Arlecchino in “un’Italia in cui
i servi sono liberi di fare i servi
e i padroni di usare il bastone”

Arlecchino in “un’Italia in cui
i servi sono liberi di fare i servi
e i padroni di usare il bastone”

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TOLENTINO – La recensione dei ragazzi e delle ragazze dell’istituto Filelfo

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Un momento dello spettacolo

E’ andato in scena nei giorni scorsi  l’ultimo spettacolo della stagione teatrale 2016/2017 organizzata dal comune di Tolentino con la partecipazione della Compagnia della Rancia e Amat. Atteso dal 21 gennaio e rimandato causa i recenti eventi sismici, Cantina Rablé e il suo “Arlecchino servitore di due padroni” hanno affascinato il pubblico tolentinate per il secondo anno consecutivo dopo lo spettacolo “Falsi d’Amore”. La compagnia di Senigallia ha ripreso la tradizione del teatro classico, proponendo una versione moderna e coinvolgente della commedia dell’arte. Firma l’opera l’abile mano dello scrittore-regista Carlo Boso, cui va riconosciuta la mirabile capacità di aver conservato la struttura drammaturgica goldoniana pur avendola attualizzata in maniera estremamente dinamica, conciliando il tutto alla necessità di adeguarla al protagonista David Anzalone, attore con particolari capacità motorie. Queste le premesse per uno spettacolo tutto da godere, con cui riassaporare il piacere di un teatro che sia al contempo divertente evasione e riflessione impegnata.

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Il sipario si apre sul dopoguerra italiano, sfondo delle vicende di una Milano dall’inconfondibile spirito dell’America degli anni 30. Operosi appaiono fin dalle prime battute i rappresentanti dell’imprenditoria, della finanza, degli interessi pubblici e privati intenti a riscattare la nazione dalle colpe della guerra e a guidarla nella sua ricostruzione morale ed economica, da cui rinascere libera e repubblicana, o come osserva ironicamente Arlecchino “un’Italia in cui i servi sono liberi di fare i servi e i padroni di continuare ad usare il bastone”. Tra gli intrighi per accaparrarsi i soldi stanziati dal Piano Marshall e altri scandali di dilagante corruzione, muove la trama l’amore tra Silvio Roma, figlio dell’Onorevole Roma, e Clarice Bagnasco, figlia del cavalier Bagnasco, imprenditore edile e finanziere. Solo Calogero Vizzini, noto mafioso siciliano cui la giovane era promessa, può impedire il matrimonio, ma il rivale Lucky Lucania, boss della mala italoamericana, lo uccide e fugge inseguito dalla sorella della vittima, nonché sua amante, Beatrice Vizzini. Le storie convergeranno tutte a Milano su un Arlecchino reduce dalla disastrosa campagna di Russia, emblema dell’Inferno di cui tale maschera è il re. Deus ex machina, Arlecchino servirà entrambi i padroni per guadagnarsi un pezzo di pane e saziare solo all’ora i morsi dell’amore, contribuendo anche alla ricostruzione del paese natale. Il suo comportamento, evasivo al sopraggiungere di situazioni scomode e incline all’autoconservazione, è origine di inganni ed escamotage che intrecciano la trama in un esilarante gioco di suspence e colpi di scena interpretati con bravura superlativa dal protagonista.

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Degni di nota sono anche le prestazioni degli altri membri della compagnia Francesca Berardi, Marco Chiaragini, Erika Giacalone, Teo Guarini, Andrea Milano, Michele Pagliaroni, Arianna Primavera e Guido Targetti che si sono cimentati egregiamente anche nel canto e nel ballo oltre che nello studio di tutto quel ventaglio di lingue nazionali in cui si incappa percorrendo la penisola da nord a sud, incluse le influenze americane e spagnole.

Una commedia davvero ben rappresentata e curata sotto ogni aspetto, che intrattiene il pubblico piacevolmente offrendo numerosi stimoli alla riflessione sull’odierna realtà sociale, anche attraverso l’inserimento di molteplici riferimenti letterari disseminati nell’opera, come canzoni e poesie, perfettamente contestualizzati.

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La recensione è stata scritta dagli studenti dell’istituto Filelfo Francesca Mattiacci, Emma Scinti Roger, Edoardo Costantini, Michele Polisano e Chiara Mochi nell’ambito del progetto “Voci dal teatro”



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