sabato, Luglio 27, 2024

Il miracolo dell’educazione outdoor:
«La pandemia serva a diffondere
la cultura dell’infanzia all’aperto»

GAGLIOLE - La riflessione di Monika Delmanowicz, responsabile dell'agrinido "La fornace degli gnomi"

 

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Una lezione all’agrinido “La fornace degli gnomi”

In questo periodo in cui siamo tutti in casa, si stanno proponendo molte iniziative dedicate all’educazione dei più piccoli all’aperto. Il confronto con la situazione attuale, in cui siamo tutti presi dalle nostre “quattro mura” domestiche, viene spontaneo. tutte queste considerazioni si trasformeranno in fatti concreti? Si desidera uscire con i bambini perché non ce la facciamo più o per godere realmente di ciò che la natura di offre? Quando cominceremo pian piano a tornare alla normalità, riusciremo ad apprezzare le sue meraviglie? Staremo attenti alla custodia del creato o lo useremo solo come “contenitore”? Queste e molte altre domande si è posta Monika Delmanowicz, responsabile dell’agrinido “La fornace degli gnomi” di Gagliole, e ne ha parlato in una sua riflessione personale. 

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Monika Delmanowicz

di Monika Delmanowicz

«Le foto scattate nei tempi pre-pandemia sono dei piccoli grandi abitanti della terra: “Agribambini” coraggiosi.
I bambini e le bambine hanno coraggio di distrarsi, fantasticare, esplorare, stupirsi, sporcarsi, pretendere, arrabbiarsi. In questi giorni si aprono le nuove proposte educative per ritornare a scuola e alla vita sociale. Ci sono delle ipotesi di mettere al centro della ri-nascita dei bambini e delle bambine l’educazione all’aperto. Questa sarebbe una grande rivoluzione planetaria e/o un ascolto di un atavico bisogno della natura. La nostra piccola realtà da più di 10 anni diffonde il messaggio della natura maestra, quindi queste proposte ci fanno riflettere sulla loro valenza. In questo periodo in cui i nostri corpi sono intorpiditi dalla vita sedentaria, i cervelli offuscati dai monitor, i bambini e le bambine allargano le braccia solo per fare i conti con i confini delle mura, proclamiamo l’esigenza del ritorno nella natura. Queste voci come si trasformeranno nei fatti? Crescere all’aria aperta, stare nella natura e assorbire le sue leggi e i suoi incanti, può cullare, tranquillizzare, rafforzare e mettere in armonia tutti i sensi. Senz’altro il concetto che la salute psico-fisica si realizza a contatto con il mondo naturale è il filo conduttore che lega gli scritti dei molti educatori e filosofi della storia, ma nell’epoca odierna, focalizzata sulla performance, sulle conoscenze acquisite per mezzo delle lezioni frontali, sarà possibile il cambio di questo paradigma? Rientreremo nella natura come esseri solidali e attenti alla custodia del “creato” o la useremo soltanto come “un contenitore”? Saremo costanti e coerenti nel nuovo atteggiamento o lo adotteremo come un provvedimento passeggero? La nostra società adulta (genitori, docenti, dirigenti, pediatri) sarà pronta a dare “il permesso” ai bambini e alle bambine di stabilire una vera relazione con la natura in ogni tempo e in ogni stagione? Riusciremo ad abbandonare le schede prestampate sulle api, i video su youtube sull’arrivo dell’autunno, e ci impegneremo ad affrontare tali argomenti tramite gli strumenti che offre la natura?
Rinunceremo alla nostra inclinazione al comfort per accomodarci su un prato o su un tronco senza l’aria condizionata? I docenti saranno in grado di condividere con i bambini e le bambine tutta la gamma di esperienze e spunti di comprensione, come seguire i cambiamenti delle stagioni, riflettere sui rapporti di causa-effetto degli eventi naturali, ragionare sul senso di comunità delle formiche, ispezionare i dettagli di un fiore, discutere sulla morte di un lombrico o osservare la tenacia e la resilienza dei fili d’erba sui terreni ardui? Avremmo abbastanza umiltà di non accusare il sole della troppa calura e il vento di essere precipitoso? Vedremo nella natura le possibilità dell’inclusione e dell’integrazione, dove tutto e niente è perfetto, come gli alberi che possono essere contorti in modo bizzarro, ma risultano splendidi e dove tutti trovano qualcosa “da fare”? La nostra è una voglia di camminare sotto la pioggia o solo il bisogno del momento di non essere rinchiusi? Saremo pazienti quanto basta per prestare attenzione alle storie che ci raccontano la terra e gli alberi? Avremo il coraggio di permettere ai bambini e alle bambine di non avere fretta per realizzarsi? Ci prenderemo la responsabilità di concedere ai bambini e alle bambine la libertà del movimento, senza ricompense e punizioni, ma solo con le conseguenze di cui la natura è portatrice? Smaschereremo il fatto che le macchine e le tecnologie certo sono rapide, efficaci e possono supplire ed aiutare, ma non possono sostituire la relazione fatta di prossimità, intimità fisica, sensazioni olfattive e tatto, tutto ciò che troviamo nell’ambiente?
Questi sono i dubbi su questi nuovi probabili scenari. Se questa pandemia servisse da spunto per diffondere la cultura dell’ infanzia all’aperto, potremo vedere anche un lato positivo nella tragedia. Sant’Agostino diceva che i miracoli non avvengono in contrapposizione con la natura, ma in contrapposizione con quello che noi sappiamo della natura, perciò ben venga il miracolo della educazione outdoor, ma fatto con i criteri, le conoscenze e la preparazione giusta».

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