Nell’istituto comprensivo “Egisto Paladini” di Treia, la web radio “Paladini” marcia a pieno ritmo, puntata dopo puntata. Il team di giovani giornalisti, guidati da un gruppo di docenti che aumenta di giorno in giorno, intervista vari ospiti e realizza puntate speciali. La quinta puntata del format è stata dedicata a Roberta Savoretti, docente di sostegno alla scuola dell’infanzia, che ha parlato dei suoi viaggi in Africa. Ne è nato un dialogo a tutto campo, che ha entusiasmato gli alunni-giornalisti e che è stato riportato in questo articolo scritto a più mani tra Alessandro, Lucio, Simone, Ylenia e Aleandro. L’ intervista completa si può ascoltare su YouTube o sul sito della scuola.
In quale luogo ci porta oggi? Quale geografia ci descrive?
Oggi vi porterò nel continente africano, nello stato del Togo, situato nel golfo di Guinea. Il Togo è uno degli stati più piccoli nel cuore dell’Africa ma abbastanza popolato.
Perché ha scelto questa meta?
Sono stata diverse volte in Togo grazie ad un mio caro amico, P. Virgilio, un frate minore. Il Togo è la terra di P. Florentin, un frate è stato anche nel nostro Santuario del Santissimo Crocifisso di Treia. La motivazione profonda di questo viaggio è legata alla mia personalità. Amo conoscere sempre qualcosa di diverso, esplorare la diversità. Questo aspetto è legato anche al lavoro che faccio: sono un’ insegnante di sostegno e lavoro con la diversità e questo è stato sempre il motore dei miei viaggi. Ho fatto anche il cammino di Santiago de Compostela. Un altro aspetto che mi affascina dell’ Africa è che è una terra piena di bambine e bambini. Mettendo insieme questi due aspetti, in quel primo anno, alla proposta di partire per l’ Africa ho risposto “sì”.
Con quali compagni di viaggio è partita? Come si è trovata con loro?
I compagni di viaggio venivano da vari luoghi e tra loro c’era anche mia sorella. Essi diventano molto preziosi perché durante la permanenza in Africa si fa una grande esperienza di diversità, ci si sente a volte soli, in difficoltà e si pensa di non riuscire a rimanere e di ritornare a casa e quindi chi è con te ti diventa famiglia. I compagni di viaggio allora hanno un’importanza fondamentale.
Come si è preparata per questo viaggio? Ha dovuto fare dei vaccini?
La preparazione è molto importante per andare in Africa, la vaccinazione è la parte più difficoltosa: occorre fare i vaccini contro il tifo, la febbre gialla e la profilassi contro la malaria con un farmaco piuttosto pesante che “scombussola” tutto il corpo; ciò fa capire che sarà un viaggio prezioso ed importante. Occorre anche la preparazione riguardo le persone con cui si starà a contatto. Non si va in Africa per fare o portare qualcosa, anche perché a volte c’è un senso di impotenza di fronte alla povertà che grida riscatto. Nella preparazione che facciamo ci dobbiamo ricordare che si va per condividere la vita con chi ci accoglie. Quindi ci si prepara sia con l’anima che con il corpo.
Durante il viaggio ha trovato difficoltà? Ha pensato mai “non ce la faccio più”?
Sono stata nove volte in quella terra e ogni anno mi sono detta “non ce la faccio più”! La prima volta è stata la povertà ad impressionarmi, perché un conto è vederla in televisione, un conto averci a che fare, quando ti tocca da vicino diventa un grido molto forte. La prima volta mi sono chiesta cosa fossi andata a fare io, che a casa ho tutto, ho pensato persino di mettere in difficoltà chi mi accoglie; in quel luogo essere bianchi significa anche essere fragili, ci fa male il cibo, se non è cucinato bene, e persino l’acqua. Un anno ho condiviso la vita direttamente con famiglie del posto ed è stato difficilissimo, per esempio, andare in bagno, che era solo un buco nel terreno, o fare la doccia grazie ad un secchio d’acqua donato dai bambini. Altro momento difficile è stato l’incontro con la malattia: una nostra compagna di viaggio ha preso la malaria e una volta anche io mi sono ammalata di una forma di parassitosi. La malattia quando sei straniero è più faticosa ma nelle fatiche si trova sempre un insegnamento importante. Per me raccontare di quella terra lontana è un dono, è quello che mi chiedono i bambini in Africa: “quando torni racconta di noi ai tuoi amici”.
