“Cresci principessa”
premiato nella casetta dei sogni

“Cresci principessa”
premiato nella casetta dei sogni

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MACERATA – Giulia Strinati del 3°E dello scientifico Galilei ha vinto il concorso Valeria Di Fabrizio. Segnalato anche il compagno di classe Pietro Severini


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Giulia Strinati

Pietro Severini e Giulia Strinati, entrambi del 3°E del liceo scientifico “Galilei” di Macerata sono stati premiati al termine del concorso “Valeria di Fabrizio”. 
Il concorso è stato bandito in memoria della piccola Valeria, in ricordo della quale il Comune di Torricella Peligna in provincia di Chieti ha realizzato una casetta dei sogni nel bosco dove si è svolta la premiazione alla presenza delle autorità cittadine, dell’associazione culturale John Fante e dei familiari. Più di 700 i racconti partecipanti.

Di seguito il racconto di Giulia Strinati.

Cresci Principessa
Ti ricordi, Principessa, di quando ti chiamavano tutti così? Il medico, la mamma, il papà, i nonni, gli amici dei
genitori, persino la tabaccaia sotto casa. Era un soprannome ricorrente, che spuntava fuori all’improvviso,
allo stesso modo del tuo piccolo sorriso timido, spruzzato di un po’ di modestia ogni volta che ti sentivi
chiamare.
Ti ricordi, Principessa, di quando tuo nonno ti raccontava le favole seduto sul tappeto a gambe incrociate,
con te nel mezzo piena di meraviglia e trepidazione? Ascoltavi ogni parola come se fosse stata un dono e
non ne avevi mai abbastanza di ritrovarti in quelle storie, in quei “C’era una volta una principessa, che
viveva in un castello, prigioniera di un drago…” dove arrivava sempre il cavaliere sul destriero a prenderla e
portarla via. Ed era bello, poiché poi, quando toccava a te raccontare, la fanciulla si salvava da sola e
salutava il principe rubandogli il cavallo e correndo via.

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Pietro Severini

Ti ricordi, Principessa, di quando hai visto per la prima volta Cenerentola e la sua scarpetta di cristallo? Dei
topini e del vestito, della matrigna e della fata? De “I sogni son desideri di felicità” e della zucca a
mezzanotte, che era solo la versione antica della macchina di papà di adesso.
Giocavi con le tue amichette nei castelli, che erano solo casette per bambini nel giardino della scuola,
aggiungevi nastri colorati ai capelli per creare la treccia di Raperonzolo e chiedevi alla mamma di farti
volare come Trilly verso l’Isola Che Non C’è, perché in fondo non volevi crescere mai.
Ti vedo ancora, riflessa nello specchio, a girare su te stessa per vedere la gonna del vestito di Carnevale
gonfiarsi intorno a te, a chiedere di essere truccata perché l’odore della matita azzurra era la più strana
delle cose e perché sennò non eri abbastanza Aurora e non avresti potuto dormire nel bosco dopo esserti
punta con un arcolaio. Le braccine aperte a sorreggere l’orlo del vestito, la coroncina in testa, il sorrisino di
prima in faccia : lo scatto dell’album fotografico del soggiorno ti ha ritratto bene, perché in quell’attimo
“principessa” lo eri per davvero.

