Continua il nostro viaggio nelle scuole di cento anni fa alla ricerca di possibili analogie con quanto sta accadendo in questi mesi. La settimana scorsa abbiamo visto come l’attenzione al rispetto delle norme igieniche, specie per quanto riguarda il contrasto alle affezioni polmonari, fosse pratica diffusa già un secolo fa. Oggi vedremo come lo scoppio di malattie infettive causasse anche allora la chiusura degli istituti per un periodo più o meno prolungato.
Il Regolamento per la difesa contro le malattie infettive nelle scuole del 1921 prevedeva infatti un’articolata casistica relativa all’allontanamento dagli ambienti scolastici degli alunni malati e di tutte le persone che avessero avuto «convivenza o contatto con infermi di malattie infettive soggette a denuncia» e arrivava fino alla chiusura delle aule. Quest’ultima non era poi così rara, almeno a leggere le testimonianze che hanno lasciato vari ex alunni in componimenti e diari.
L’allontanamento dell’intera scolaresca per alcuni giorni era motivato dall’urgenza di bloccare la diffusione del virus e dalla necessità di procedere alla disinfestazione dei locali. Se Domenico, bimbo pugliese, nel 1937 si rammaricò di dover fare una settimana di «vacanza» non preventivata imposta dall’ufficiale sanitario al fine di consentire la bonifica dell’aula dai pidocchi, Maria Teresa, alunna in un piccolo centro potentino, sempre poco dopo la metà degli anni Trenta annotò nel suo quaderno come fossero malate molte compagne di scuola a causa del morbillo, malattia che aveva già mietuto varie vittime in paese.
A scongiurare la serrata delle classi, come previsto dal Regolamento, avrebbero dovuto essere le visite mensile dell’ufficiale sanitario «o di un medico all’uopo delegato», controlli estesi «a tutte le persone frequentanti la scuola».
Addirittura quotidiani dovevano essere, secondo la lettera dei programmi per la scuola elementare del 1923, le verifiche degli insegnanti sulla pulizia degli scolari: «Ogni mattina, prima ancora della preghiera, il maestro verificherà la pulizia personale degli scolari. Il direttore didattico e l’ispettore dovranno riferire in modo specialissimo sulla capacità che ha il maestro di ottenere dagli scolari la massima nettezza». Gli alunni furono invece incaricati di accertare, a turno, «se l’aula stessa [fosse] in perfetto ordine», responsabilizzando tutti i bambini alla cura e pulizia del proprio banco.
Per quanto riguarda incentivi e sanzioni, era prevista l’affissione mensile di una tabella «con i nomi degli alunni che durante il mese “non meritarono mai rimprovero per poca pulizia”» e, soprattutto, la pagella scolastica doveva riservare una voce alla «classificazione di merito, relativa alla pulizia personale». Addirittura, sempre secondo il dettato di quei programmi, i patronati scolastici potevano stanziare piccole somme a disposizione dei maestri «per la tosatura gratuita delle teste la cui tenuta non sia migliorabile senza mezzi radicali».
Insomma, chiusura delle scuole, allontanamento di alunni malati o che sono stati in contatto con persone infette, pulizia dei locali e rigore per il rispetto delle norme igieniche non sono certo novità introdotte dal Covid-19!