di Federica Nardi
Tanto tempo fa a San Firmano, nel comune di Montelupone, i bambini e gli adulti nelle settimane prima della notte dell’Immacolata (che si è festeggiata l’8 dicembre), facevano a gara per trovare rametti e rami caduti nei boschi per fare il focaraccio. Un nome strano per una cosa semplice: un grande falò da accendere nei campi nella notte dell’8 dicembre. Ma non se ne accendeva solo uno perché era una vera e propria gara. Tra chi? Tra tre quartieri della città, ognuno vicino a una delle porte di accesso del borgo: porta Ulpiana, porta Santo Stefano e porta Trebbio. Tutti cercavano la legna migliore per fare il focaraccio più alto e vincere la competizione. Giorno dopo giorno, in attesa della notte dell’Immacolata, si creavano delle cataste di legno nei vari quartieri e qualcuno, ogni tanto, faceva degli scherzetti come mettere dei pezzi di copertoni di gomma nelle cataste dei quartieri avversari (una cosa molto pericolosa e dannosa perché il fumo della plastica che brucia fa male alla salute). Per fortuna c’erano delle guardie che di notte vigilavano sulle cataste e controllavano che fosse tutto ok. La sera della vigilia dell’Immacolata si formava una processione con tanto di parroco che, di solito, era l’arbitro per la premiazione del “focaraccio” più bello. I focaracci a San Firmano si fanno ancora oggi. E anche se la gara non è più quella di una volta i bambini e gli adulti si divertono moltissimo a guardare le fiamme altissime del falò che riscaldano e incantano nella notte dell’Immacolata.