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La casetta nel bosco

Guardavi i cartoni animati, pieni di abiti eleganti, castelli, boccoli, e lo so che stai sorridendo, perché se ci
ripensi era quella la magia dell’infanzia. Ne leggevi le fiabe, seduta seria sul divano o nel lettino, aspettando
di entrare nei tanti “paesi delle meraviglie”, che, ora che sei grande, sei tu a raccontare.
Cresci Principessa. E man mano che vai avanti quel ricordo lo vedi sbiadire; saluti con la mano il fantasma
della bambina che eri, che a sua volta agita da lontano il fazzoletto, allegra, per ricordarti quanto bello fosse
essere piccole e credere ancora nelle favole.
Le storie sono rimaste il nucleo della tua vita, ma è cambiato il modo di vederle e di rapportartici, e,
soprattutto, il tuo vedere critico, quel distacco che eri orgogliosa di mostrare, perché felice per ciò che eri.
Ci giocavi, ne sentivi i racconti, la disegnavi, da essa ti travestivi e ne compravi le bambole con gli accessori,
ma non hai mai voluto essere una principessa.
No.
Da piccola, poco dopo il tuo ingresso nel mondo, avevi già capito le cose belle delle vita, e per chi vale la  pena lottare o meno. Non volevi avere un castello, enormemente vuoto, e odiavi l’idea di dover seguire le
regole del bon-ton. Preferivi Cenerentola ad Aurora perché non sopportavi il rosa, non mettevi mai le
gonne perché le calze ti davano fastidio, ma soprattutto non avresti mai voluto lasciare quello che avevi di
più prezioso.
Niente gioielli, niente balli, niente palazzi grandi e corone in testa. Mi ricordo che eri così diversa, perché
allontanavi lo sfarzo e le troppe frivolezze nell’età in cui sono più concesse. Nel limite delle possibilità di
una bambina non volevi cose materiali.
Ti faccio un applauso, perché sei cresciuta. Ti tiro uno schiaffo, per lo stesso motivo.
Ora vivi in una società visiva, fatta di oggetti, fondata sulle apparenze. Dura come roccia, contro cui è
difficile scontrarsi senza farsi male. Gli elementi “necessari” hanno sostituito quelli veramente importanti,
che giacciono in un angolino del cuore, compressi in uno degli scomparti in cui gli adulti dividono
quest’organo per certi versi sottovalutato.
Tante piccole caselle etichettate, tenute sotto controllo, da cui a volte fugge una scintilla solitaria subito
ricacciata indietro. Ora capisci perché Peter Pan non voleva crescere? Ora ricordi perché non volevi
diventare grande?
Sono le piccole cose, i minimi gesti, fatti senza pensare ma con il sorriso sulle labbra, ad essere
indispensabili. L’essenziale risiede in tutto ciò che non vedi, perché è con il cuore che si legge la vita e con le
emozioni che la si vive.
Una carezza, una pacca sulla spalla, la sola presenza di qualcuno. L’intesa fra due sguardi, le risate
improvvise, il condividere le cose e lo scontrarsi su di esse. Una giornata di sole, una mattina presa per il
verso giusto, una serata passata a cercare di infilare quella pallina bianca nella porta del biliardino. Il calore
di un bacio, le farfalle allo stomaco, un “sono orgoglioso di te”. L’agitazione su un palco, l’adrenalina della
farfalla, la magia ed il viaggio delle parole portate dall’inchiostro.
Essenziale è ciò che senti, ciò che ti fa stare bene, il tortuoso sentiero invisibile per la felicità. È nelle
persone, nei sentimenti.
È tutto quello che ti rende ciò che sei. Le passioni, perché ti spingono a lottare, le paure, perché ti
insegnano ad amare, l’impegno, perché dimostra che nulla è impossibile, gli errori, perché ti ricordano che
ne farai ancora tantissimi, le delusioni, perché ti danno un punto da cui partire. Le speranze, i bisogni, le
ricerche, le imprecazioni, le soprese, le soddisfazioni. Anche un po’ l’amore.
Cosa saresti senza?
Chi risulteresti, Principessa?
Gli uomini sono fatti di materia e hanno bisogno dell’invisibile. I bambini, invece, sono pure molecole di
essenziale.
È strano vedere negli sprazzi della mente quelle immagini della piccola te, che non si sentiva una
principessa perché tutto quello che voleva era la sua famiglia, i suoi amici ed un po’ di felicità. Non cercava
nulla di diverso, poiché ciò di cui aveva bisogno lo aveva già. Quella bambina aveva letto fra le righe del
mondo, senza saperlo, senza sospettare che quel che per lei era ovvio dopo qualche tempo non lo sarebbe
stato più.
Sei cresciuta, Principessa.
Ti rimprovero, perché ora ti manca quella semplicità che ti rendeva unica. Ti “insulto”, poiché hai perso la
fiducia nel “poco” e la limpidezza dello sguardo dei bambini, esserini pronti a gioire del mondo per le cose
belle che offre.
Impara, di nuovo, a farlo anche tu. Datti uno schiaffo ed esci dall’incubo, ma non svegliarti, resta nel sogno.
A volte basta fermarsi un attimo e guardare in alto, verso il cielo e le stelle, o le nuvole, o la luce accecante
del sole, per fermare il tempo e mettere in pausa la frenesia della vita. Ritagliarsi un momento in questo
foglio di carta stropicciato pieno di schizzi e scarabocchi, scritto continuamente con una buona dose di
dubbi e punti interrogativi, rimasugli di cancellina e una grande quantità di colori.
E così come vivi, fai ciò che è espressione di questo essenziale. Dedicati a tutto quello che ti rimanda ai
giusti pensieri, opera in quello che ti fa stare bene sia dentro che fuori. Lo sai che per te scrivere è sinonimo
di vivere.
E allora scrivi, senza farti domande, senza pensare a cosa sia giusto o sbagliato, senza fare nulla che non sia
ciò che ti rende libera. Non ti interessare del moscerino che ti ronza intorno, delle urla di tua madre
dall’altra stanza perché tuo fratello non sta facendo i compiti, del caos che proviene dalla strada oltre il
doppio vetro della finestra.
Scrivi, scrivi, scrivi ancora. Non fare caso ai tasti, allo sbaglio di una battitura. A quella virgola di troppo, o
alla maiuscola mancata. Non tornare indietro a correggere gli errori ma SCRIVI, VIVI. Salvati da sola, ruba il
cavallo e corri via con le parole, galoppando sul dorso della tua sinfonia. Ricorda : al computer sei la
pianista, e detti tu la musica.
Fai un inchino Principessa, le braccia aperte ed il sorriso in viso, e permetti a quella bambina con gli occhi
blu di emergere dalle pagine della tua storia, dal candore del tuo foglio bianco. Nutriti di essenziale, e
soprattutto riconoscilo. Fai quel che ti completa.
Ricorda Principessa, di ciò che sei e sei stata. Non perdere mai di vista le cose impossibili da vedere, quelle
importanti, quelle che danno un senso a questo tuo stare al mondo. Ringrazia per quanto di bello hai e non
dimenticarti mai che devi il tuo presente alla piccola del passato.
Spero ti giunga questa lettera scritta con un tono un po’ infantile, un po’ ingenuo, da quella minuscola te
persa lungo la strada della vita, passo dopo passo. Fa male vedere che l’hai dimenticata, ed è doloroso per
te pensarla perché sai che un minimo, in fondo… ti manca.
Cresci Principessa, ma resta ancora un po’ bambina.



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