Ormai da diversi anni l’IIS Filelfo di Tolentino in collaborazione con Compagnia della Rancia e Cronache Maceratesi Junior porta avanti il progetto “Voci dal teatro”, volto alla sensibilizzazione del linguaggio teatrale da un lato e alla valorizzazione delle eccellenze dall’altro. In particolare una redazione scelta, composta da cinque studenti e studentesse del liceo classico e scientifico, partecipa agli spettacoli della stagione del Teatro Vaccaj di Tolentino in posti riservati, e scrive una breve recensione, arricchita spesso da interviste agli attori. Il progetto vede coinvolti Alessia Reggio della 3A Scientifico, Francesca Feliziani e Sofia Lacava della 5A liceo scientifico, Leonardo Cruciani, Eva Diomedi e Francesco Feliziani della 5 A del liceo classico, sotto la guida e la supervisione delle docenti referenti del progetto, Cristina Lembo e Sandra Cola.
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Tutto esaurito al teatro Nicola Vaccaj di Tolentino nelle due serate della prima tappa del Tour nazionale di “Non è un concerto” dell’artista e creator Pietro Morello e Mauro Simone, prodotto da Compagnia della Rancia e Midria. E’ il pianoforte di Pietro Morello, accompagnato dai talentuosi Matteo Castellan e Lucia Sacerdoni, ad aprire lo spettacolo, eppure “non è un concerto”.
In uno spettacolo che dona musica, emozioni, storie, è la vita in tutta la sua complessità e dolore a stare sul palco terribile e bellissima, «la musica è sempre stata lì, ha abbracciato tutto lo spettacolo – dice Morello – si è mostrata in più linguaggi». Si è mostrata attraverso il pianoforte, che è stato per l’artista «quel vermicello» che lo ha preso all’amo e lo ha riportato a galla su quel mare che ha provato ad annegare ognuno di noi almeno una volta nella vita: l’esclusione, in qualsivoglia forma.
Si è mostrato attraverso i racconti delle missioni umanitarie con l’associazione non-profit “Una mano per un sorriso” in cui Pietro Morello «da buon egoista», così si definisce, ha cercato la propria felicità e l’ha trovata nel sorriso strappato a quei bambini e a quelle bambine che devono vivere la crudeltà e spietatezza della guerra e della povertà. La musica si è mostrata nei racconti del lavoro di Pietro negli ospedali, un momento di unione nei corridoi freddi che ogni giorno sono testimoni di terribili notizie, che la semplicità e spensieratezza, o meglio, estrema saggezza, dei bambini e delle bambine sa scaldare di felicità. «Senza la tristezza la felicità sarebbe noiosa, siate tristi ma non fate le facce da funerale. Siate tristi perché ci credete, credete in qualcosa: è quella l’essenza di tutto» e a Pietro Morello sono stati proprio i bambini e le bambine ad insegnarlo, a «mostrargli l’odore del mattino», ad usare l’immaginazione e vedere biondi capelli che non ci sono più per le cure, correre quando non si può, ad insegnare a fare le domande più scomode, perché sono quelle domande scomode, che spesso i bambini fanno, ad aprire gli occhi e il cuore a verità che solo i bambini riescono a cogliere e mostrare con una disarmante semplicità. I numerosi temi che con sensibilità ed emozioni il “non-concerto” ha toccato sfociano tutti proprio nella domanda a cui ogni essere umano da sempre ha provato a rispondere: cos’è la felicità? E dove cercare una risposta talmente complicata e apparentemente impossibile se non nelle parole semplici di un bambino, nelle parole di Mattia, 7 anni: «non lo so cosa sia la felicità, però Pietro, è bella».