiamo nel sostegno alle famiglie, ma abbiamo comunque l’obiettivo d’incrementare la nostra opera di sensibilizzazione e formazione per la prevenzione primaria, evitando dove possibile l’insorgenza del disturbo».

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