Questo suo viaggio in Africa l’ha fatta diventare una persona migliore? Che cosa ha imparato?
Sì, mi ha fatto diventare una persona migliore, l’Africa ti dà una “nuova vita” perché è vero, come dicono in tanti, che si va in Africa per sè stessi anche se si parte con l’idea di aiutare gli altri. In Africa si ricevono tanti insegnamenti. L’Africa mi ha fatto diventare una persona migliore perché ho imparato a dire grazie per le cose che da noi sono scontate, come avere l’acqua dal rubinetto oppure comprare le medicine quando si ha la febbre e perché in Africa con una febbre si può anche morire perché non ci sono i soldi per comprarle.
Tornata a casa le è venuto il “mal d’Africa”?
Sì, mi è venuto ed è questo il motivo per cui continuo ad andare. Perché l’Africa ti entra dentro, sia con quella sua terra rossa che ti ritrovi dappertutto, sia con lo stile di vita che puoi trovare solo lì, fatta di semplicità, di poco. In Africa per essere felici basta veramente niente, basta un sorriso, un gesto per creare un gioco; in Africa è la persona che si mette in gioco e crea veramente qualcosa di prezioso.
Può descriverci il paesaggio e il territorio che ha attraversato?
Il Togo si trova nella zona equatoriale, ha uno sviluppo “verticale” ed è composto da varie regioni. C’è la zona marittima con l’ oceano che è veramente straordinario, poi ci sono gli altopiani e la savana, una enorme distesa di terra con bassa vegetazione e con Baobab immensi. Possiamo anche dire che nel Togo è sempre estate e quindi nelle case non ci sono le finestre (non servono per ripararsi dal freddo come da noi). Il clima presenta due stagioni di pioggia e due stagioni di siccità. In questo periodo sta per iniziare la stagione delle piogge e vi assicuro che pioverà tantissimo, provocando anche alluvioni. Le strade di terra diventeranno dei fiumi in piena, si fermerà tutto, non si andrà nemmeno a scuola per il pericolo di essere travolti. In questo contesto l’ uomo è un elemento della “natura” che è molto forte e travolgente.
Con il cibo come si è trovata?
Il cibo è un aspetto un po’ faticoso perché il Togo è uno stato povero, mangiano prevalentemente a base di farine di mais e tapioca oltre a riso e cous cous. Come condimento usano ortaggi coltivati da loro come pomodori, zucchine, ecc. Quando va bene, forse una volta a settimana, riescono a mangiare carne e pesce. Il problema di noi europei è che non siamo abituati a questi cibi e quindi spesso abbiamo mal di pancia e dissenterie. Con l’ acqua c’è un altro problema. Non possiamo bere la loro acqua perché rischiamo delle parassitosi e quindi dobbiamo bere sempre acqua in bottiglia. Questa cosa ti fa sentire diverso ma non ci sono alternative: basta un sorso della loro acqua di pozzo per stare male molti giorni. Ti accorgi di alcuni aspetti della nostra vita quotidiana a cui normalmente non facciamo caso. In questa emergenza coronavirus riusciamo sicuramente a capire meglio cosa significa vivere in condizioni di privatezza.
Grazie a questa intervista, l’insegnante Roberta Savoretti ha fatto molto riflettere gli studenti e le studentesse, che per un attimo hanno immaginato di rivivere la sua esperienza, viaggiando col pensiero in Africa e immaginando la loro vita in quei luoghi.